27 Luglio 2021

Rivalsa di portafoglio deducibile nell’esercizio della transazione

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Se le parti non riescono a giungere alla definizione di un accordo per la quantificazione del valore del portafoglio il principio di competenza deve applicarsi con riguardo alla seconda parte del comma 1 dell’articolo 109 Tuir, in forza del quale “i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”. È legittima, dunque, in questo caso, la deduzione dei costi nell’anno in cui le parti sono giunte a definire un accordo transattivo.

Il caso riguarda un’agenzia mandataria di due diverse società assicuratrici la quale, intendendo subentrare nella gestione dell’agenzia di assicurazione, doveva corrispondere la c.d. “rivalsa di portafoglio”.

Come noto, infatti, la compagnia assicurativa mandate sovente indennizza l’agente mandatario che cessa il rapporto; a seguito del pagamento viene quindi consentito il subentro di un nuovo agente in quel portafoglio, e la compagnia mandante ha titolo per la rivalsa nei confronti di quest’ultimo di quanto pagato al primo.

Nel caso di specie l’importo dovuto veniva determinato nell’anno 2001 e doveva essere versato in 12 ratei, ma i rapporti tra l’agenzia assicurativa mandataria e le assicurazioni mandanti era di perenne conflittualità, e solo nel 2005 si giungeva alla definizione di un accordo, con la stipula di una transazione.

La società qualificava dunque gli importi come interamente deducibili nell’anno 2005, rilevando nel conto economico degli anni dal 2001 al 2003 soltanto le rate annuali di interessi; ad avviso dell’Agenzia delle entrate, invece, le somme dovevano essere dedotte negli anni 2001,2002 e 2003, trattandosi di un elemento patrimoniale ad utilizzazione pluriennale, da iscrivere tra le immobilizzazioni immateriali.

Per tale motivo veniva notificato avviso di accertamento.

La questione giungeva dinanzi la Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto non condivisibile la tesi sostenuta dalle Entrate.

La Corte di Cassazione, nella sua pronuncia, preliminarmente evidenzia la mancanza di specifiche disposizioni volte ad individuare la natura e il conseguente regime di deducibilità della rivalsa di portafoglio. Parte della dottrina la riconduce ad una fattispecie di cessione d’azienda, sebbene ciò non sia del tutto condivisibile, posto che il portafoglio resta nelle mani della stessa agenzia mandataria. L’indennità in esame viene dunque assimilata all’avviamento, con deduzione dell’ammortamento in misura non superiore ad 1/18.

Con l’impugnato avviso di accertamento, invece, l’Agenzia delle entrate aveva ricondotto la fattispecie alle spese relative a più esercizi, ai sensi dell’articolo 108 Tuir. Invero, nel caso di specie pare evidente l’applicabilità del principio contabile Oic 24, trattandosi di un’immobilizzazione immateriale.

Il valore del portafogli, tuttavia, come pare evidente, non è oggettivamente quantificabile e le parti potrebbero non giungere ad un accordo con riferimento alla misura dello stesso: “conseguentemente l’apparente certezza della quantificazione della rivalsa, e della ripartizione in quote costanti in cui è possibile rateizzare il pagamento, può non rispondere a specifica realtà. Con l’effetto che il principio di competenza di cui all’articolo 109 D.P.R. 917 del 1986 deve applicarsi con riguardo alla seconda parte del comma 1, laddove prescrive che i costi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui diventi certa l’esistenza e determinabile in modo obiettivo l’ammontare”.

Solo all’anno 2005, pertanto, con la definizione dell’accordo transattivo, potevano essere dedotti i costi.