20 Maggio 2022

Ritenuta d’acconto sulle royalties anche per rinuncia

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

Sono considerati redditi di lavoro autonomo i redditi derivanti dall’utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore (persona fisica), di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali, ai sensi dell’articolo 53, comma 2, lettera b), Tuir.

La base imponibile di tassazione di tali redditi è regolata dall’articolo 54, comma 8, Tuir: i proventi percepiti in denaro o in natura, sono ridotti del 25 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese, ovvero del 40 per cento se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni.

Su tale parte imponibile, all’atto del pagamento dei compensi, si opera la ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti (ai sensi dell’articolo 25 D.P.R. 600/1973).

La ritenuta non deve essere operata per le prestazioni effettuate, nell’esercizio di imprese, con l’eccezione dei compensi corrisposti ai non residenti che sono assoggettati ad una ritenuta del 30 per cento a titolo d’imposta (salva l’applicazione delle specifiche convenzioni contro le doppie imposizioni che possono prevedere aliquote inferiori). Sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

Quindi la ritenuta è operata al momento del pagamento del compenso.

Ma cosa succede in caso di rinuncia al credito?

La Corte di Cassazione in una recente sentenza (sentenza n. 12223 del 12.04.2022) ha ribadito l’obbligo di applicazione della ritenuta d’acconto anche in caso di rinuncia ai crediti per royalties del socio di maggioranza, riprendendo la precedente sentenza n. 26842 del 18.12.2014.

In tema di determinazione del reddito d’impresa, l’articolo 88, comma 4, Tuir esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei confronti della società, in quanto l’articolo deve essere letto in correlazione con i successivi articoli 94, comma 6, e 101, comma 7, Tuir.

La rinuncia non vale ad alterare il regime fiscale del credito che costituisce oggetto di rinuncia. Pertanto, ove si tratti di crediti da lavoro autonomo del socio nei confronti della società, i quali, sebbene materialmente non incassati, siano, mediante la rinuncia, comunque conseguiti ed utilizzati, sussiste l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell’articolo 25, D.P.R. 600/1973, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d’imposta” (Cassazione n. 12223/2022).

La rinuncia al credito da parte del socio costituisce una prestazione che viene ad aumentare il patrimonio della società e può comportare anche l’aumento del valore delle sue quote sociali.

In tale contesto, allora, appare corretto ritenere che la rinuncia del credito da parte di un socio sia espressione della volontà di patrimonializzare la società e che, pertanto, non possa essere equiparata alla remissione di un debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale. Pertanto, la rinuncia presuppone, in tali casi, il conseguimento del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque, “utilizzato” (Cassazione n. 7636/2017).

Nello stesso senso, con riferimento alle rinunce effettuate da due soci-amministratori al trattamento di fine mandato, la Corte ha riconosciuto la valenza della teoria dell’incasso giuridico sostenuta dall’Amministrazione finanziaria, richiamando la sentenza appena citata ed affermando che “in tema di determinazione del reddito d’impresa, il Tuir, l’articolo 88, comma 4, che esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei confronti della società, dovendo essere letto in correlazione con i successivi articoli 94, comma 6 e articolo 101, comma 7, Tuir, non vale ad alterare il regime fiscale del credito che costituisce oggetto di rinuncia, per cui, ove si tratti di crediti da lavoro autonomo del socio nei confronti della società, i quali, sebbene materialmente non incassati, siano, mediante la rinuncia, comunque conseguiti ed utilizzati, sussiste l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, articolo 25, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d’imposta” (Cassazione n. 1335/2016, n. 7636/2017 e n. 2057/2020).

In caso di mancato versamento della ritenuta d’acconto è possibile effettuare il ravvedimento operoso ai sensi dell’articolo 13 D.Lgs. 472/1997, versando la sanzione ridotta con il codice tributo 8906.

Gli interessi saranno sommati al codice tributo della ritenuta d’acconto (1040). Il calcolo degli interessi effettuato giorno per giorno tiene conto della variazione del tasso legale passato dallo 0,01 per cento fino al 31 dicembre 2021 all’1,25% dal 1° gennaio 2022 (D.M. 13.12.2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 2021 n. 297).