7 Dicembre 2022

Risoluzione di contratti ad esecuzione periodica o continuativa: le note di variazione

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella risposta a interpello n. 386 dello scorso 20.07.2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi chiarimenti sulla disciplina delle note di variazione Iva precisando che, in caso di risoluzione contrattuale di contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento, la facoltà di emettere la nota di variazione di cui al comma 2 “non si estende a quelle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni”.

In buona sostanza, viene chiarito che al cedente o prestatore è riconosciuta la facoltà di emettere una nota di creditoesclusivamente con riferimento a quelle operazioni – già eseguite e fatturate – per le quali la controparte sia risultata inadempiente/insolvente”.

La disciplina in parola interessa, in particolar modo, le imprese che operano in determinati settori (es.  forniture di energia elettrica, gas, servizi telefonici, servizi televisivi, ecc.) le quali:

  • forniscono i servizi richiesti sulla base di contratti di abbonamento rientranti per natura nella categoria dei contratti di somministrazione (articolo 1559 cod. civ.);
  • fatturano periodicamente in via posticipata secondo l’effettivo consumo usufruito dai clienti;
  • si trovano a dover gestire una mole considerevole di mancati pagamenti per importi unitari il più delle volte contenuti, subendo notevoli oneri finanziari per il fatto di dover versare un’imposta che non hanno potuto “recuperare” dai clienti.

La disciplina delle note di variazione in caso di risoluzione di contratti a esecuzione continuata o periodica è stata significativamente modificata dall’articolo 1, comma 126, L. 208/2015 (Legge di bilancio 2016) che, introducendo una norma di interpretazione autentica, ha riconosciuto a tali operatori la possibilità di emettere le note di variazione sulla base della dichiarazione comunicata al cliente inadempiente di risolvere il rapporto contrattuale, esercitando la clausola risolutiva espressa presente nel contratto di abbonamento.

La nuova disposizione è allineata con la disciplina civilistica di cui all’articolo 1458 cod. civ., che, dopo aver fissato la regola generale della retroattività dell’istituto della risoluzione, prevede una esplicita deroga per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, “riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”.

Con il principio di diritto n. 13 del 02.04.2019, l’Agenzia delle Entrate, dopo avere ricordato che “in ipotesi di risoluzione (giudiziale o di diritto) dei contratti a prestazione periodica e continuativa, la facoltà di emettere nota di variazione, di cui all’articolo 26, comma 2), del d.P.R. n. 633 del 1972 non si estende, ai sensi del successivo comma 9), alle operazioni già eseguite da entrambe le parti contraenti”, ha puntualizzato che, “qualora il fornitore si avvalga della clausola risolutiva espressa prevista in contratto per «supposto» mancato adempimento della controparte, che contesta l’addebito in sede giudiziale, gli effetti della clausola invocata, ai fini della disciplina in esame, risultano subordinati all’esito del giudizio”.

Tornando al contenuto della risposta ad interpello n. 386/2022, laddove le prestazioni siano inquadrabili nell’ambito di un contratto di somministrazione periodica di beni, il mancato pagamento del corrispettivo integra la condizione prevista dalla clausola risolutiva espressa determinando:

  • la risoluzione del contratto con effetti ex tunc e;
  • l’emissione della nota di variazione a decorrere dalla prima fattura rimasta insoluta.

Al riguardo, viene rammentato come la variazione in diminuzione costituisca una facoltà per il cedente o prestatore.

È, dunque, possibile privarsi di detta facoltà, come potrebbe accadere nel caso dell’avvio di una procedura concorsuale o esecutiva in capo alla controparte.

Nel caso delle procedure esecutive, diversamente da quanto attualmente previsto per le procedure concorsuali (laddove la nota può essere emessa sin all’avvio della procedura stessa), rimane necessario il requisito dell’infruttuosità, come individuato dal comma 12 dell’articolo 26 in argomento.

L’Agenzia delle Entrate precisa come la risoluzione per inadempimento (giudiziale o di diritto) o l’avvio della procedura esecutiva siano da considerarsi come due percorsi alternativi al fine dell’emissione della nota di variazione.

In particolare:

  • in caso di risoluzione per inadempimento (giudiziale o di diritto), l’emissione della nota di variazione è una facoltà che viene esercitata dal soggetto passivo che non intende procedere in via esecutiva per il recupero del credito;
  • in caso di avvio di procedura esecutiva, l’emissione della nota di variazione presuppone il verificarsi dell’infruttuosità della procedura esecutiva individuale avviata, in quanto con la decisione di avviare l’esecuzione il soggetto rinuncia al diritto di invocare la risoluzione contrattuale quale presupposto per l’emissione della nota di credito.