10 Febbraio 2023

Rilevanza fiscale della correzione di errori contabili con alcune incertezze

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

In un precedente contributo si è già avuto modo di trattare della semplificazione, a partire dall’esercizio in corso al 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del D.L. 73/2022, il c.d. “Decreto Semplificazioni”), che interessa tutte le imprese che applicano il principio di derivazione rafforzata, riguardante la gestione ai fini delle imposte sul reddito – Ires ed Irap – della correzione degli errori contabili in forza della modifica apportata all’articolo 83 Tuir nella parte in cui ora prescrive che “(…) i criteri di imputazione temporale di cui al terzo periodo valgono ai fini fiscali anche in relazione alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili”.

La norma è stata poi oggetto di un intervento in sede di Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) il cui comma 273 ha disposto che questa disposizione “opera soltanto per i soggetti che sottopongono il proprio bilancio d’esercizio a revisione legale dei conti”; questa specifica è certamente utile in quanto è chiaramente volta ad assicurare che la correzione degli errori contabili avvenga in aderenza ai principi contabili e non si presti perciò a forme di utilizzo improprio.

Nella circolare n. 31/2022, Assonime ha compiuto un interessante ed ampio approfondimento, evidenziando nell’occasione anche alcuni aspetti applicativi della norma su cui permangono dubbi, ma che in alcune circostanze potrebbero avere un potenziale impatto rilevante.

Una prima questione di rilievo riguarda la tipologia di errore contabile la cui correzione beneficia di questo nuovo concetto di competenza fiscale “allargata” (per usare lo stesso significativo aggettivo utilizzato da Assonime), ovvero: la norma parla espressamente di “criteri di imputazione temporale”, mentre la nozione di “errore contabile” che ritroviamo nei principi contabili è ben più ampia potendo comprendere errori commessi nella quantificazione, qualificazione e classificazione di componenti di reddito.

La Relazione illustrativa che ha accompagnato il provvedimento normativo chiarisce senza ombra di dubbio che la norma vuole evitare alle imprese di dover presentare la dichiarazione integrativa nel periodo in cui il componente di reddito avrebbe dovuto essere contabilizzato, e quindi abbraccia una casistica assai più ampia rispetto a quella che sarebbe riferita al solo errore di competenza temporale.

Si propende allora a favore di una interpretazione estensiva della norma, tale da abbracciare ogni tipologia di correzione di errore contabile che avrebbe altrimenti comportato la presentazione di una dichiarazione integrativa, proprio per non depotenziare l’effetto semplificatorio della portata dell’intervento legislativo, a maggior ragione ora che tutto deve comunque svolgersi sotto il controllo del revisore legale.

Resta in ogni caso un punto importante che merita un chiarimento univoco.

Un secondo punto molto sensibile attiene al trattamento fiscale da riservare alla posta contabile rilevata nell’esercizio della correzione dell’errore.

Ci si riferisce al fatto che si potrebbero adottare due diversi approcci: il primo, secondo cui si applicherebbe a questa posta contabile lo stesso trattamento che avrebbe avuto, ai fini fiscali, nel periodo d’imposta in cui l’errore venne commesso; il secondo, invece, secondo cui la posta rilevata per correggere l’errore assumerebbe rilevanza fiscale nel periodo della sua rilevazione nelle condizioni esistenti in quel momento.

Un esempio può rendere l’idea della differenza fra i due approcci.

Si pensi all’errore consistente nel non aver rilevato per competenza nell’anno 2021 una parte di interessi passivi, errore corretto poi nel 2022 semplicemente iscrivendo nel conto economico l’importo di questo componente di reddito; se nel 2021 non vi fosse stata capienza di interessi attivi e ROL, seguendo il primo approccio, il componente rilevato nel 2022 per correggere l’errore sarebbe allora non deducibile ai fini Ires, perché così sarebbe stato nel 2021, anno in cui avrebbe dovuto essere rilevato.

Se invece si seguisse il secondo approccio, e nel 2022 vi fosse capienza di interessi attivi o ROL, la posta emersa per la correzione dell’errore sarebbe deducibile.

Anche rispetto a questa situazione, sarebbe auspicabile che venisse confermata che la modalità applicativa adeguata è la seconda fra quelle sopra rappresentante, in quanto è quella veramente rispondente alla ratio della norma che intende semplificare la gestione fiscale della correzione degli errori; eventuali utilizzi abusivi della norma potrebbero infatti essere legittimamente perseguiti con gli strumenti già previsti dall’ordinamento.

Infine, la questione ACE, su cui pende la presa di posizione di cui alla Relazione illustrativa del D.M. 03.08.2017, in cui si diceva, appunto, che gli errori contabili non assumevano rilevanza ai fini ACE nel periodo della loro correzione, dovendo così rideterminare il risultato netto dell’esercizio rilevante ai fini ACE neutralizzando gli effetti degli errori contabili.

È anche in questo auspicabile che prevalga un’interpretazione sistematica della nuova norma tale quindi da far ritenere superata la posizione sopra esposta, in modo da consentire che la correzione dell’errore contabile assuma rilievo anche ai fini ACE nell’esercizio in cui ne viene data espressione contabile, senza dover ricorrere a esercizi complicati di ricostruzione del risultato.