14 Novembre 2017

Rilevanza ACE alla maturazione per l’utile dei soggetti Irpef

di Fabio Garrini
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La legge di Bilancio per il 2017 è intervenuta massicciamente sulla disciplina ACE applicabile ai soggetti Irpef esercenti attività d’impresa in contabilità ordinaria, introducendo una nuova modalità di determinazione del vantaggio spettante, molto meno conveniente e molto più articolata. Nel presente contributo andremo a focalizzare in particolare la gestione dell’utile d’esercizio.

Le due componenti

L’articolo 1, comma 550, lettera e), L. 232/2016, ha sostituito il comma 7, articolo 1, D.L. 201/2011, stabilendo che dal 2016 (più precisamente, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, la cui decorrenza è prevista dal successivo comma 551) la base di calcolo dell’ACE dei soggetti Irpef in contabilità ordinaria esercenti attività d’impresa (imprenditori individuali, Snc e Sas) è determinata secondo regole analoghe a quelle previste per le società di capitali, regole fondate sull’individuazione della variazione incrementativa del capitale proprio.

Viene infatti sostituto il comma 7 dell’articolo 1 del D.L. 201/2011, che ora recita: “Il presente articolo si applica anche al reddito d’impresa di persone fisiche, società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria”.

L’articolo 1, comma 552, L. 232/2016 ha però introdotto una specifica regolamentazione per tali imprese: “Per i soggetti di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come sostituito dalla lettera e) del comma 550 del presente articolo, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2015, rileva, come incremento di capitale proprio, anche la differenza fra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010.”

È quindi previsto che per gli imprenditori Irpef in contabilità ordinaria rilevi, come incremento del capitale proprio, oltre agli effettivi incrementi netti operati dal 2016, anche una quota aggiuntiva data dall’incremento di capitale realizzato nel quinquennio 2011-2015.

Quindi, è possibile affermare che la base dei soggetti Irpef è composta di due basi autonome, che andranno sommate tra di loro.

Gli elementi costitutivi di tale somma vengono esplicitati dal comma 2 dell’articolo 8 del D.M. 3 agosto 2017, secondo cui la variazione in aumento di capitale proprio effettuata negli esercizi di applicazione del regime di contabilità ordinaria, è costituita dalla somma algebrica, se positiva, tra:

  1. la differenza positiva tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010;
  2. gli elementi positivi e negativi di cui all’articolo 5 rilevati negli esercizi in regime di contabilità ordinaria a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Come già segnalato in un precedente intervento, trattandosi di due componenti da sommare tramite una somma algebrica, occorre concludere che un eventuale decremento realizzato a partire dal 2016 può ridurre lo stock patrimoniale, che quindi non è una concessione intoccabile ma è subordinata ai futuri accadimenti che incideranno sul patrimonio netto.

Così come va evidenziato che la componente fissa rileva solo se positiva, mentre se negativa essa va posta pari a zero e non inciderà nel calcolo.

L’utile d’esercizio

Aspetto particolare che riguarda i soggetti Irpef è il momento a parte dal quale rileva l’utile conseguito: infatti, mentre per i soggetti Ires esso rileva dalla data in cui l’assemblea ne delibera l’accantonamento a riserva, per i soggetti Irpef la rilevanza è collocata al momento della maturazione. Sul punto occorre infatti segnalare l’intervento del decreto attuativo 3 agosto 2017, dove il comma 3 dell’articolo 8 dispone: “Gli incrementi di capitale proprio derivanti dall’accantonamento di utili rilevano nell’esercizio di maturazione dell’utile medesimo. […]”.

Quindi, come in passato, l’utile dell’esercizio non rileva quando viene deciso l’accantonamento, ma quando tale utile viene prodotto. Quindi, l’utile 2016 che i soci hanno deliberato nel 2017 di lasciare in società, per le società di capitali risulta incremento 2017, mentre per le ditte individuali e società di persone era elemento agevolabile già nel 2016.

Altro aspetto da valutare è come l’utile impatti in relazione dalla quantificazione dello stock patrimoniale. La norma non precisa se il patrimonio netto 2015 e il patrimonio netto 2010 debbano essere assunti al netto o al lordo dei relativi utili d’esercizio, ma di questo si occupa il secondo periodo del richiamato comma 4 dell’articolo 8 del decreto: “Il patrimonio netto di cui alla lettera a) del comma 2 include l’utile d’esercizio.”

Nella determinazione dello stock patrimoniale, per il calcolo della differenza 2011-2015, tanto il patrimonio netto al 31.12.2010, quanto quello al 31.12.2015, vanno assunti al lordo dell’utile realizzato in tali periodi d’imposta.

Di conseguenza, anche l’utile 2015 concorrerà alla formazione della base ACE, andando a formarne la componente fissa, ossia il primo addendo. Evidentemente non se ne dovrà tenere in considerazione quando si dovrà computare il secondo addendo, quello riguardante gli incrementi realizzati dal 2016.

ESEMPIO

La Gamma Snc presenta i seguenti dati:

  • patrimonio netto al 31.12.2010: 100 (di cui utile 10);
  • patrimonio netto al 31.12.2015: 150 (di cui utile 5).

Componente patrimoniale della base ACE: 150 – 100 = 50

 

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