23 Febbraio 2017

Riduzione del capitale per perdite: limite di 10.000 euro o 1 euro?

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Come noto, quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, i quali potranno concretizzarsi anche in un mero rinvio di ogni decisione al successivo esercizio.

Solo se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio e la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate.

Quella appena richiamata è la disciplina prevista dall’articolo 2482 bis cod. civ..

Il successivo articolo 2482 ter cod. civ. si concentra invece sul diverso caso in cui, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo legale.

Ricorrendo questa ipotesi gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo legale.

Alternativamente, è possibile deliberare la trasformazione della società.

Con il presente contributo si intende concentrare l’attenzione sull’articolo 2482 ter cod. civ., normante la “Riduzione del capitale al disotto del minimo legale”, analizzando, nello specifico, quale soglia del “minimo legale” deve essere presa di riferimento: quella dei 10.000 euro, ordinariamente prevista per le S.r.l., o quella di 1 euro, correlata alle c.d. società “a capitale minimo”.

Giova a tal fine sottolineare che l’articolo 2482 ter cod. civ. testualmente richiama il capitale minimo legale “stabilito dal numero 4) dell’articolo 2463”.

Il citato numero 4) chiarisce che l’ammontare del capitale minimo deve essere “non inferiore a diecimila euro”.

Solo il successivo comma 4 dell’articolo 2463 cod. civ. prevede la possibilità di determinare l’ammontare del capitale “in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro”. La disposizione in commento, tuttavia, correla particolari previsioni normative alla concessa “sottocapitalizzazione”, sia in tema di conferimenti iniziali che di riserva legale.

Sul punto si ritiene necessario richiamare lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 892/2013, il quale distingue due ipotesi:

  • la riduzione del capitale nelle S.r.l. con capitale superiore a 10.000 euro;
  • la riduzione del capitale nelle S.r.l. con capitale inferiore a 10.000 euro.

Con riferimento alla prima ipotesi il Consiglio Nazionale del Notariato ha ritenuto che le S.r.l. che vedono ridursi il capitale sociale al disotto dei 10.000 euro in conseguenza di una perdita che supera un terzo dello steso, sono tenute a convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale sociale (oppure la trasformazione o lo scioglimento della società).

Tuttavia, anche se continua ad essere necessario convocare l’assemblea per la riduzione del capitale, si ritiene non più necessaria la delibera assembleare di contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore a 10.000 euro.

A seguito dell’introduzione, nel nostro ordinamento, delle S.r.l. “a capitale minimo”, deve infatti ritenersi che la società possa adottare un capitale inferiore a 10.000 euro, purché non inferiore a 1 euro.

Volendo richiamare un esempio, si può pensare ad una S.r.l. con capitale pari ad euro 10.000, la quale ha subìto una perdita pari ad euro 4.500. In tal caso:

  • gli amministratori dovranno senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale, che diventerà pari ad euro 5.500,
  • non sarà necessario deliberare il contemporaneo aumento dello stesso per riportarlo a 10.000 euro.

Le società, inoltre, a seguito della riduzione del capitale al di sotto del limite dei 10.000 euro, saranno tenute ad applicare la speciale disciplina dettata per le S.r.l. “a capitale minimo”, in forza della quale:

  • il capitale deve essere interamente versato;
  • vige l’obbligo di accantonare a riserva legale almeno 1/5 degli utili (e non 1/20), fino a quando la riserva non abbia raggiunto, unitamente al capitale, l’ammontare di 10.000 euro.

Si sottolinea, a tal proposito, che il passaggio da S.r.l. ordinaria a S.r.l. “a capitale minimo” non configura una trasformazione, ma una semplice modifica statutaria, in quanto le S.r.l. ordinarie e le S.r.l. “a capitale minimo” appartengono entrambe al tipo sociale della S.r.l..

Ne discende che non potranno trovare applicazione tutte le disposizioni previste in caso di trasformazione societaria, così come non potrà essere riconosciuto il diritto di recesso in capo al socio. Dovrà invece trovare applicazione la disciplina dettata dall’articolo 2480 cod. civ..

Precisato quanto sopra, merita ora di essere analizzata la disciplina delle perdite nelle società con capitale inferiore a 10.000 euro.

Seguendo un’interpretazione letterale della norma, il richiamo al limite dei 10.000 euro quale minimo legale, porterebbe a ritenere che la disciplina della riduzione del capitale per perdite non sia applicabile nelle società “con capitale minimo”, le quali, per specifica disposizione di legge, hanno un capitale inferiore a detto importo.

Il Consiglio Nazionale del Notariato, con il citato Studio, ha invece evidenziato come la disposizione vada letta alla luce delle successive modifiche normative, ragion per cui, quando, per le perdite superiori ad un terzo del capitale, questo risulti inferiore ad un euro, trova applicazione l’articolo 2482 ter cod. civ. in tema di riduzione del capitale al disotto del minimo legale.

Giungendo a tali conclusioni pare evidente la finalità della disposizione: se la nuova disciplina delle S.r.l. a “capitale minimo” prevede la possibilità di costituire e mantenere in vita una S.r.l. con un capitale sociale irrisorio, l’articolo 2482-ter cod. civ. impedisce che la società possa continuare ad operare anche in presenza di un patrimonio negativo.

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