23 Agosto 2016

La richiesta di rimborso dell’imposta preventiva Svizzera

di Riccardo Scandroglio
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A molti colleghi che si sono districati in pratiche di “voluntary disclosure”, prevista dalla L. 186/2014, sarà capitato spesso di imbattersi, all’interno della documentazione bancaria consegnataci dal cliente, nell’applicazione da parte dell’intermediario finanziario svizzero dell’imposta preventiva sui redditi di capitali mobili, prevista dalla Legge federale del 13 ottobre 1965 (“LIP”).

La predetta imposta, nella forma di ritenuta a titolo di acconto, viene prelevata nella misura del 35%, in sostanza, sui proventi da valori mobiliari emessi da soggetti residenti sul territorio elvetico (articolo 4 “LIP”).

I soggetti fiscalmente residenti in Svizzera, poi, per non rimanere incisi “definitivamente” dall’imposta preventiva, devono scomputarla all’interno della dichiarazione dei redditi, andando così a recuperare la parte eventualmente non dovuta.

La questione diventa maggiormente delicata, tuttavia, per i soggetti non residenti in Svizzera. Salvo particolari disposizioni fiscali interne, infatti, in assenza di convenzione contro le doppie imposizioni, l’imposta preventiva diventa “definitiva” per il contribuente e, normalmente, i proventi da valori mobiliari già sottoposti a tassazione in Svizzera saranno nuovamente tassati nel suo paese di residenza, in base al diffuso principio della tassazione mondiale dei redditi, configurandosi una doppia imposizione giuridica. A seconda dell’ordinamento interno, inoltre, resterà da capire se l’imposizione debba avvenire al lordo od al netto dell’imposta preventiva.

Le cose possono cambiare, invece, in presenza di una convenzione contro le doppie imposizioni fra la Svizzera ed il paese di residenza del contribuente. Come noto, ad esempio nel caso della convenzione Italia-Svizzera, la tassazione di dividendi ed interessi da valori mobiliari sono disciplinati dagli articoli 10 ed 11, elaborati sulla base del modello di convenzione OCSE contro le doppie imposizioni vigente all’epoca della redazione dell’accordo.

I citati articoli della convenzione, nello specifico caso della convenzione Italia-Svizzera, assegnano facoltà di imposizione primariamente allo stato di residenza del contribuente, salvo consentire allo stato della fonte del reddito di assoggettare a tassazione i proventi, in misura, qualora il percettore dei proventi ne sia il beneficiario effettivo, non superiore al 15% per i dividendi ed al 12,5% per gli interessi.

Risulta immediatamente evidente, dunque, che dall’applicazione degli articoli 10 ed 11 della convenzione Italia-Svizzera, qualora al contribuente residente in Italia venga applicata l’imposta preventiva dell’intermediario finanziario svizzero, ed egli sia il beneficiario effettivo dei proventi, discenda il diritto al rimborso della differenza fra l’imposta preventiva e l’eventuale imposta convenzionale.

Accade, tuttavia, che a livello amministrativo l’Amministrazione federale delle contribuzioni abbia storicamente opposto diniego alle domande di rimborso dell’imposta preventiva qualora il contribuente non dimostri documentalmente di aver “spontaneamente” sottoposto a tassazione nel proprio paese i proventi da valori mobiliari di fonte elvetica. Non si rinviene, però, nella “LIP” alcun riferimento in merito al requisito della “spontaneità”. Ne si deduce, coerentemente, che tale orientamento trovi esclusivamente fondamento amministrativo.

Come anticipato, nella convenzione Italia-Svizzera l’unica condizione che deve essere soddisfatta per limitare la tassazione Svizzera (al massimo) all’imposta convenzionale è che il contribuente sia il beneficiario effettivo dei proventi, a nulla rilevando che quest’ultimo abbia spontaneamente o meno dichiarato gli stessi nello stato di residenza.

Come noto, inoltre, l’articolo 27 della convenzione di Vienna sull’applicazione dei trattati internazionali del 23 maggio 1969, vieta espressamente ad uno degli stati contraenti di un trattato di contravvenire ad una previsione del medesimo per via di una disposizione di legge interna dello stato. In altre parole, le previsioni degli articoli 10 e 11 della convenzione Italia-Svizzera non possono essere disattese sulla base di alcuna norma di legge Svizzera, men che meno sulla base di un orientamento amministrativo dell’Amministrazione federale delle contribuzioni.

La prassi amministrativa, dunque, dell’Amministrazione federale delle contribuzioni, appare essere, non solo – nel caso della convenzione Italia-Svizzera – contraria a quest’ultima, ma anche palesemente in violazione della legge sull’applicazione dei trattati internazionali.

Fonti svizzere nelle ultime settimane riferiscono tuttavia di una rivisitazione in corso del proprio approccio da parte dell’Amministrazione federale delle contribuzioni, il che non potrebbe che essere accolto positivamente.

Non resta dunque che attendere fiduciosi.

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