7 Maggio 2025

Revocabile il sindaco che viene meno agli obblighi di verifica degli adeguati assetti organizzativi

di Maurizio Stella
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È revocabile per giusta causa ai sensi dell’articolo 2400, cod. civ., il sindaco che venga meno agli obblighi di vigilanza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, omettendo di segnalare eventuali criticità che emergano dal regolare scambio di dati e di informazioni rilevanti con gli amministratori e il soggetto incaricato della revisione ovvero dalle ispezioni e i controlli a cui è tenuto l’organo di controllo ai sensi dell’articolo 2403-bis, cod. civ..

Premessa

Con il Decreto 18 luglio 2024 il Tribunale di Milano si è pronunciato su un ricorso presentato ai sensi dell’articolo 2400, comma 2, cod. civ. ove si chiedeva di approvare la delibera di revoca del sindaco unico adottata dall’assemblea dei soci di una società.

Tra le varie contestazione che venivano mosse al sindaco unico, vi era anche quella dell’omessa vigilanza sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo che, proprio per la sua inadeguatezza, aveva consentito alla governance di commettere alcuni illeciti.

È il caso di ricordare che tra i doveri dell’organo di controllo rientra quello di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.

Il collegio sindacale/sindaco unico per l’espletamento dell’attività di vigilanza è dotato di autonomi poteri. Tali poteri sono riconducibili:

  1. ex articolo 2403-bis, cod. civ., nella possibilità di atti di ispezione e di controllo, anche utilizzando propri dipendenti e ausiliari, e nella richiesta di notizie agli amministratori;
  2. ex articolo 2406, cod. civ., nella convocazione degli organi sociali in caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte degli amministratori ovvero qualora il collegio ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere;
  3. ex articolo 2408, cod. civ., nell’indagine sui fatti censurabili denunciati dai soci;
  4. ex articolo 2409, cod. civ., nella denuncia al Tribunale in caso di fondato sospetto di gravi irregolarità compiute dagli amministratori.

L’attività di vigilanza del collegio sindacale sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile si esplica con l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie dall’organo amministrativo, dalle funzioni addette al controllo e alle valutazioni dei rischi, dalla funzione di controllo interno, ove presente, dall’organismo di vigilanza, se nominato, e dal soggetto incaricato della revisione legale, se differente dal collegio sindacale.

Il collegio sindacale ha l’obbligo di segnalare agli amministratori e al soggetto incaricato della revisione legale gli eventuali punti di debolezza riscontrati nell’assetto organizzativo aziendale, sollecitando interventi correttivi e verificandone l’efficacia.

Esami dei fatti di causa oggetto della pronuncia del Tribunale di Milano

Una società, con ricorso ex articolo 2400, comma 2, cod. civ., ha chiesto al Tribunale di Milano di:

“approvare la deliberazione di revoca del sindaco unico adottata dalla assemblea dei soci …  in data 31 maggio 2024, con efficacia immediata dell’emanando provvedimento, al fine di consentire la sostituzione dell’organo di controllo e garantirne l’immediata operatività”.

La società ricorrente ha rilevato e documentato con il ricorso presentato che:

  1. era una società attiva nella produzione, vendita, assistenza e noleggio di macchinari postali di ogni tipo e tecnologia, interamente partecipata da un’altra società a sua volta interamente partecipata da una società di diritto francese appratente all’omonimo gruppo;
  2. la società aveva adottato, in conformità all’articolo 26 del proprio statuto un assetto che prevedeva:

a) un organo di controllo monocratico, avente i doveri e poteri di cui agli articoli 2403 e 2403-bis e ss., cod. civ.;

b) una società di revisione, a cui era demandata la revisione legale dei conti.

Relativamente alle contestazioni la ricorrente rilevava che per come risultava dal verbale dell’assemblea dei soci del 31 maggio 2024, a seguito di alcune anomalie contabili emerse poco tempo prima, la stessa aveva avviato, in collaborazione con il socio unico e con il presidente del CdA, nonché con l’ausilio di consulenti indipendenti, un’indagine interna a volta ad accertare la regolarità della gestione sociale e la sua conformità alle procedure aziendali del gruppo.

All’esito di questa indagine, i cui risultati erano dettagliatamente descritti nel report redatto dal consulente indipendente erano emerse gravi irregolarità contabili, gestionali e organizzative, risalenti perlomeno al 2014, che avevano determinato un artificioso incremento dei ricavi attraverso l’iscrizione di ricavi e crediti fittizi e ulteriori manipolazioni contabili. Ciò aveva comportato un importante pregiudizio per la società ricorrente. In particolare, dalle verifiche svolte era emerso il sistematico utilizzo di schemi contabili di natura illecita, così sintetizzabili:

a) indebita contabilizzazione e relativa indebita fatturazione in relazione a:

  1. contratti di leasing inesistenti, in quanto mai sottoscritti dai clienti;
  2. contratti di leasing con clienti già in procedura concorsuale o in liquidazione;
  3. indebita estensione o indebito rinnovo di contratti di leasing con clienti che non avevano dato conferma o che avevano già esercitato il diritto di recesso;

b) mancata appostazione di accantonamenti a fondo svalutazione per crediti relativi a fatture scadute, oppure vantati verso clienti contro cui la società aveva avviato azioni legali, in violazione della policy del gruppo;

c) altre irregolarità, volte a migliorare artificiosamente i risultati della società, quali errata iscrizione di fatture da emettere, errata iscrizione di note di credito da ricevere non supportate da giustificativi ed errata determinazione dei risconti attivi e passivi.

Dalle investigazioni interne e dalle verifiche contabili svolte, era inoltre emerso che l’attuazione degli schemi illeciti sopra indicati era in via principale imputabile a un soggetto che aveva rivestito formalmente la carica di procuratore della società ricorrente a partire dall’ottobre 2006 sino al marzo 2017 e quella di amministratore delegato, senza soluzione di continuità, dal marzo 2017 sino al settembre 2022.

In particolare, era emerso che agendo fino al 2017 quale amministratore/direttore generale di fatto della società ricorrente e successivamente quale membro effettivo del CdA e amministratore delegato, aveva gestito nel corso degli anni la società, nonché predisposto i relativi progetti di bilancio, in totale autonomia e attuando in maniera sistematica gli schemi contabili illeciti sopra descritti. E ciò, senza alcuna supervisione, né da parte degli altri membri del CdA, che si limitavano a firmare e presentare all’assemblea dei soci per l’approvazione dei progetti di bilancio di esercizio redatti in via autonoma dall’amministratore delegato, né da parte del sindaco unico, che aveva del tutto omesso di vigilare sul rispetto, da parte dell’organo gestorio dei principi di corretta amministrazione e sull’osservanza della legge, dell’atto costitutivo e delle procedure aziendali del gruppo.

Alla luce di quanto emerso, il socio unico aveva convocato di propria iniziativa, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2479, cod. civ., l’assemblea dei soci della società ricorrente, al fine di discutere e deliberare la proposta di revoca per giusta causa del sindaco unico della società e la proposta di approvazione dell’azione di responsabilità nei confronti del sindaco unico nonché degli ex membri del CdA della società.

La ricorrente ribadiva che all’esito delle verifiche condotte era emerso che il sindaco unico aveva totalmente omesso di vigilare, come era suo dovere fare, sull’osservanza della legge e dello statuto da parte degli amministratori, effettivi e di fatto, della società, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte degli stessi, nonché sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato e sul suo concreto funzionamento, e aveva altresì reso attestazioni non veritiere e violato i principi di diligenza e correttezza professionale.

Nello specifico dall’indagine interna condotta, era emerso che il sindaco unico aveva, nei fatti:

  1. omesso di esercitare i propri doveri di vigilanza e i poteri di ispezione e controllo, che avrebbero consentito di rilevare e segnalare le gravi e significative irregolarità contenute nei bilanci di esercizio della società ricorrente;
  2. omesso di vigilare sugli assetti organizzativi della società e di segnalare le criticità;
  3. omesso di vigilare sugli assetti amministrativi e contabili della società e di segnalarne le criticità;
  4. omesso di tenere periodicamente e con regolarità scambi di dati e informazioni rilevanti con gli amministratori e con il soggetto incaricato della revisione legale;
  5. omesso di vigilare sull’operato degli amministratori, anche tramite richieste di informazioni, ispezioni e controlli ex articolo 2403-bis, cod. civ., e ciò anche successivamente alla emersione delle irregolarità.

Dalle verifiche condotte era, inoltre, emerso che il sindaco unico aveva avuto, in pendenza dell’incarico ricoperto nella società ricorrente, e probabilmente anche al momento del deposito del ricorso, rapporti di natura professionale con la società di revisione, in violazione della disciplina sull’indipendenza del revisore legale di cui all’articolo 10, D.Lgs. 39/2010, risultando quindi soggetto parziale e, come tale, inidoneo a ricoprire la carica di sindaco unico.

Il sindaco unico si è costituito in giudizio eccependo:

a) la nullità del ricorso ai sensi dell’articolo 164, comma 4, c.p.c., per mancata esposizione dei fatti di cui all’articolo 163, comma 2, n. 3, c.p.c.;

b) la mancata prova degli addebiti formulati nei confronti del sindaco unico; e in ogni caso, la infondatezza degli addebiti formulati dalla società ricorrente.

La natura giuridica del procedimento previsto dall’articolo 2400, comma 2, cod. civ.

L’articolo 2400, cod. civ., relativamente alla revoca dei sindaci prevede che: “… I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale, sentito l’interessato. La nomina dei sindaci, con l’indicazione per ciascuno di essi del cognome e del nome, del luogo e della data di nascita e del domicilio, e la cessazione dall’ufficio devono essere iscritte, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese nel termine di trenta giorni …”.

Nella decisione in commento il Tribunale ha osservato che la rilevanza del ruolo assegnato al sindaco o al collegio sindacale emerge chiaramente dalla disciplina prevista dall’articolo 2400, cod. civ., che prevede un complesso iter procedimentale per consentirne la revoca, ossia la revoca del sindaco è possibile solo in presenza di una giusta causa e la delibera di revoca deve altresì essere approvata dal Tribunale.

Il presupposto principale per poter procedere alla revoca è, quindi, la sussistenza di una giusta causa la cui individuazione dovrà necessariamente essere effettuata caso per caso.

In particolare, il Tribunale ha affermato che: “il procedimento di approvazione della delibera di revoca non ha, per pacifica giurisprudenza, natura contenziosa e si risolve nel deposito, da parte della società, di un ricorso in cui vengono richiamati i motivi di revoca di cui al verbale dell’assemblea dei soci.

Il controllo giurisdizionale, pertanto, non può che limitarsi a valutare le contestazioni sollevate in sede di assemblea, senza che la parte ricorrente possa introdurre nuovi temi di indagine.

Tale valutazione, tuttavia, incontra i naturali limiti dei giudizi di volontaria giurisdizione, che si caratterizzano per l’assenza di una procedimentalizzazione espressa e per la inidoneità dei provvedimenti conclusivi ad avere gli effetti del giudicato.

Le caratteristiche di tale tipo di giudizio, inoltre, non possono che portare alla conseguente impossibilità per il Tribunale di verificare nel merito le singole contestazioni, in quanto l’eventuale approvazione della delibera:

– non impedisce la possibilità di una sua eventuale impugnazione;

– non comporta in alcun caso il riconoscimento, nemmeno implicito, della responsabilità del sindaco revocato.

Conseguentemente l’obiettivo del legislatore è, nella sostanza, quello di consentire al Tribunale di verificare:

a) il rispetto del contraddittorio, nel senso che il sindaco deve essere stato messo nella condizione di comprendere le contestazioni mediante rituale convocazione avanti all’assemblea;

b) la non genericità delle contestazioni sollevate, che comunque devono essere specifiche e in ogni caso dovranno essere espressamente indicate nella delibera di approvazione della revoca;

c) che le contestazioni siano riferibili a circostanze che possano essere ricondotte o alla violazione delle obbligazioni previste dalla legge a carico dei sindaci o comunque a fatti circostanziati che possano avere fondatamente messo in pericolo il necessario rapporto fiduciario tra amministratori, soci e sindaci;

d) la non pretestuosità delle contestazioni. Tale è uno dei punti più delicati: la particolare posizione dei sindaci si presta al grave rischio di delibere di allontanamento di sindaci “sgraditi”, perché hanno sollevato motivate obiezioni rispetto all’amministrazione della società, con quindi volontà dell’organo gestorio di eliminare controllori non graditi”.

La decisione del Tribunale di Milano

Nelle motivazioni della decisione il Tribunale osserva che: “i doveri di controllo imposti ai sindaci sono contraddistinti da particolare ampiezza, si estendono a tutta l’attività sociale in funzione della tutela e dell’interesse dei soci e di quello concorrente dei creditori sociali (Cass 28357/2000). I sindaci sono tenuti al controllo dell’amministrazione della società, alla vigilanza sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo, alla verifica della regolare tenuta della contabilità sociale, della corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, e dell’osservanza delle norme poste per la valutazione del patrimonio sociale (cd. responsabilità concorrente con gli amministratori).

Il sindaco, dunque, non risponde in modo automatico per ogni fatto dannoso aziendale in ragione della sua mera “posizione di garanzia”, esigendo la giurisprudenza, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, che egli abbia esercitato o tentato di esercitare l’intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge.

Da un lato, solo un più penetrante controllo, attuato mediante attività informative e valutative – in primis, la richiesta di informazioni o di ispezione ex art. 2403-bis cod. civ. – può dare concreto contenuto all’obbligo di tutela degli essenziali interessi affidati al collegio sindacale, «…cui non è consentito di rimanere acriticamente legato e dipendente dalle scelte dell’amministratore, quando queste collidano con i doveri imposti dalla legge, al contrario avendo il primo il dovere di individuarle e di segnalarle ad amministratori e soci, non potendo assistere nell’inerzia alle altrui condotte dannose: senza neppure potersi limitare alla richiesta di chiarimenti all’organo gestorio, ma dovendosi spingere a pretendere dal medesimo le cd. azioni correttive necessarie» (cfr., in motivazione, Cass. n. 18770 del 2019). Dall’altro lato, il sindaco dovrà fare ricorso agli altri strumenti previsti dall’ordinamento, come i reiterati inviti a desistere dall’attività dannosa, la convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 2406 cod. civ. (ove omessa dagli amministratori, o per la segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate), i solleciti alla revoca delle deliberazioni assembleari o sindacali illegittime, l’impugnazione delle deliberazioni viziate, il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ex art. 2487 cod. civ., la denunzia al tribunale ex art. 2409 cod. civ. o all’autorità giudiziaria penale, ed altre simili iniziative (cfr. Cass. numero 24045/2021)”.

Relativamente al contenuto della delibera assembleare di revoca il Tribunale ha ritenuto che la documentazione in atti abbia fatto emergere che al sindaco unico siano state contestate diverse violazioni quali:

  1. l’omissione dei doveri di vigilanza e i poteri di ispezione e controllo, che avrebbero consentito di rilevare e segnalare le gravi e significative irregolarità contenute nei bilanci di esercizio della società; 2. l’omissione dell’obbligo di vigilanza degli assetti organizzativi della società e di segnalazione delle criticità;
  2. l’omissione dell’obbligo di vigilanza sugli assetti amministrativi e contabili della società e di segnalazione delle criticità;
  3. l’omissione del regolare scambio di dati e di informazioni rilevanti con gli amministratori e con il soggetto incaricato della revisione legale;
  4. l’omissione dell’obbligo di vigilanza sull’operato degli amministratori, anche tramite richieste di informazioni, ispezioni e controlli ex articolo 2403-bis, cod. civ.;
  5. il disinteresse del sindaco anche una volta che erano iniziate a emergere le gravi irregolarità da parte del precedente organo gestorio;
  6. il mancato rispetto del prerequisito di indipendenza, a causa della sopravvenuta scoperta da parte della società che il sindaco resistente aveva avuto rapporti professionali con il soggetto incaricato alla revisione.

Ancora il Tribunale ha rilevato che tutte le contestazioni sollevate in sede di assemblea sono state suffragate da idonea documentazione allegata al verbale.

Tenuto conto della natura del giudizio ex articolo 2400, comma 2, cod. civ., e dei principi generali in tema di obbligazioni dei sindaci, il Tribunale ha quindi ritenuto di approvare la delibera di assemblea oggetto del ricorso in quanto:

a) è stato rispettato il contraddittorio con il sindaco resistente, il quale ha potuto avere contezza dei vari addebiti, potendo altresì effettuare proprie dichiarazioni che sono state riportate nel verbale;

b) le contestazioni non risultano generiche, in quanto sono state specificatamente indicate unitamente a una sintetica ricostruzione dei fatti posti a fondamento della revoca;

c) le contestazioni risultano essere, almeno in parte, riferibili a circostanze che sono riconducibili a condotte o a violazioni degli specifici obblighi previsti dalla legge a carico dei sindaci. In particolare, per quel che rileva ai fini del procedimento, sono astrattamente e normativamente riconducibili al resistente i seguenti addebiti:

  • inadempimento dell’obbligo di esercitare un controllo sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo non predisposto dagli amministratori e sulla gestione, in particolare in relazione alla violazione delle procedure interne e all’omessa redazione dei bilanci di esercizio e quindi in violazione dell’articolo 2406, cod. civ.;
  • l’inerzia rispetto ai poteri di intervento attivo e di controllo, con particolare riferimento ai poteri di ispezione e controllo ex articolo 2403-bis, civ.;
  • il ritardo nella reazione rispetto alla fase successiva alla emersione delle criticità nei confronti dell’organo gestorio;

d) i motivi di addebito rientrano nel concetto di “giusta causa” di revoca ai fini del procedimento ex articolo 2400, comma 2, cod. civ.;

e) i motivi di revoca non risultano essere pretestuosi. Circa tale aspetto, il Tribunale ha posto in evidenza le circostanze:

  • che le contestazioni sono state sollevate dopo una approfondita analisi da parte di soggetti terzi rispetto a una presunta sistematica violazione dei programmi di gestione informatica;
  • che a fronte della gravità delle violazioni riscontrate in sede di report, è stata sin da subito formulata denuncia — querela avanti alla Autorità giudiziaria;
  • che i soci, oltre alla revoca del sindaco, hanno nella stessa sede autorizzato l’azione di responsabilità contro amministratori, sindaco e società di revisione;
  • che vengono richiamate in sede di verbale le omissioni specifiche a carico del sindaco, con anche rimandi a specifici verbali dell’organo di controllo;
  • che è stata contestata l’inerzia rispetto all’omessa approvazione dei bilanci degli ultimi anni.

Alla luce delle motivazioni su esposte, il Tribunale adito ha deciso che l’iter per la revoca dei sindaci può essere concluso positivamente mediante l’approvazione della delibera di assemblea oggetto del ricorso, avendo la società ricorrente rispettato le forme procedimentali e non emergendo situazioni palesi di irragionevolezza, arbitrarietà e pretestuosità della stessa.