10 Settembre 2013

Revoca dell’atto di costituzione dei beni in fondo patrimoniale

di Luigi Ferrajoli
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L’ultima pronuncia della Cassazione in materia di fondo patrimoniale costituito in favore del nucleo famigliare ha posto precisi paletti per la sua ammissibilità in caso di azione revocatoria ex art.2901 Cod.Civ.: può essere infatti revocato l’atto di costituzione di beni in fondo patrimoniale, stipulato a notevole distanza di tempo dalla celebrazione del matrimonio, qualora le esigenze di tutela della famiglia, poste alla base dell’atto, non siano allegate e documentate.

Con la sentenza n. 12067 del 17 maggio 2013, la Suprema Corte si è trovata a decidere sulla legittimità di una pronuncia con la quale era stato accolto l’appello del Fallimento di una società ed erano stati dichiarati inefficaci, ai sensi dell’art. 2901 Cod.Civ., gli atti con i quali due sindaci della società fallita avevano costituito in fondo patrimoniale i cespiti immobiliari di rispettiva proprietà.

In primo grado, pur accogliendo la domanda risarcitoria svolta dal Fallimento nei confronti degli amministratori e dei sindaci della società per violazione del divieto di cui all’art. 2449 Cod.Civ. (nella formulazione previgente applicabile ratione temporis al caso di specie), aveva però rigettato la domanda di revocatoria degli atti di costituzione dei fondi patrimoniali posti in essere dai due sindaci.

Il Fallimento aveva quindi impugnato la sentenza sul punto e la Corte territoriale aveva accolto l’appello asserendo l’esistenza della prova presuntiva che gli atti di costituzione degli immobili in fondo patrimoniale, ancorché posti in essere prima del sorgere del credito risarcitorio, fossero stati dolosamente preordinati allo scopo di pregiudicarne il soddisfacimento.

La Corte d’appello aveva individuato gli elementi atti a fondare la predetta presunzione nella consapevolezza, in capo ai sindaci, dell’esistenza di pesanti posizioni debitorie della società; nella cosciente e volontaria commissione di pregresse violazioni, in una situazione psicologica corrispondente, in linguaggio penalistico, al dolo eventuale, con conseguente necessaria previsione delle conseguenze che da tali violazioni sarebbero potute derivare; infine nell’avvenuta costituzione dei beni in fondo patrimoniale a considerevole distanza di tempo dal matrimonio (sedici anni per il primo e nove anni per il secondo), non giustificata da sopravvenute esigenze della famiglia (non provate e neppure allegate); nella contestuale stipulazione degli atti, rogati nello stesso giorno e dal medesimo notaio.

I due sindaci hanno proposto ricorso per Cassazione rilevando, tra l’altro, che dalle predette circostanze evidenziate dalla Corte territoriale non poteva trarsi il convincimento che la costituzione dei fondi fosse avvenuta in frode ai creditori sociali.

La Cassazione ha respinto il ricorso rilevando che ai ricorrenti non poteva essere sfuggito il macroscopico indebitamento della società e che gli stessi avevano omesso di attivarsi per far rilevare la gravità della situazione venutasi a determinare.

Inoltre, secondo gli Ermellini, la costituzione, da parte di una coppia di coniugi, di tutti i propri beni in fondo patrimoniale può avvenire anche a distanza di molti anni dalla celebrazione del matrimonio, per sopravvenute esigenze della famiglia che tuttavia devono essere specificate e documentate. I Giudici di legittimità hanno quindi ritenuto pienamente logica la conclusione della Corte di merito, che ha affermato che il compimento degli atti di disposizione impugnati (attesa anche la coincidenza della loro stipulazione nelle medesime circostanze di tempo e di luogo) trovasse congrua spiegazione nell’intenzione dei disponenti di sottrarre i beni all’eventuale azione dei creditori.

Alla medesima conclusione era peraltro già pervenuto il Tribunale di Milano, con la sentenza del 29 aprile 2013, con la quale era stata rigettata la domanda dell’Agenzia delle Entrate volta ad ottenere la revoca ex art. 2901 c.c. dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale asseritamente posto in essere in frode alle proprie ragioni creditorie.

Nella decisione in esame, il Tribunale aveva posto in evidenza la circostanza che la costituzione del fondo, benché posta in essere oltre vent’anni dopo il matrimonio, era avvenuta in un periodo nel quale i coniugi non potevano avere contezza delle pendenze debitorie vantate dall’Agenzia delle Entrate ed inoltre, nel corso del giudizio, i debitori avevano adeguatamente illustrato e documentato le ragioni che li avevano indotti a costituire tale fondo.

In particolare, i coniugi avevano documentato di avere risieduto al di fuori del territorio nazionale per alcuni anni e, al momento del rientro, di avere acquistato alcuni immobili conferiti nel fondo: il Tribunale ha quindi ritenuto plausibile e meritevole di tutela l’ipotesi che gli stessi avessero costituito il fondo patrimoniale allo scopo di riorganizzare il menage familiare.