18 Settembre 2017

Rettifica retroattiva per la rendita solo se l’errore è dell’Ufficio

di Fabio Garrini
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Il tema della rettifica della rendita catastale si arricchisce di un ulteriore tassello. È ben noto il principio generale per cui le rettifiche di rendita finalizzate a correggere errori hanno effetto retroattivo, poiché la nuova rendita si va a sostituire alla precedente: secondo la Cassazione tale principio però vale solo ed esclusivamente quando la correzione riguarda un errore dell’Ufficio, mentre se l’errore era stato compiuto dal contribuente la nuova rendita rettificata esplica efficacia a decorrere dalla data in cui questa viene notificata al contribuente. Ciò con tutte le conseguenze tributarie derivanti, anche quelle riguardanti un possibile rimborso ICI (ma lo spesso vale oggi per IMU e TASI) pagata sulla precedente rendita.

Questa è la posizione espressa dalla Cassazione nella recente sentenza 20463 del 20 agosto 2017.

Rettifica della rendita

L’efficacia delle rettifiche alla rendita catastale è stata chiarita da oltre un decennio ad opera dell’ex Agenzia del Territorio nella circolare 11/T/2005 (posizione comunque confermata anche dalla Cassazione, ad esempio, con le sentenze n. 6206 del 22 marzo 2005 e 19559 del 16 luglio 2008). In quella sede vennero individuate 3 possibili fattispecie:

  • nel caso in cui la rettifica – indipendentemente che questa derivi da riesame d’ufficio ovvero su segnalazione del contribuente – sia finalizzata ad eliminare incongruenze derivanti da errori di inserimento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale, posto che l’istituto dell’autotutela in questo caso è finalizzato a rimuovere un errore nell’ambito di un immutato contesto (si tornano a valutare le situazioni allora esistenti), l’annullamento dell’accertamento della rendita non può che avere effetto “ex tunc” ossia dovrà retroagire dalla data di decorrenza del classamento rivelatosi errato, che viene corretto.
  • Situazione analoga alla precedente è quella per cui la revisione dell’accatastamento sia fondata su di una sentenza resa dai giudici tributari relativamente al classamento di immobili similari: in altre parole, se la commissione tributaria ha rilevato un errore con riferimento al classamento di determinati fabbricati e ne ha richiesto la rettifica, se tale rettifica viene effettuata in autotutela su fabbricati similari, ne comporta una efficacia retroattiva. Questo a condizione che non esista un diverso giudicato sostanziale con riferimento al fabbricato specifico (ossia che la commissione tributaria non si sia già pronunciata con riferimento a tale fabbricato confermando la rendita iscritta agli atti catastali) e, ovviamente, che la comparazione delle due situazioni sia in grado di evidenziare un errore nel classamento dell’immobile oggetto dell’autotutela.
  • Situazione del tutto diversa è quella per cui la rettifica in autotutela sia fondata su nuovi elementi non esistenti (e quindi non valutabili) al momento dell’originario classamento: in questo caso il nuovo classamento non può retroagire, ma andrà a sostituire il precedente.

Il caso più frequente è quello per cui il contribuente ritiene non corretta una rendita attribuita dagli uffici catastali e ne chiede la rettifica in autotutela (nelle ipotesi in cui questo può essere invocato): tale situazione ricade nella prima fattispecie, quindi la nuova rendita attribuita, sostituendo la precedente, retroagisce.

Dal punto di vista tributario, se il contribuente avesse versato imposta sulla base della vecchia rendita, a seguito della rettifica ottenuta potrebbe chiederne il rimborso.

Errore del contribuente

Il caso esaminato dalla sentenza in commento è però parzialmente diverso da quello appena evocato (anzi, a ben vedere, secondo la Cassazione, come si dirà, la diversità è radicale).

La pronuncia riguarda infatti un contenzioso per un rimborso ICI negato al contribuente (diniego confermato dalla Commissione Tributaria Regionale adita): la posizione della Cassazione, in particolare, è quella di confermare il rigetto della pretesa del contribuente.

Il motivo su cui si basa la scelta dei giudici di legittimità risiede nel fatto che la rendita errata fosse da imputare non all’Ufficio, ma piuttosto al contribuente nella presentazione della variazione catastale contestata.

Si legge infatti nella sentenza come i principi richiamati circa la decorrenza delle rettifiche “non possono trovare applicazione” in quanto “nel caso di specie risultando che il preteso errore che ha originato il procedimento DOCFA di rettifica della rendita catastale sarebbe stato commesso dai contribuenti”.

Conseguentemente, non può essere riconosciuto il diritto al rimborso per l’imposta versata in eccesso sulla precedente rendita errata, in quanto l’errore, come detto, è imputabile al contribuente stesso, che ne deve sopportarne le conseguenze.

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