5 Ottobre 2018

Residenza fiscale, presunzione legale e onere della prova

di Marco Bargagli
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La persona fisica che trasferisce la propria residenza all’estero, in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, dovrà fornire all’Amministrazione finanziaria idonei elementi che dimostrino l’effettivo radicamento all’estero dei suoi interessi vitali (familiari, personali e professionali), ossia che il proprio domicilio non è in Italia.

Come noto, l’ordinamento giuridico domestico (ex articolo 2, comma 2-bis, Tuir) prevede che si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

In buona sostanza la persona fisica emigrata all’estero dovrà:

  • provvedere alla cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente del suo comune di residenza, iscrivendosi all’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero);
  • fornire elementi sostanziali che comprovino il suo reale trasferimento all’estero.

Ciò significa che il legislatore ha diversamente ripartito l’onere probatorio fra le parti, al fine di evitare che le risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti di ordine sostanziale.

In relazione alla natura della prova contraria che deve fornire il contribuente, interessanti chiarimenti sono intervenuti con la circolare 140/E/1999 emanata dal Ministero delle Finanze.

Il citato documento di prassi ha sottolineato che, per quanto riguarda il concreto e specifico contenuto dell’onere probatorio richiesto, il contribuente dovrà dimostrare l’insussistenza nel nostro Paese della dimora abituale (ossia la residenza), ovvero del complesso dei rapporti afferenti gli affari e gli interessi, allargati, oltre che agli aspetti economici, a quelli familiari, sociali e morali (ossia il domicilio).

In particolare, come confermato dalla citata circolare 140/E/1999, la persona fisica potrà utilizzare qualsiasi mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa idoneo a stabilire, in particolare:

  • la sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;
  • l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del Paese estero;
  • lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso Paese estero, ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
  • la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;

Inoltre, il contribuente potrà esibire:

  • le fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel Paese estero;
  • la movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero e da e per l’Italia,

nonché dimostrare:

  • l’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese estero di immigrazione;
  • l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, ecc.;
  • la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

In tema di residenza fiscale della persona fisica ed onere della prova è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19410 del 20.07.2018, la quale ha confermato l’importanza degli elementi sostanziali forniti dal contribuente idonei a vincere la prova contraria prevista dall’articolo 2, comma 2-bis, Tuir.

La vicenda posta al vaglio dei supremi giudici riguardava la valutazione della residenza fiscale di un noto sportivo, che si era trasferito nel principato di Monaco.

In merito, gli ermellini hanno ritenuto che il contribuente avesse fornito la prova contraria necessaria a vincere la presunzione legale relativa posta dalla norma, tenuto conto che la persona fisica aveva dimostrato di risiedere, sin dal mese di novembre 1998 a Montecarlo, ove aveva intrattenuto rapporti personali e professionali.

Infatti, il soggetto passivo aveva:

  • preso in locazione un appartamento, corrispondendo regolarmente il relativo affitto;
  • effettivamente utilizzato l’abitazione così locata, come risultante dal pagamento di varie utenze;
  • dimostrato di allenarsi presso le strutture ATP del Principato di Monaco, trovando abitualmente base in quest’ultimo, in partenza ed arrivo, nei viaggi che lo portavano in giro per il mondo nel corso del normale espletamento della sua attività agonistica.

In definitiva il domicilio del contribuente, inteso come centro principale degli affari ed interessi, era stabilito all’estero, dove lo stesso aveva anche la propria residenza fiscale.

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