7 Febbraio 2020

Regime Iva dei tartufi con poche luci e molte ombre

di Alberto RocchiLuigi Scappini
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La scheda di FISCOPRATICO

A distanza di oltre un anno, il Mipaaf, di concerto con il Mef, ha “finalmente” individuato i quantitativi standard producibili di tartufi per poter applicare il regime Iva agricolo ex articolo 34 D.P.R. 633/1972, il tutto nel contesto di una riforma, quella attuata a mezzo della Legge di bilancio per il 2019, che non convince ancora del tutto.

Il comma 698, lettera b), della L. 145/2018, ha introdotto un nuovo n. 15-bis) nella Tabella A, Parte I, allegata al D.P.R. 633/1972, contemplandovi i tartufi, nel limite, tuttavia, di un quantitativo standard da definirsi con decreto Mipaaf, di concerto con il Mef.

L’inclusione di un bene nella prima parte della Tabella A rappresenta il requisito oggettivo per applicare il cd. regime speciale Iva per l’agricoltura che, nella realtà, consiste in una speciale modalità semplificata di determinazione dell’Iva detraibile.

Rientrano in tale elencazione i beni agricoli allo stato naturale o quelli che sono stati manipolati o trasformati nell’ambito dell’esercizio normale dell’agricoltura.

Infatti, nella Tabella sono inclusi i prodotti primari (animali vivi e morti, legumi, ortaggi, cereali) e pochissimi prodotti lavorati: latte, formaggi e vini. Sono escluse le lavorazioni più complesse, come, ad esempio, quelle che portano a marmellate e salumi.

Ma l’appartenenza del prodotto all’elencazione tabellare è solo una delle condizioni per l’applicazione del regime speciale agricolo; occorre infatti verificare anche la natura di produttore agricolo del soggetto che pone in essere le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta.

Al ricorrere di entrambi i presupposti (oggettivo e soggettivo), il regime speciale si applica naturalmente ed è necessario esercitare apposita opzione per rientrare nel regime normale di determinazione dell’Iva.

Si qualificano ai fini Iva produttori agricoli rispettivamente:

  • gli imprenditori agricoli ex articolo 2135 cod. civ. e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane;
  • gli organismi agricoli di intervento; e
  • le cooperative e loro consorzi ex articolo 1, comma 2, D.Lgs. 228/2001, nonché le associazioni e loro unioni, che effettuano cessioni di beni prodotti prevalentemente dai soci, associati o partecipanti, nello stato originario o previa manipolazione o trasformazione, nonché gli enti che provvedono per legge, anche previa manipolazione o trasformazione, alla vendita collettiva per conto dei produttori soci.

Riagganciandosi a questa elencazione, l’Agenzia delle entrate, con la circolare 8/E/2019, § 1.4., a commento della novità introdotta, ha tenuto a precisare che l’estensione del regime speciale Iva è destinato ai coltivatori di tartufi che possano qualificarsi come produttori agricoli (quelli che svolgono il ciclo completo del tubero o una fase necessaria dello stesso) e non anche i meri raccoglitori del tartufo.

Come detto, il Mipaaf, con decreto pubblicato sul proprio sito internet, ha individuato i quantitativi standard entro cui la cessione del tartufo effettuata dal produttore agricolo permette l’applicazione del regime speciale Iva agricolo, il tutto con effetto dallo scorso 1° gennaio 2019.

Il decreto distingue le produzioni a seconda che avvengano sui terreni agricoli (articolo 1) o in zone boschive (articolo 2).

Nel primo caso i quantitativi sono così individuati:

  • 60 kg/ha per il tartufo bianco pregiato e per quello nero liscio;
  • 80 kg/ha per il bianchetto;
  • 120 kg/ha per il nero pregiato, il brumale e il nero ordinario; e
  • 400 kg/ha per il tartufo estivo.

L’articolo 1 precisa, inoltre, che idonee alla produzione del tartufo bianco pregiato sono solamente gli impianti a dimora di pioppelle o astoni di pioppo o piante micorizzate certificate, in aree vocate ovvero aree in cui vi è la presenza naturale di tale qualità di tartufo.

Per le zone boschive i quantitativi sono ridotto rispettivamente a:

  • 20 kg/ha per il tartufo bianco pregiato e per quello nero liscio;
  • 50 kg/ha per il bianchetto;
  • 35 kg/ha per il nero pregiato, il brumale e il nero ordinario; e
  • 100 kg/ha per il tartufo estivo.

Tale norma deve essere coordinata con le ulteriori previsioni contenute nella Legge di bilancio per il 2019, con cui, da un lato, per effetto delle modifiche apportate alla parte II-bis, della Tabella A, sono state assoggettate all’aliquota del 5% la cessione dei tartufi freschi o refrigerati e, dall’altro, modificando il n. 20-bs) della Parte III, è stata riconosciuta l’aliquota del 10% per le cessioni di tartufi congelati, essicati o preservati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurare temporaneamente la conservazione, ma non preparati per il consumo immediato.

Si può in definitiva affermare che il complessivo impianto normativo, anche dopo il suo completamento a opera del decreto Mipaaf, lascia più di una perplessità. La previsione di un prodottotabellaresoltanto nei limiti di un quantitativo standard, infatti, mal si concilia con la natura della Tabella “A” allegata al D.P.R. 633/1972, la quale contiene i prodotti agricoli e ittici a prescindere dalle quantità prodotte.

Essa, peraltro, trova solida sponda normativa in ambito comunitario: essendo l’Iva imposta armonizzata, potrebbero sorgere problemi di compatibilità in tal senso.

L’applicazione del regime speciale condizionato al mancato superamento di un volume produttivo, oltre che una novità assoluta nell’ordinamento, pone diversi problemi pratici: quando si deve verificare il superamento del limite? E quali sono le conseguenze? Il regime speciale decade sull’intera produzione o soltanto sulla parte eccedente? Almeno con riferimento a quest’ultimo dubbio, sembrerebbe logica la soluzione più restrittiva, ossia l’applicazione decade sull’intero quantitativo quando il produttore sfora i limiti del decreto. Ma su questa ed altre questioni, sarebbe opportuno un articolato chiarimento ministeriale.

 A chiusura si segnala come, a oggi, non sia stato ancora individuato il coefficiente compensativo del tartufo, necessario per poter applicare, nella pratica, il regime Iva ex articolo 34 D.P.R. 633/1972.