17 Aprile 2014

Regime Iva dei beni venduti nell’ambito delle fiere mercato in altri Paesi Ue

di Marco Peirolo
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In un precedente intervento è stato esaminato il regime IVA dei beni venduti da imprese di altri Paesi membri nell’ambito di fiere mercato ed esposizioni tenute in Italia (si veda “Regime IVA dei beni venduti da imprese UE nell’ambito delle fiere mercato in Italia”, pubblicato il 14 aprile 2014).

Le stesse considerazioni dovrebbero applicarsi, in via del tutto speculare, nell’ipotesi in cui siano le imprese italiane a vendere i beni precedentemente inviati nel diverso Paese membro che ospita l’evento.

Riguardo, in primo luogo, alla movimentazione intracomunitaria dei beni, l’art. 41, comma 3, del D.L. n.331/1993 stabilisce che non dà luogo ad una cessione intracomunitaria l’invio dei beni in altro Stato membro “che se fossero ivi importati beneficerebbero della ammissione temporanea in totale esenzione dai dazi doganali”.

Sotto la condizione che i beni non restino nel territorio di un altro Stato membro per una durata superiore a 24 mesi (art. 17, par. 2, lett. h), della Direttiva n. 2006/112/CE), il relativo trasferimento intracomunitario rientra nell’esclusione prevista dal citato art. 41, comma 3, del D.L. n. 331/1993. L’art. 576 del Reg. CEE n. 2454/1993 prevede, infatti, l’esonero totale dai dazi all’importazione “per le merci destinate a essere esposte o utilizzate durante una manifestazione pubblica non esclusivamente organizzata allo scopo di vendere le merci in questione o per le merci ottenute durante una simile manifestazione da merci vincolate al regime”, con la conseguenza che:

  • l’invio dei beni in altro Stato membro per esposizioni, fiere e mostre non dà luogo ad una cessione intracomunitaria;
  • l’operatore italiano non è tenuto ad identificarsi ai fini IVA nello Stato membro di destinazione né direttamente, né per mezzo di un proprio rappresentante fiscale, per provvedere all’acquisizione intracomunitaria, soggetta ad imposta.

Sul punto, possono richiamarsi le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria in materia di “tentata vendita” in altri Paesi membri.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 39 del 31 marzo 2005, in particolare, ha esaminato la disciplina applicabile, agli effetti dell’IVA, all’“operazione intracomunitaria posta in essere da una ditta italiana per il tramite di un proprio incaricato alla vendita, che agisce per conto della ditta stessa in qualità di dipendente o, comunque, di rappresentante munito di apposito mandato con rappresentanza a vendere, tenuto alla stipula del contratto ed alla consegna della merce”.

Così come le vendite effettuate nell’ambito di una fiera mercato si perfezionano nel luogo dell’evento, allo stesso modo – per i beni in “tentata vendita” – la citata risoluzione precisa che “solo all’atto della stipula del contratto effettuata nello Stato membro ha luogo l’alienazione del bene”.

Rispetto alla movimentazione dei beni verso il Paese membro di destinazione, prudentemente, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, “in merito alle operazioni in esame che si realizzano nel territorio di un altro Stato membro, occorre fa riferimento alla normativa ivi vigente per valutare come siano state recepite da detto Stato membro le disposizioni comunitarie, ossia se esso consideri l’introduzione di prodotti per «tentata vendita» tra le acquisizioni per finalità rientranti nella sfera d’impresa (e, pertanto, assimilate agli acquisti intracomunitari) ovvero se la parifichi alle introduzioni di beni che a livello doganale sono completamente esonerati da dazi all’importazione (e, pertanto, non assimilate agli acquisti intracomunitari)”.

In quest’ultima ipotesi, che è quella conforme alla disciplina comunitaria di riferimento, l’operatore italiano è tenuto:

  • ad annotare il trasferimento dei beni, a titolo non traslativo della proprietà, nel “registro di carico e scarico” di cui all’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993;
  • ovvero a prendere in “carico” i beni su un apposito documento, numerato e conservato ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633/1972.

In linea con l’art. 17, par. 3, della Direttiva n. 2006/112/CE, se lo Stato membro di destinazione (nella specie, quello in cui si tiene la fiera mercato) assimila il trasferimento intracomunitario all’importazione in esonero totale dai dazi doganali, è solo con la vendita dei beni che, venendo meno la sospensione d’imposta, occorrerà regolarizzare l’operazione, applicando l’IVA sull’acquisto intracomunitario previa identificazione diretta o per mezzo del rappresentante fiscale da parte dell’impresa italiana.

Riguardo al trattamento IVA delle cessioni, escluse da IVA in Italia per carenza del presupposto territoriale, non è possibile utilizzare la posizione IVA accesa nello Stato membro per emettere fattura con IVA se, allo stesso tempo:

  • gli acquirenti sono soggetti d’imposta ivi stabiliti;
  • lo Stato membro ha previsto l’obbligo di reverse charge.

In questa ipotesi, è l’impresa italiana che, ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, deve emettere fattura indicando, in luogo dell’imposta, che si tratta di operazione soggetta ad “inversione contabile”, con l’eventuale indicazione della norma comunitaria o nazionale.

Ai fini INTRASTAT, per i beni movimentati nell’ambito delle suddette manifestazioni, è stato chiarito che “gli elenchi riepilogativi devono essere compilati, ai fini fiscali e statistici, solo in caso di cessione o acquisto dei beni e con riferimento al periodo di registrazione della relativa fattura” (C.M. n. 13-VII-14-464/1994, § B.15).