19 Febbraio 2016

Redditometro e efficacia espansiva del giudicato esterno

di Luigi Ferrajoli
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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 943/2016 depositata in data 20.01.2016 ha affermato che la sentenza con la quale il giudice annulla l’accertamento basato sul redditometro perché ritiene valide le giustificazioni del contribuente per una annualità ha valore di giudicato esterno per le altre annualità.

La Corte ha, quindi, accolto il ricorso di un contribuente che, avendo ricevuto un atto impositivo fondato su un accertamento sintetico del reddito complessivo, basato su incrementi patrimoniali ritenuti ingiustificati, si era difeso in giudizio invocando tra l’altro il passaggio in giudicato della sentenza con la quale in relazione ad un precedente periodo d’imposta i giudici avevano dato torno all’Amministrazione finanziaria annullando l’atto impositivo fondato sui medesimi presupposti di fatto e di diritto (incrementi patrimoniali ritenuti non giustificati in relazione al reddito complessivo dichiarato dal contribuente).

Infatti, secondo la Suprema Corte, quando due giudizi tra le medesime parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune a entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo.

Con riferimento alla materia tributaria, in particolare, tale efficacia espansiva del “giudicato esterno“, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa a un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi a una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente. Secondo la Cassazione il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato “appare coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario quale norma agendi”.

Si deve precisare che il principio della rilevanza del giudicato esterno nel giudizio tributario era già stato enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 13916/2006, secondo cui, in tema di autorità di giudicato, allorquando due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, preclude l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il “petitum” del primo.

Peraltro, in senso conforme la Cassazione si era già espressa nella sentenza della Sezione Tributaria, n. 802/2011, la quale aveva precisato che il presupposto dell’identità del rapporto giuridico oggetto dei distinti giudizi sussiste in materia tributaria quando oggetto dei due giudizi sia la medesima imposta ed identici siano i fatti su cui si basano le contestazioni fiscali anche se per periodi d’imposta differenti.      

La Corte di cassazione ha, inoltre, affermato che la produzione nel corso del giudizio di cassazione della sentenza passata in giudicato, effettuata con la memoria ex art.378 c.p.c., è del tutto rituale e legittima, in considerazione della rilevabilità d’ufficio del “giudicato esterno”, nell’ipotesi in cui lo stesso si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza oggetto di impugnazione con ricorso per cassazione. Il giudicato esterno è, infatti, un elemento che non può essere incluso nel fatto e che, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile dal momento che rappresenta la regola del caso concreto. Da ciò consegue che il suo accertamento, in quanto finalizzato ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, garantendo la stabilità della decisione e l’attuazione dei principi costituzionali del “giusto processo” e della sua “ragionevole durata”. Pertanto, la produzione della sentenza passata in giudicato nel giudizio di cassazione non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che riferendosi unicamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato.