24 Settembre 2013

Quando lo studio apprende dai propri errori

di Michele D’Agnolo
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Tra qualche giorno, quando saranno finalmente scaduti i termini per l’invio telematico delle dichiarazioni dei redditi, potremo considerare ufficialmente conclusa la campagna dei bilanci e dei dichiarativi relativi al 2012. Normalmente, la cosa che più si desidera dopo un periodo di così intenso e incessante lavoro è di archiviare definitivamente i fascicoli che hanno ingombrato le nostre scrivanie ormai per gran parte dell’anno e di dimenticare la corsa contro il tempo, fatta spesso di sabati, domeniche e lunghe nottate per riuscire a concludere tempestivamente il lavoro. Vorremmo davvero stendere un velo definitivo sulle molte volte che abbiamo dovuto riprendere lo stesso fascicolo per colpa di un legislatore sempre più indeciso e intempestivo e degli apparati amministrativi e informatici che traducono in pratica le sgangherate scelte fiscali di questo Paese sempre e soltanto in “zona Cesarini”. Purtroppo, in questo oblio necessario al conforto della nostra psiche rischiamo di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Rischiamo infatti di perdere nella catarsi del dimenticatoio un patrimonio vastissimo di conoscenze che potrebbero derivare al nostro studio proprio dall’attenta analisi di tutto ciò che durante la stagione dei bilanci e dei dichiarativi di quest’anno non è andata nel modo da noi desiderato.

Pensiamo innanzitutto a quanto rare sono le pratiche che lo studio riesce a svolgere e che sono completamente prive di problemi. Sembra diventato più facile vincere al Totocalcio che svolgere un incarico andato liscio dall’inizio la fine. Abbiamo tutti sognato di avere almeno un fascicolo nel quale il cliente è stato puntuale o e completo nella fornitura di documenti, il legislatore puntuale e preciso nella definizione degli obblighi anche di dettaglio, la software house tempestiva nella presentazione dei programmi, noi fortunati nel non essere mai interrotti nel nostro lavoro, l’invio telematico che parte al primo colpo e senza errori e così via…fino ad una parcella integralmente saldata… a vista. Troppo bello per essere vero? Non proprio.

Invero, il primo scopo di uno studio efficace ed efficiente dovrebbe essere proprio quello di puntare ad una progressiva estensione del numero di pratiche esenti da errori e fastidi di ogni tipo. Per far questo naturalmente occorre partire da un’attenta analisi e rilevazione delle non conformità. Gli addetti, già direttamente durante la campagna, possono rilevare e segnalare alla direzione dello studio tutti gli scostamenti dall’ideale nella lavorazione delle pratiche, da quelli più banali e apparentemente insignificanti a quelli invece di una certa rilevanza anche economica.

Anche negli studi che non rilevano le non conformità in corso d’anno o che non hanno procedure scritte da utilizzare come standard di riferimento può essere molto utile fare un’analisi degli avvisi bonari, per verificare quelli che eventualmente lo studio avrebbe potuto prevenire. Molti, ma non tutti sono causati da carenze dell’Agenzia delle Entrate.

La stessa cosa si può fare con le pratiche i cui invii telematici hanno riscontrato errori nella spedizione. Andando a ritroso si possono verificare eventuali trend che riguardano ad esempio un particolare quadro dei dichiarativi o un particolare addetto.

In tutti gli studi “seri” di Italia si spendono migliaia di euro l’anno per rifondere i clienti di piccole sanzioni dovute a piccoli errori e soprattutto alla perdita delle scadenze. Ore e ore di frustrante lavoro sono impiegate per rifacimenti, ravvedimenti, invio di dichiarazioni integrative e gestione dei reclami con i clienti. Questo piccolo patrimonio deve essere aggredito e tornare nel portafogli dei titolari dello studio. Con una maggiore serenità operativa per tutti gli addetti. Nessuno viene al lavoro per sbagliare.

Sovente gli studi professionali rilevano le non conformità ma le gestiscono in un’ottica di colpevolizzazione del soggetto che le ha prodotte, attribuendo invece scarsissima rilevanza all’analisi delle cause che hanno concorso alla messa in atto di una prestazione non conforme. Non serve a nulla sapere “chi è stato” e spesso la persona si sente già abbastanza colpevolizzata di suo e non ha bisogno della nostra lavata di capo. Conta invece sapere come mai è potuto accadere: mancava motivazione e attenzione, mancava formazione, mancavano controlli, mancavano dati da parte del cliente, c’erano bachi nel software, il fornitore della carta era in ritardo? Rispondere a queste domande consente allo studio di attivare appropriate azioni correttive e di stimolare tutti gli addetti ad una attenzione nei confronti della qualità tale da consentire nel tempo la diffusione di una vera e propria cultura di prevenzione delle non conformità attraverso la formulazione di apposite azioni preventive. Poi occorrerà monitorare che le azioni correttive che abbiamo messo in atto quali formazione, segnalazione ai fornitori, cambi di procedura, istituzione di controlli, siano idonee alla prevenzione di non conformità future.

La nuova checklist che abbiamo adottato ci ha protetto davvero dai rischi di sbagliare i bilanci? Il tutto con grande impatto benefico non solo sul conto economico dello studio dove errori e rifacimenti possono valere fino al 5% dei costi, ma anche sul benessere lavorativo di tutti gli addetti. Spesso si scopre che una piccola modifica alle procedure procura grandi benefici. Alle volte i controlli che sono svolti all’interno dello studio sono completamente “sfocati” rispetto alle necessità. Si guardano cose che non vengono mai sbagliate e si trascurano cose che invece finiscono per sfuggire. Altre volte i comportamenti degli addetti all’interno del singolo studio non sono allineati e non assicurano una costante qualità di lavoro. Non dimentichiamoci dunque troppo presto delle cose negative e cerchiamo di metterle a buon pro. Per dirla con Oscar Wilde, se è vero che l’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori allora ricordiamoci anche che perseverare è… diabolico.