5 Febbraio 2016

Quando la cessione d’azienda è solamente presunta

di Chiara RizzatoSandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Il legislatore tributario ha dedicato, in primis rispetto alle altre operazioni straordinarie, nel D.Lgs. 472/1997 e precisamente all’articolo 14 dello stesso, ampio spazio agli aspetti sanzionatori correlati all’effettuazione dell’operazione di cessione d’azienda. In particolare, nella circolare 180/E/1998, la quale esplica in maniera dettagliata quanto prescritto all’interno dell’articolo 14, viene affermato che: “non è indispensabile che il trasferimento dell’azienda risulti da apposito atto materiale, essendo invece sufficiente che si renda applicabile l’imposta di registro per presunzione di cessione (salvo prova contraria) desunta, ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. d) del Testo Unico approvato con D.P.R. n. 131 del 1986, dalla continuazione della stessa attività commerciale nel medesimo locale o in parte di esso, da cambiamenti nella ditta, nell’insegna o nella titolarità dell’esercizio ovvero da altre presunzioni gravi, precise e concordanti. È sufficiente pertanto che si possa applicare l’imposta di registro per presunzione di cessione, desunta, ai sensi dell’articolo 15 comma 1 lett. d) D.P.R. 131/1986:

  • dalla continuazione della stessa attività commerciale nel medesimo locale o in parte di esso;
  • da cambiamenti della ditta, nell’insegna o nella titolarità dell’esercizio;
  • da altre presunzioni gravi, precise e concordanti.

Secondo la circolare della Guardia Finanza n. 1/2008, per stabilire se l’oggetto della cessione sia o meno un’azienda, dovrà essere effettuata una valutazione in merito all’insieme dei beni ceduti, ovverosia se quest’ultimo sia idoneo allo svolgimento di un’attività imprenditoriale. Quanto considerato all’interno della circolare 180/E/1998, in relazione all’articolo 14 del D.Lgs. 472/1997, non è il solo precetto atto a creare delle perplessità nella comprensione di ciò che si potrebbe contemplare per avvalorare una presunta cessione, vi è infatti un’altra norma che si ritiene opportuno riportare, ovvero l’articolo 20 del D.P.R. 131/1986 in materia di imposta di registro. Quest’ultimo è denominato “interpretazione degli atti” e dispone che “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.

La giurisprudenza ha utilizzato la norma in alcune pronunce, ovverosia:

  • nella Ordinanza della Cassazione n. 6835 del 2013, stabilendo che i concetti privatistici relativi all’autonomia negoziale regrediscono di fronte alle esigenze antielusive poste dalla norma a semplici elementi della fattispecie tributaria, per ricostruire la quale dovrà, dunque, darsi preminenza alla causa reale e complessiva dell’operazione economica rispetto alle forme dei singoli negozi giuridici;
  • nella sentenza 9162 del 2010: “qualora siano stati stipulati, anche in tempi diversi, più atti di cessione di beni facenti parte di un’azienda, il giudice tributario di merito, per verificare se l’intenzione effettiva dei contraenti sia quella di trasferire non già il singolo bene, ma l’intero complesso aziendale o parte di esso, deve riunire tutte le cause aventi ad oggetto i contratti riguardanti i singoli beni e valutare congiuntamente le pattuizioni stipulate, anche non contestualmente, a prescindere dalla sussistenza o meno di un intento elusivo. All’esito dell’attività in questione, deve qualificare gli atti come cessione di azienda nel caso in cui i beni ceduti nella loro complessità siano potenzialmente utilizzabili per un’attività di impresa, senza che abbia rilievo alcuno né l’assenza di attualità dell’esercizio dell’impresa né la mancata cessione delle relazioni finanziarie, commerciali e personali”.

 

Pertanto, si evince che ciò che rileva non è l’accertamento di un intento elusivo facente capo alle operazioni analizzate, bensì la presenza di pattuizioni riguardanti dei beni ceduti e dai quali, intesi sempre nel loro complesso, si possa desumere un’attività di impresa, a nulla rilevando il fatto che vi sia assenza di attualità della stessa.