6 Maggio 2025

Quando in caso di cessione di un’azienda l’eventuale partecipazione può scontare il regime PEX

di Luciano Sorgato
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La scheda di FISCOPRATICO

Ricorre spesso la controversa questione se nel caso di cessione d’azienda, l’eventuale presenza di una partecipazione con i requisiti PEX possa comunque beneficiare del regime Pex o se tale speciale regime fiscale debba, invece, ritenersi sovrastato dalla particolare definizione qualificatoria dell’azienda, concorrendo, a causa di tale subordinazione, a determinare l’unitaria plusvalenza ex articolo 86, comma 2, Tuir.

In tale ultimo senso è, come noto, il principio di diritto n. 10/E/2021 dell’Amministrazione finanziaria, enunciato in continuità con la circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006. Chi scrive ritiene, invece, debba essere tenuto distinto il caso della partecipazione economicamente connessa con l’azienda ceduta, dal caso della cessione di una partecipazione del tutto estranea, invece, agli intenti imprenditoriali perseguiti con l’azienda. Per dirimere la questione appare in primis necessario inquadrare giuridicamente il bene “azienda”.

In ordine al requisito oggettivo, l’azienda deve essere intesa in piena coesione con il suo paradigma civilistico di “complesso di beni organizzato per l’esercizio dell’impresa” (articolo 2555, cod. civ.). La prerogativa giuridica dell’azienda è quella di rappresentarsi come una universitas che, pur non sopprimendo l’individualità giuridica dei beni e delle varie situazioni giuridiche che con essi s’intersecano, dispone di un proprio primato di diritto, incentrato sulla configurazione di un unitario modello organizzato di beni, tra loro coesi da rapporti di reciproca sinergia sul piano delle funzioni. Il requisito dell’organizzazione costituisce la sua fondamentale peculiarità e la dinamica funzionale di tale caratteristica consiste nel reciproco sussidio di funzioni che ogni bene esprime nei confronti ed in concorso con gli altri, attraverso l’esternazione di una complementarità di contributi operativi nell’impiego concreto dell’azienda e cioè nell’esercizio di un’impresa commerciale.

In altri termini, l’identità dell’azienda non coincide con un qualsiasi amalgama di beni, ma solo con quell’aggregazione di beni nell’ambito della quale ognuno dei beni concorre con un suo specifico ruolo di funzioni al perseguimento dell’unico scopo a cui, per chiara predestinazione legislativa, l’azienda è preposta: l’esercizio di un’impresa commerciale. Per tale motivo, i beni formanti l’azienda non possono taluni essere concepiti in uno stato di subordinazione verso altri, in una condizione più dimessa, di tipo pertinenziale, verso altri, in quanto ognuno di essi concorre con autonomia di funzioni e con la propria specializzazione di prerogative a consentire l’asservimento dell’azienda all’esercizio dell’impresa. Non solo, quindi, non costituisce azienda un coacervo di beni non evoluto nel rappresentato modello organizzato, ma dall’azienda devono considerarsi estranei anche quei beni che non prestano alcuna coesione funzionale con gli altri.

Sotto tale profilo appare, quindi, molto poco coerente che, ad esempio, un capannone, pur iscritto nel bilancio del conferente, ma dato in locazione a terzi e, quindi, ausiliario dei bisogni logistici di una struttura produttiva terza, possa essere concepito come bene dell’azienda, alla luce proprio delle esposte rappresentazioni giuridico-definitorie sulle quali appare convergere la dominate opinione dottrinale nello scrutinio civilistico dell’azienda.

Se in base alla qualificazione civilistica dell’azienda essa deve rappresentarsi come un “unitario complesso organizzato di beni, i beni ammessi a partecipare a dare concretezza all’istituto, possono essere solo quelli in ordine ai quali si rende intravedibile un effettivo concorso nella configurazione strutturale del modello, per cui un bene che non esprime tale utilità, pur rimanendo configurabile come un elemento del complessivo compendio patrimoniale e, fiscalmente, in regime d’impresa, non appare omogeneizzabile con il concetto decisamente più qualificato di azienda. Tali disquisizioni assumono particolare rilevanza in ordine, ad esempio, al regime fiscale neutro dell’operazione di conferimento, proprio in virtù della precisa lettera normativa impiegata nell’articolo 176, comma 1, Tuir, che raccorda il regime fiscale neutro al conferimento di un’azienda e non ad un qualsiasi patrimonio di beni. Un’azienda non è identificabile, si ripete, con una mera situazione patrimoniale, ma solo con un incastro di beni organizzato in vista dello scopo legislativamente prescelto e stigmatizzato nell’articolo 2555, cod. civ.: “per l’esercizio di un’impresa”.

Sulla base dell’esposto inquadramento giuridico dell’azienda, si tratta ora di accertare la correttezza fiscale dell’onnicomprensività del riferimento che appare derivare dal principio di diritto n. 10/E/2021 dell’Agenzia delle entrate, a mente del quale la partecipazione, anche se in regime PEX, deve in ogni caso uniformarsi al primato disciplinare (articolo 86, comma 2, Tuir) dell’unitaria entità patrimoniale costituita dall’azienda.

Per chi scrive, appare sicuramente più corretto circoscrivere l’ambito di riferimento dell’enunciato principio di diritto, in coesione con l’esposto inquadramento giuridico dell’azienda alla stregua di un’entità patrimonialmente organizzata, alla sola partecipazione che interagisce in modo funzionalmente coordinato con gli altri beni, prospettando precise sinergie di scopo e, quindi, di connessione economica con l’azienda.

Solo tale partecipazione appare fiscalmente corretto assoggettarla all’unitario statuto fiscale della cessione dell’azienda, mentre la partecipazione che denota e riassume il significato di mero investimento finanziario, del tutto estranea all’operatività d’impresa a cui presta ausilio l’azienda ceduta, debba invece conservare lo speciale regime PEX che, come noto, persegue l’obiettivo di evitare di incentrare due volte l’incisione fiscale sulla medesima ricchezza economica.

Se, quindi, la partecipazione in questione si raccorda ad una società con un’azione d’impresa del tutto diversa da quella cui presta ausilio strumentale l’azienda, con intenti di mercato non affini a quelli imprenditorialmente perseguiti dalla società partecipante, non appare intravedibile in essa alcuna coesione di appartenenza con il chiarito modello organizzato che l’azienda deve riassumere per acquisire tale identità di diritto. Solo se la partecipazione costituisce l’effetto riflesso di un’operatività d’impresa contigua a quella della partecipante, con l’effetto di un naturale processo di osmosi imprenditoriale o comunque di incastro ausiliario di scopo e di funzioni, allora la partecipazione si deve includerla nell’unitaria entità patrimoniale qualificata che costituisce l’azienda.