4 Settembre 2014

Quale termine per la rettificativa a favore?

di Giovanni Valcarenghi
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In prossimità del termine per la trasmissione dei modelli dichiarativi per il periodo di imposta 2013, può accadere che ci si avveda di avere commesso degli errori a proprio danno nel modello unico delle annualità precedenti; può essere il tipico caso di un intervento di recupero del patrimonio edilizio che ci si sia scordati di portare in deduzione dal reddito.

Nessun problema, è il primo pensiero; entro il prossimo 30 settembre sarà possibile inviare una dichiarazione integrativa a favore, in modo da ripristinare la correttezza e recuperare le maggiori imposte versate. Peraltro, l’eventuale credito emergente potrà essere utilizzato direttamente in compensazione su modello F24.

Ma se l’errore fosse riferito ad annualità precedenti, il meccanismo dell’invio della dichiarazione integrativa a favore è possibile, oppure è necessario ricorrere a procedure di rimborso?

Della questione si è occupata recentemente la Commissione Tributaria Regionale di Milano che, con sentenza 3087 dell’11 giugno 2014, ha affermato che in conformità alle previsioni della Legge 212/2000 ed alla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, la rettifica a favore del contribuente va consentita entro lo stesso termine quadriennale nel quale l’Ufficio può effettuare l’azione di rettifica.

La decisione è tento perentoria quanto disallineata rispetto alle indicazioni dell’Agenzia delle entrate che, contrariamente al principio sopra affermato, ha sempre sostenuto che la rettifica a favore della dichiarazione possa avvenire solo entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva. Diversamente, ove tale termine fosse già spirato, il contribuente avrebbe sempre il diritto alla rettifica, ma lo strumento da utilizzare diverrebbe quello della istanza di rimborso (quindi, richiesta all’Ufficio, attesa dei 90 giorni ed attivazione del contenzioso).

La posizione delle Entrate, probabilmente, era frutto di un ragionamento legato al termine di decadenza degli accertamenti; infatti, ove allo scadere del 31 dicembre del 4° anno successivo alla trasmissione dell’originario modello, il contribuente avesse inviato una correttiva a proprio favore (ipotizziamo anche del tutto infondata), avrebbe contestualmente acquisito la certezza di non poter subire alcun controllo, vedendosi cristallizzare il risultato di maggior favore.

Per evitare tale conseguenza non tollerabile, l’Agenzia, dunque, aveva differenziato la modalità della richiesta: automatica nel termine breve, mediata dall’Ufficio nel termine lungo. Di tale differenziazione, tuttavia, non si rinviene traccia dal tenore del DPR 322/1998.

Ecco perché la citata CTR ha semplicemente avallato il comportamento del contribuente che, si badi bene, ha provveduto alla rettifica a proprio favore solo dopo che i controlli automatizzati del periodo successivo avevano rilevato delle difformità nel riporto del credito. Si tratta, in sostanza, di una rettificativa “stimolata” dalla contestazione dell’Ufficio; tale circostanza, poiché non si parla di ravvedimento operoso ma di correzione a favore, non ha alcuna influenza negativa sul comportamento posto in essere che ha l’unica finalità di provvedere a ristabilire la corretta situazione.

Tutto tranquillo, dunque? Purtroppo non è così, se si considera che la Cassazione, con sentenza 14294 del 24/06/2014 ha affermato l’esatto opposto della Regionale in commento, sostenendo l’esistenza del termine annuale per la rettifica “automatica” a proprio favore.

Tanto per cambiare si tratta di un bel pasticcio all’italiana, che potrebbe essere risolto solo confermando che, in caso di integrativa, il termine quadriennale per i controlli decorre dalla data di invio del modello sostitutivo e non di quello originale. Resterebbe, invece, insoluta la questione della liquidazione automatica che, per il numero esiguo di posizioni, potrebbe essere aggirata con un controllo “fuori sistema” di tipo non automatizzato.