25 Agosto 2016

La prova delle cessioni intracomunitarie

di Marco Peirolo
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Come si evince dall’art. 131 della Direttiva n. 2006/112/CE, la normativa comunitaria non definisce la forma e la tipologia della prova idonea a dimostrare l’avvenuto trasporto dei beni nel territorio di altro Stato membro, lasciando che siano gli Stati membri a stabilire quali siano i mezzi di prova idonei a dimostrare l’effettiva sussistenza di una cessione intracomunitaria, nel rispetto dei principi di neutralità dell’imposta, certezza del diritto e proporzionalità delle misure adottate.

L’assenza, nei confronti del cedente, di specifici obblighi procedurali relativi al trasferimento dei beni nello Stato membro di destinazione è collegato al principio della libera circolazione dei beni nel territorio comunitario. Dato, tuttavia, che la disciplina in materia di IVA considera imponibile la generalità delle operazioni, le disposizioni riguardanti le cessioni intracomunitarie devono essere interpretate restrittivamente in quanto si riferiscono a fattispecie esenti e spetta al cedente, cioè a colui che applica in fattura il titolo di esenzione, provare l’esistenza dei relativi presupposti (Corte di giustizia, 27 settembre 2007, causa C-409/04 e Id., 6 settembre 2012, causa C-273/11).

In particolare, è necessario che “il diritto di disporre del bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente e che il fornitore abbia provato che tale bene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione” (Corte di giustizia, 27 settembre 2007, causa C-409/04). Ai fini dell’esenzione della cessione, non assume rilevanza la circostanza che il trasporto del bene avvenga entro un termine preciso e ciò per evitare la possibilità di scegliere il luogo impositivo dell’operazione, a seconda delle condizioni ritenute più favorevoli (Corte di giustizia, 18 novembre 2010, causa C-84/09).

La normativa IVA italiana nulla dispone in merito ai documenti che il cedente deve conservare e, se del caso, esibire per provare l’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro. L’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993 si limita, infatti, a prevedere che costituiscono cessioni intracomunitarie, non imponibili ai fini IVA, “le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni (…), non soggetti passivi d’imposta”.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 345 del 28 novembre 2007, ha precisato che il documento di trasporto è idoneo a dimostrare l’uscita dei beni dal territorio dello Stato, indicando inoltre l’obbligo del cedente di conservare, oltre agli elenchi INTRASTAT e alle fatture, la documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate e la copia di tutti gli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione e al trasporto dei beni in altro Stato membro.

Con le successive risoluzioni n. 477 del 15 dicembre 2008 e n. 123 del 6 maggio 2009, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che la prova del trasporto all’estero possa essere fornita, tra l’altro, dalla lettera di vettura indicante il luogo di partenza nel territorio dello Stato e il luogo di destinazione nello Stato membro di arrivo dei beni, senza richiedere l’attestazione del cessionario dell’arrivo dei beni nello Stato comunitario di destinazione. In ogni caso, la prova della cessione intracomunitaria deve intendersi costituita da tutta la documentazione relativa all’operazione, in quanto la sottoscrizione “per ricevuta” del documento di trasporto, al pari della dichiarazione di ricezione dei beni resa dal cessionario, rappresenta soltanto un dato formale, non idoneo ad escludere eventuali ipotesi di evasione.

Nelle cessioni intracomunitarie con resa “EXW” (Franco fabbrica), cioè con trasporto a cura del cessionario non residente, il cedente nazionale dovrebbe limitarsi ad effettuare una valutazione in buona fede dell’attendibilità del cessionario e della documentazione prodotta al momento della consegna (es. numero identificativo IVA comunicato dal cessionario ai sensi dell’art. 50, comma 1, del D.L. n. 331/1993 e dichiarazione dell’intenzione di trasportare i beni in altro Stato membro). Nonostante le indicazioni rese dalla giurisprudenza comunitaria sulla responsabilità del cessionario che non adempia ai propri obblighi contrattuali, l’Amministrazione finanziaria considera in ogni caso responsabile il cedente nazionale che non abbia acquisito la prova del trasporto dei beni nel Paese comunitario di destinazione.

La risoluzione n. 477/E/2008 ha affrontato lo specifico caso relativo alle cessioni “franco fabbrica”, nelle quali il cedente si limita a consegnare i beni al vettore incaricato dal cessionario e molto difficilmente riesce ad ottenere da quest’ultimo una copia del documento di trasporto controfirmata dal destinatario “per ricevuta”.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, il riferimento al suddetto documento, contenuto nella risoluzione n. 345/E/2007, ha carattere meramente esemplificativo, con la conseguenza che, “nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro”.

Tale principio è stato ribadito dalla risoluzione n. 71 del 24 luglio 2014, con la quale è stato precisato, in riferimento alla cessione di un’imbarcazione a favore di un acquirente francese, che la prova del trasferimento intracomunitario può essere validamente fornita esibendo:

  • la fattura di vendita dell’imbarcazione;
  • la documentazione bancaria dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione all’operazione effettuata;
  • i contratti attestanti gli impegni intrapresi tra le parti che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria;
  • la documentazione commerciale che attesti il passaggio di proprietà tra cedente e cessionario;
  • il documento da cui risulti la cancellazione da parte del cedente dell’imbarcazione dal registro italiano;
  • il documento da cui risulti l’avvenuta iscrizione dell’imbarcazione nel registro francese;
  • l’elenco riepilogativo delle operazioni intracomunitarie (modello INTRASTAT).

Considerata, inoltre, la natura del bene (imbarcazione) e la circostanza che lo stesso viene trasportato dal cessionario, l’Agenzia ha precisato che, “in aggiunta alla documentazione sopra elencata e in sostituzione del documento di trasporto, occorre fornire anche una dichiarazione da parte del cessionario – corredata da idonea documentazione – (ad esempio il contratto di ormeggio stipulato con il porto di destinazione), che attesti di avere condotto l’imbarcazione da un porto italiano ad un porto francese”.

È stata, pertanto, confermata la posizione già sostenuta dall’Agenzia delle Entrate con la nota prot. n. 2010/141933, ossia che, nelle cessioni “franco fabbrica”, può “essere accettata, quale prova della cessione intracomunitaria, una documentazione costituita da una dichiarazione inviata dalla controparte contrattuale destinataria della merce che attesti che la stessa è effettivamente pervenuta a destinazione nell’altro Stato membro”.

In pratica, in assenza della lettera di vettura firmata dal cessionario non residente, è possibile produrre un documento, sottoscritto dal medesimo soggetto, che attesti la ricezione dei beni e che si considera idoneo a provare la cessione intracomunitaria unitamente all’ulteriore documentazione relativa all’operazione posta in essere.

Sul punto, la Commissione Tributaria Regionale di Torino, in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, secondo cui la prova del trasporto può essere acquisita in qualsiasi momento (sent. 27 settembre 2007, causa C-146/05), ha stabilito che la prova della movimentazione dei beni s’intende validamente fornita anche se la predetta dichiarazione è successiva al perfezionamento dell’operazione di cessione (sent. 7 maggio 2014, n. 629/24/14). In considerazione del contenuto della risoluzione n. 19 del 25 marzo 2013, è comunque opportuno che le prove dell’avvenuto trasporto intracomunitario dei beni siano acquisite “senza indugio”, non “appena la prassi commerciale lo renda possibile” e conservate fino al termine di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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