2 Ottobre 2020

Proposte di lettura da parte di un bibliofilo cronico

di Andrea Valiotto
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Una buona economia per tempi difficili

Abhijit V. Banerjee ed Esther Duflo

Laterza

Prezzo – 24,00

Pagine – 472


Abbiamo scritto questo libro per aggrapparci alla speranza. Per riepilogare la storia di quello che è andato storto e perché è andato storto, ma anche per ricordarci di tutto quello che è andato per il verso giusto. Un libro che parla sia dei problemi sia di quello che possiamo fare per rimettere insieme il nostro mondo, se riusciremo a fare una diagnosi onesta. Un libro che racconta dove ha fallito la politica economica, dove ci siamo fatti accecare dall’ideologia, dove non siamo riusciti a vedere delle cose ovvie: ma anche un libro che racconta dove e perché la buona economia è utile, soprattutto nel mondo di oggi. Alla fine abbiamo deciso di buttarci, in parte perché eravamo stufi di starcene in disparte a guardare il dibattito pubblico su questioni economiche fondamentali – immigrazione, commerci, crescita, disuguaglianza, ambiente – che partiva sempre più per la tangente. Ma anche perché, man mano che ci ragionavamo sopra, ci rendevamo conto che i problemi che devono fronteggiare i paesi ricchi nel mondo spesso, in realtà, sono inquietantemente simili a quelli che siamo abituati a studiare nei paesi in via di sviluppo: persone lasciate indietro dallo sviluppo, esplosione della disuguaglianza, mancanza di fiducia nello Stato, spaccature sociali e politiche e così via. Abbiamo imparato molto scrivendo questo libro, e questo ci ha dato fiducia nella cosa che come economisti abbiamo imparato a fare meglio, cioè concentrarci ostinatamente sui dati reali, diffidare delle risposte superficiali e delle soluzioni miracolose, affrontare con umiltà e onestà le cose che non capiamo ed essere pronti – forse la cosa più importante di tutte – a sperimentare idee e soluzioni e a sbagliarci, se questo serve ad avvicinarci allo scopo ultimo di costruire un mondo più umano.

 

Conferenze e discorsi (1937-1958)

Albert Camus

Bompiani

Prezzo – 22,00

Pagine – 352


Trentaquattro discorsi pubblici pronunciati da Albert Camus dal 1937 al 1958 e raccolti per la prima volta in volume. Di intervento in intervento lo scrittore descrive e affronta quella che definisce la “crisi dell’uomo”, si sforza di restituire voce e dignità a coloro che ne sono stati privati da mezzo secolo di rumore e rabbia. Sono discorsi pieni di un profondo senso di civiltà. Per Albert Camus, infatti, quella di uomo è una professione, ritagliata su misura per ogni individuo, che consiste nell’opporsi al male del mondo per diminuirne la sofferenza. E lo scrittore non può sottrarsi a questo compito, né a questo onore: “Preferisco uomini impegnati a letterature impegnate” scrive Camus nei suoi Taccuini. “Il coraggio nella vita e il talento nelle opere non sono poi così male.” È sottile il distinguo fra cultura e civiltà, ma è sulla seconda, unita al sentimento fraterno, che gli uomini devono poter contare per vincere l’eterna lotta contro il loro destino.

 

Salire in montagna

Luca Mercalli

Einaudi

Prezzo – 17,50

Pagine – 208


Perché investire denaro ed energie nella ristrutturazione di una vecchia e scomoda baita nel cuore delle Alpi Cozie? Questo è il racconto di una migrazione verticale, con i suoi successi e i suoi ostacoli, per fuggire il riscaldamento globale che rende sempre piú roventi le estati nelle città. Le montagne, con la loro frescura, sono a due passi e offrono nuove possibilità di essere riabitate; e ciò attraverso il recupero di borgate abbandonate con tecniche di bioedilizia rispettose del paesaggio ma all’altezza delle necessità di agio e di connettività per poterci vivere e lavorare. Per salvarci dall’emergenza climatica e ridare spazio alla contemplazione di ciò che resta della natura. Mercalli affronta, con questo libro molto personale, il tema del riscaldamento climatico attraverso una narrazione in prima persona che racconta la propria esperienza del «salire in montagna»: il tentativo di persuadere della necessità di un cambiamento della nostra esistenza, attraverso una vicenda esemplare.

 

Wolf Hall

Hilary Mantell

Fazi

Prezzo – 16,50

Pagine – 780


Thomas Cromwell era il figlio di un fabbro di Putney. Un uomo capace di redigere un contratto e addestrare un falco, di disegnare una mappa e sedare una rissa, di arredare una casa e corrompere una giuria. Architetto machiavellico del regno di Enrico VIII e artefice dei destini della dinastia dei Tudor, il protagonista del pluripremiato romanzo di Hilary Mantel emerge qui in tutta la sua contraddittoria umanità. Cromwell venuto dal nulla, dedito ai mestieri più disparati – mercenario in Francia, banchiere a Firenze, commerciante di tessuti ad Anversa – in virtù delle sole doti intellettuali; Cromwell, di cui il re si servirà per ottenere il divorzio da Caterina d’Aragona e sposare Anna Bolena, dando così un nuovo corso alla storia della Chiesa inglese. Hilary Mantel ci dà un ritratto dell’Inghilterra dei Tudor nel quale il fascino di un’epoca lontana conosce uno splendore rinnovato che, pur senza tradire la cronaca degli eventi, nulla ha in comune con la polverosa distanza di una remota pagina di storia: perché in Wolf Hall riusciamo a sentire l’odore acre della lana impregnata dalla pioggia e della terra sotto i piedi, il rilievo delle ossa sotto la pelle, il solco lasciato dai carri nel fango, il fruscio dei topi nei materassi. La pregnanza della scrittura di un’autrice già celeberrima in patria, che dà ora voce e sostanza al suo capolavoro, dilaga in una decodifica ironica e precisa della corte inglese: fino a mostrarne l’ossatura segreta, a ribaltarne le prospettive e il canone. E a regalarci un affresco storico straordinario.

 

Il veliero sul tetto

Paolo Rumiz

Feltrinelli

Prezzo – 13,00

Pagine – 128


Nel vuoto della quarantena, la bora pulisce l’aria, il mondo è sfebbrato, respira. La casa miagola, geme, rimbomba come un pianoforte pieno di vento mentre la città stessa vibra come un sismografo su linee di faglia. E un mattino Rumiz sale per una botola fin sul tetto, che diventa il suo veliero. Lì il suo sguardo si fa aeronautico, gli spalanca la visione della catastrofe e allo stesso tempo del potenziale di intelligenza e solidarietà che può ancora evitarla. Gli svela un’Europa col fiato sospeso, dai villaggi irlandesi alle isole estreme delle Cicladi, dalle valli più segrete dei Carpazi al lento fluire della Neva a Pietroburgo. Milioni di persone che vegliano, incerte sul loro futuro. Gli affetti veri sono resi più vicini dalla forzata lontananza, e si scrive a chi si ama come soldati in trincea, mentre il virus accelera la presa d’atto di un processo che obbliga a riprogettare il proprio ruolo di cittadini in un mondo diverso. Della clausura Paolo Rumiz tiene un diario che entra sotto la pelle della cronaca, per restituirci il cuore di una grande mutazione, al termine della quale non saremo più gli stessi. “Quando tutto sarà finito, dovremo affrontare sfide immani, ma con la nostra presenza in carne e ossa, dando contenuti umani alla politica che è stata svuotata da interessi più grandi di noi. Esserci, con il corpo.”

Saprò tornare alla normalità?

Oppure è la normalità il problema?