21 Maggio 2020

Professionisti con Cassa esclusi dal contributo a fondo perduto

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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I professionisti iscritti alle Casse di previdenza private sono esclusi dal contributo a fondo perduto previsto dall’articolo 25 D.L. 34/2020 (cd. Decreto “Rilancio”). Rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi, nella versione definitiva è stata inserita l’esclusione dei predetti soggetti, nonché di coloro che abbiano diritto alle indennità già previste dagli articoli 27 e 38 del D.L. 18/2020.

Ma andiamo con ordine, ricordando, in primo luogo, che i soggetti aventi diritto alla richiesta del contributo a fondo perduto sono tutti i soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo (nonché coloro che producono reddito agrario) titolari di partita Iva.

Non assume quindi rilievo la forma giuridica (imprese individuali, società di persone e di capitali, società tra professionisti e società semplici per lo svolgimento di attività di lavoro autonomo) né il regime contabile adottato (contabilità ordinaria o semplificata). Rientrano pertanto anche i contribuenti in regime forfettario e coloro che adottano il regime dei minimi.

Sono tuttavia esclusi coloro che hanno cessato l’attività alla data di presentazione dell’istanza (a tal proposito, si sottolinea che, per conoscere le modalità operative di presentazione dell’istanza è necessario attendere il decreto attuativo), nonché i lavoratori autonomi e quelli dello spettacolo che hanno diritto alle indennità previste dal Decreto Cura Italia (non sono invece esclusi i soggetti iscritti alle gestioni Ago con diritto all’indennità di cui all’articolo 28 D.L. 18/2020).

Sul punto, come già anticipato, la versione definitiva del Decreto ha aggiunto alla lista degli esclusi i lavoratori dipendenti ed i professionisti iscritti alle Casse di previdenza, e ciò a prescindere dalla possibilità di accedere all’indennità prevista dal D.L. 18/2020.

Quest’ultima, peraltro, è condizionata al mancato superamento di un parametro reddituale (50.000 euro) non particolarmente elevato. Ne consegue che la maggior parte dei professionisti ordinistici rimarranno a bocca asciutta nonostante il calo del fatturato sofferto in questo periodo.

Una volta verificato il requisito soggettivo, è previsto che il contributo a fondo perduto sia accessibile in presenza di un volume di ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019, con l’ulteriore condizione “quantitativa” che l’ammontare del fatturato o dei corrispettivi realizzati nel mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi del fatturato o dei corrispettivi dello stesso mese del 2019 (il decremento del fatturato non è richiesto per coloro che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 o che hanno la sede legale in una delle cd. zone rosse).

Si osserva che, mentre ai fini della verifica del parametro dei 5 milioni (del 2019), è necessario aver riguardo ai ricavi od ai compensi, per la verifica del decremento si ha riguardo al fatturato o ai corrispettivi (in tal senso è possibile rinviare ai chiarimenti della circolare 9/E/2020 con cui è stato precisato che si deve far riferimento alle operazioni effettuate a norma dell’articolo 6 D.P.R. 633/1972).

L’ammontare del contributo è variabile, con diverse percentuali che vanno da un minimo del 10% ad un massimo del 20% da applicarsi al decremento del fatturato, in funzione del volume di ricavi e compensi realizzati nel 2019 (fino ad euro 400.000, nella forbice compresa tra 400.001 e 1.000.000 e nella forbice tra 1.000.001 e 5.000.000), fermo restando il riconosciuto di un contributo minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per gli altri soggetti.

Ai fini reddituali, il comma 6 stabilisce che il contributo a fondo perduto non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi (Irpef ed Ires) nonché del valore della produzione Irap.

Infine, come già anticipato, per potersi vedere riconosciuto il contributo a fondo perduto è necessario presentare un’istanza in via telematica all’Agenzia delle entrate entro 60 giorni dalla data di avvio della procedura telematica che dovrà essere definita da un apposito provvedimento direttoriale.