16 Febbraio 2017

Principio di unicità soggettiva per il gruppo Iva

di Marco Peirolo
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Nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, di cui alla L. 23/2014, al Governo è stato devoluto il compito di riesaminare la disciplina dell’Iva di gruppo.

La revisione proposta nell’ambito della riforma fiscale è volta all’attuazione del principio di unicità soggettiva previsto dalla normativa unionale, in quanto l’attuale sistema – regolato dall’articolo 73, comma 3, del D.P.R. 633/1972 e dal D.M. 13 dicembre 1979 – è caratterizzato dal mantenimento della soggettività passiva delle singole società facenti parte del gruppo.

In esito all’ordinanza della Corte di Cassazione n. 5503/2007, la Corte di giustizia, nel caso Ampliscientifica e Amplifin (causa C-162/07), si è espressa sulla legittimità della disciplina dell’Iva di gruppo, affermando che il regime del gruppo Iva presuppone necessariamente, qualora uno Stato membro ne faccia applicazione, che, per effetto della normativa nazionale di trasposizione, il soggetto passivo sia unico e che al gruppo sia assegnato un unico numero di partita Iva. L’articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE, di “ricasting” dell’articolo 4, par. 4, dell’abrogata VI Direttiva CEE, dispone infatti che, previa consultazione del Comitato Iva, ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.

In Italia, invece, la disciplina in esame è stata recepita in termini diversi; in particolare, senza dare luogo ad una vera e propria unificazione soggettiva delle società facenti parte del gruppo, ma attuando comunque una deroga, sia pure parziale, ai princìpi in materia di soggettività d’imposta, attraverso la previsione di una procedura unificata di compensazione e di versamento del tributo (risoluzione AdE 347/E/2002).

Dando attuazione al principio espresso dalla L. 23/2014, che ha delegato il Governo a realizzare una riforma del sistema fiscale improntata a criteri di maggiore equità e trasparenza e orientata alla crescita, i commi 2431 dell’articolo 1 della L. 232/2016 (legge di Bilancio 2017) hanno istituito nel D.P.R. 633/1972 la disciplina del gruppo Iva mediante l’introduzione del nuovo Titolo V-bis, che comprende gli articoli da 70-bis a 70-duodecies.

La novellata disciplina, applicabile a partire dal 1° gennaio 2018 e con concreta operatività dal 2019, deve essere interpretata alla luce delle indicazioni fornite in materia dalla Corte di giustizia e delle osservazioni formulate dalla Commissione europea nella comunicazione COM(2009)325 del 2 luglio 2009, in cui vengono fornite agli Stati membri le linee guida per recepire le disposizioni dell’articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE rispettando i princìpi fondamentali del sistema comunitario dell’Iva.

Su specifici aspetti, come quello riguardante il profilo soggettivo della disciplina dell’Iva di gruppo, le indicazioni della Corte e della Commissione non sono del tutto allineate.

In merito ai requisiti per la costituzione del gruppo Iva, l’articolo 70-bis del D.P.R. 633/1972 specifica che possono avvalersi del nuovo regime i soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato esercenti attività d’impresa, arte o professione, per i quali ricorrano congiuntamente i vincoli finanziario, economico e organizzativo di cui al successivo articolo 70-ter.

La Relazione illustrativa ha precisato che non possono partecipare al gruppo Iva i soggetti che non esercitano un’attività d’impresa, arte o professione, anche se identificati ai fini dell’imposta. È il caso degli enti non commerciali non soggetti passivi Iva, di cui all’articolo 4, comma 4, del D.P.R. 633/1972, ai quali sia attribuito il numero di partita Iva per effetto del superamento del limite annuo di acquisti di provenienza intracomunitario previsto dall’articolo 38, comma 5, lettera c), del D.L. 331/1993, pari a 10.000 euro.

La limitazione dell’adesione al gruppo Iva riferita ai soggetti passivi è in linea con l’interpretazione dell’articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE fornita dalla Commissione europea, ma non con quella della giurisprudenza della Corte di giustizia.

Riguardo alla nozione di “persone”, di cui all’articolo 11, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE, la Commissione intende riferirsi a coloro che soddisfano i criteri per essere soggetti passivi ai fini dell’Iva. Cosicché un’entità che non sia un soggetto passivo, o perché non soddisfa la definizione di cui all’articolo 9, par. 1, o perché è un ente pubblico che agisce nelle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 13, par. 1, non può essere membro di un gruppo Iva. I giudici comunitari, invece, hanno affermato che il gruppo Iva si applica anche ai soggetti non passivi d’imposta, tenuto conto non solo del tenore letterale del dato normativo, ma anche della sua collocazione sistematica nell’ambito del Titolo III della Direttiva 2006/112/CE e degli obiettivi perseguiti dal regime in esame (causa C-109/11, Commissione/Repubblica ceca; causa C-95/11, Commissione/Danimarca; causa C-86/11, Commissione/Regno Unito; causa C-65/11, Commissione/Paesi Bassi; causa C-74/11, Commissione/Finlandia; causa C-85/11, Commissione/Irlanda).

Occorre poi rilevare che l’articolo 70-quinquies del D.P.R. 633/1972, nel regolare gli effetti che scaturiscono dalla costituzione del gruppo Iva sulle operazioni poste in essere dai partecipanti, non definisce la portata applicativa della sentenza Skandia America (causa C-7/13), relativa ai rapporti tra casa madre e stabile organizzazione appartenente al gruppo Iva. Cionondimeno, è dato rilevare che il principio dell’unitarietà giuridica della stabile organizzazione rispetto alla casa madre, consacrato dalla sentenza FCE Bank (causa C-210/04), deve intendersi derogato quando la stabile organizzazione o la casa madre fanno parte di un gruppo Iva. Ne discende che se, per esempio, la stabile organizzazione fa parte di un gruppo Iva, la casa madre deve assoggettare ad imposta le prestazioni di servizi rese nei suoi confronti, come statuito dai giudici europei.

Infine, per ciò che riguarda la disciplina dell’Iva di gruppo, si dà conto che, con comunicato stampa pubblicato lo scorso 10 febbraio, l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che, per il 2017, è ancora possibile comunicare l’opzione per la liquidazione dell’Iva di gruppo inviando l’apposito modello già utilizzato in passato (modello Iva 26), in alternativa alla previsione introdotta dalle legge di Bilancio 2017, secondo cui la scelta per la liquidazione dell’Iva di gruppo va comunicata nella dichiarazione annuale Iva presentata nell’anno solare a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione (quadro VG).

La dichiarazione IVA e le novità normative ed interpretative