23 Novembre 2015

Prezzo-valore: un regime che favorisce le compravendite immobiliari

di Luca Caramaschi
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Con la legge Finanziaria per l’anno 2006 (la L. 266/05) il legislatore ha introdotto una specifica disciplina riguardante la tassazione ai fini dell’imposta di registro degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari, volta a far emergere i valori reali degli immobili oggetto di cessione.

Tali disposizioni, derogatorie della disciplina di cui all’articolo 43 del TUR (DPR 131/86) e qualificate con il nome di regime del “prezzo-valore”, si applicano, in origine, alle sole cessioni di immobili avvenute a titolo oneroso:

  • tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali;
  • aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze.

Sotto il profilo soggettivo la successiva legge Finanziaria per l’anno 2007 realizza un deciso ampliamento delle fattispecie che rientrano nel citato regime del “prezzo-valore”, estendendolo a tutte le compravendite soggette ad imposta di registro che vedono una persona fisica (non imprenditore né professionista) nella veste di acquirente. In pratica, a seguito delle modifiche da ultimo richiamate, rientrano in tale regime anche:

  • le cessioni di immobili abitativi da parte di soggetti non persone fisiche che non possiedono una partita Iva (società semplici, associazioni, fondazioni, ecc.);
  • le cessioni di immobili abitativi effettuate da soggetti passivi ai fini IVA in regime di esenzione: in pratica, riprendendo la disciplina contenuta nel punto 8-bis dell’articolo 10 del DPR 633/72 così come introdotta dal DL 223/06 a partire dal 4 luglio 2006 (tutte le imprese non costruttrici e quelle che, pur costruttrici, cedono l’immobile decorsi i cinque anni dalla ultimazione dei lavori di costruzione e che – alla luce delle modifiche apportate dal DL 83/2012 con effetto dal 26 giugno 2012 –  non hanno effettuato l’opzione per il regime di imponibilità).

Per tali operazioni, all’atto della cessione, la parte acquirente può richiedere (è importante evidenziare che trattasi di una facoltà e non di un obbligo), con dichiarazione resa al notaio e recepita nell’atto, che la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, in deroga al disposto del citato articolo 43 del TUR, sia costituita dal valore catastale dell’immobile, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. In altri termini, il corrispettivo pattuito esposto nell’atto diventa irrilevante sotto il profilo della tassazione, poiché le imposte di registro, ipotecarie e catastali, sono liquidate sul valore catastale.

I contribuenti che si avvalgono delle predette disposizioni sono esclusi dai controlli che l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di Finanza sono incaricate di effettuare in tema di vendite immobiliari. Nei loro confronti non troveranno applicazione, né l’accertamento ai fini delle imposte dirette ai sensi dell’articolo 38 comma 3 DPR 600/73, né l’accertamento di maggior valore ai fini dell’imposta di registro ai sensi dell’articolo 52 comma 1 DPR 131/86. Infine, qualora la parte acquirente si avvalga della facoltà di cui si è detto, è previsto che gli onorari notarili – da calcolarsi sul valore indicato in atto – vengano ridotti del 20 per cento.

Descritta brevemente quella che può senz’altro definirsi un’agevolazione, andiamo ora a vedere i chiarimenti che l’Amministrazione finanziaria nonché la giurisprudenza hanno fornito al fine di estenderne l’ambito di applicazione. Ciò anche alla luce di un recente contributo dottrinale emanato dal Consiglio Nazionale del Notariato (lo Studio 133-2015/T approvato in data 11/9/2015 e rubricato “Analisi ed interpretazione evolutiva della regola prezzo-valore: dalla forma alla sostanza”).

Dal punto di vista oggettivo, particolarmente interessante appare la pronuncia fornita dalla CTP di Treviso nella sentenza n.74/4/12 del 13/9/2012 con la quale si afferma che il regime del “prezzo-valore” può trovare applicazione, in presenza delle condizioni di legge, anche alla cessione separata di pertinenze, sebbene l’abitazione principale non abbia, al momento dell’acquisto, usufruito del medesimo beneficio. Precisa la Commissione che la norma “nulla dice in relazione al regime fiscale storico del bene principale” limitandosi infatti la norma a prevedere l’agevolazione anche in capo alle “relative pertinenze” dell’immobile abitativo.

Sempre in tema di pertinenze, peraltro, l’Amministrazione finanziaria con la RM 149/E del 11.4.2008 ha riconosciuto l’applicabilità del regime del prezzo-valore anche per l’acquisto di terreni agricoli destinati al servizio di fabbricati abitativi. Che le pertinenze non siano rappresentate solo dagli immobili classificati nelle categorie C/2, C/6 e C/7, anche ai fini dell’applicazione dell’agevolazione prima casa, lo ha ribadito anche la quinta sezione della Corte di Cassazione che con la sentenza n.6259 del 13.3.2013 ha affermato che “il tenore letterale della norme contenute nel testo unico sull’imposta di registro, consente di ritenere che l’ultimo inciso serva a ricomprendere tra le varie pertinenze, sulla base della nozione civilistica di pertinenze dell’immobile, di cui all’art. 817 cc, ai fini fiscali, anche le unità immobiliari ivi specificate, senza alcuna esclusione della categoria generale”. La sentenza peraltro conforta anche l’interpretazione già espressa dal Consiglio Nazionale del Notariato secondo la quale la limitazione quantitativa non pare sussistere invece per altre pertinenze quali ad esempio, i cortili o i lastrici solari.

Su un tema, invece, l’Amministrazione finanziaria ha sempre mantenuto una certa rigidità: l’impossibilità di richiedere l’applicazione del meccanismo del prezzo-valore con un atto integrativo. È con la RM n.145/E del 9/6/2009, infatti, che l’Agenzia delle entrate ribadisce l’inammissibilità di un tale atto, successivo rispetto alla cessione già sottoposta a registrazione, a motivo della formulazione letterale della norma, della sua finalità di far emergere i valori reali sottesi alla contrattazione immobiliare e, non ultima, della garanzia dei rapporti di buona fede tra Amministrazione stessa e contribuente. Ammettere l’atto integrativo significherebbe, secondo il giudizio dell’Agenzia, introdurre un ostacolo all’ordinario esercizio del potere di accertamento dei valori relativi ai beni trasferiti, che ad essa amministrazione compete. Su tale ultima argomentazione particolarmente interessanti paiono le considerazioni espresse dal Notariato con il recente Studio 133/2015-T nel quale si osserva che non si vede perché non possa essere ritenuto plausibile un eventuale atto integrativo prima che l’Amministrazione finanziaria non abbia notificato alcun atto del procedimento di accertamento sul valore dei beni oggetto di negoziazione immobiliare. Né deve ritenersi d’impedimento, secondo il Notariato, che la dichiarazione di volersi avvalere del metodo di forfetizzazione in parola sia resa in un momento successivo alla cessione immobiliare (circostanza, questa, apprezzata anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 6/2014, con la quale il giudice delle leggi – ribaltando la rigida posizione espressa dall’Amministrazione finanziaria sul punto (si veda in particolare la RM 141/E del 21.6.2007) – ha esteso il sistema facoltativo del prezzo-valore anche ai trasferimenti di immobili abitativi che avvengono in sede di espropriazione forzata).

Va comunque segnalato che anche in passato la stessa Agenzia delle entrate, con risposta a un interpello datata 15 luglio 2013, aveva operato una distinzione, ora divenuta ininfluente alla luce della pronuncia della Corte, tra aste bandite da enti pubblici e aste bandite da privati, ammettendo quest’ultime all’applicazione del regime del prezzo-valore.

Altra pronuncia favorevole ai contribuenti è contenuta nella RM n.176/E del 9/6/2009 nella quale l’Agenzia delle entrate afferma che l’erronea indicazione del valore catastale dell’immobile nell’atto di compravendita non pregiudica l’applicazione del meccanismo del prezzo-valore, dovendosi in questi casi l’Ufficio limitarsi a quantificare le maggiori imposte dovute sulla base imponibile catastale correttamente determinata e non potendo quindi esercitare l’azione accertatrice basandosi sul valore venale. Valorizzando la possibilità dell’Agenzia di intervenire in sede accertativa per calcolare l’eventuale maggior imposta dovuta, lo Studio del Notariato n.133/2015-T ritiene inoltre plausibile la richiesta di applicazione del meccanismo del prezzo-valore anche in relazione ad immobili in corso di costruzione classificati nella categoria catastale fittizia “F” (sforniti, quindi, della relativa rendita catastale) o in corso di ristrutturazione o di recupero (e, quindi, forniti di rendita che certamente non sarà in linea con quella assegnata alla conclusione dei lavori).

Infine, sempre nell’ottica di estendere l’agevolazione, anche al fine di dare impulso alle compravendite immobiliari, il citato Studio propone di applicare il meccanismo del prezzo-valore anche a tutti gli atti dell’autorità giudiziaria produttivi di effetti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di cui all’articolo 37 del TUR, così come per gli atti posti in essere con amministrazioni dello Stato, soggetti alle regole di cui all’articolo 45 del citato TUR.