13 Febbraio 2020

Prescrizione del reato e confisca

di Luigi Ferrajoli
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Il tema della confisca, in ambito penale, è di grande interesse, in quanto la giurisprudenza più recente si è interrogata sul destino dei beni colpiti da tale misura una volta che sia stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.

In particolare, risulta di fondamentale importanza la qualificazione della confisca stessa, ossia individuare se si tratti di diretta o per equivalente.

Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 240, comma 1, c.p., “nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”. Inoltre, a mente del secondo comma dello stesso articolo, è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato.

L’articolo 322 ter c.p. stabilisce altresì che “nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell’articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Secondo consolidata giurisprudenza, il Giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, a norma dell’articolo 240 c.p., comma 2, n. 1, la confisca del prezzo e, ai sensi dell’articolo 322 ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato “a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio” (cfr. Cass. Pen., SS.UU., sent. n. 31617/2015).

La Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la recente sentenza n. 383 del 21.11.2019 ha confermato che, ai sensi della richiamata sentenza delle Sezioni Unite, “il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto”.

Nel caso di specie, il Giudice di legittimità ha avuto modo anche di specificare che “qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura fungibile del bene, destinato a confondersi con le altre disponibilità economiche del reo, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato”.

Ciò posto, il Giudice di prime cure aveva individuato l’articolo 640 quater c.p., che, nel richiamare l’articolo 322 ter c.p., prevede la confisca obbligatoria del profitto o prezzo del reato (“Nei casi di cui agli articoli 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter, secondo comma, con esclusione dell’ipotesi in cui il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nell’articolo 322-ter”).

Quando ciò non sia possibile, nel disporre la confisca per equivalente per un valore corrispondente il Giudice deve distinguere specificamente i beni su cui cade la confisca diretta e quelli su cui cade la confisca per equivalente.

Nel dispositivo della sentenza di riferimento era stato disposta la confisca delle somme di denaro contenute nei conti correnti di cui a determinati verbali di sequestro e dei beni immobili di cui ad altro e distinto verbale di sequestro.

Alla stregua dei criteri suindicati, la Corte di cassazione, chiamata a decidere su punto, ha ritenuto che la confisca del denaro debba essere qualificata come diretta, e, pertanto, vada confermata integralmente, “poichè su di essa non incide l’intervenuta prescrizione dei reati in secondo grado, mentre la confisca per equivalente sui beni immobili deve essere limitata all’ammontare delle somme costituenti il profitto delle condotte di reato non ancora prescritte alla data della sentenza di appello”.