12 Ottobre 2018

Preliminare e rogito con trattamento Iva differenziato – II° parte

di Fabio Garrini
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Come visto nella prima parte del contributo, il costruttore che cede un immobile è sottoposto ad un trattamento Iva differenziato in base a quanto tempo è trascorso dalla fine dei lavori di costruzione.

Esaminiamo ora le conseguenze fiscali nel caso in cui gli acconti pagati sulla base del preliminare presentino un trattamento Iva diverso rispetto a quanto poi assunto nell’atto definitivo di compravendita.

Il preliminare e gli acconti

Il tema viene esaminato dalla circolare AdE 22/E/2013 e il primo elemento che occorre ricordare è che la scelta per l’imponibilità effettuata nel preliminare (quindi nel caso di preliminare sottoscritto oltre il quinquennio), oltre che per gli acconti, produce effetti vincolanti anche in relazione al regime Iva applicabile al saldo dovuto alla stipula del contratto definitivo.

Sul punto, occorre peraltro ricordare che oltre che il saldo, anche gli acconti assoggettati ad Iva per opzione sono interessati dall’inversione contabile.

Al contrario, se non viene esercitata l’opzione nel preliminare, sarà comunque possibile esercitarla in sede di rogito, nel qual caso l’imponibilità interesserà solo il saldo (ovvero eventuali acconti pagati dopo la stipula della compravendita).

Più interessante è invece il caso di preliminare sottoscritto entro il quinquennio.

Non possono porsi dubbi circa quale sia il trattamento da applicare ai corrispettivi fatturati sino allo scadere del quinquennio: gli acconti saranno necessariamente soggetti ad imposta, proprio perché la fattura viene emessa entro tale termine temporale.

Occorre invece chiedersi quali siano le conseguenze derivanti dal fatto che il rogito di cessione dell’immobile venga stipulato oltre il termine del quinquennio, scadenza che rimuove l’obbligo di applicazione dell’Iva.

L’Agenzia delle Entrate, nella richiamata circolare 22/E/2013, si è espressa riferendosi alla seguente situazione:

  • acconto corrisposto all’impresa costruttrice o di ripristino entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori
  • rogito stipulato oltre il quinquennio.

In tal caso, conferma l’Agenzia, gli acconti eventualmente pagati sono soggetti ad Iva per obbligo di legge (entro il quinquennio il costruttore non aveva facoltà di scelta ma era chiamato per obbligo ad applicare l’Iva), mentre il saldo da versare successivamente al rogito è soggetto, in linea di principio, al regime naturale di esenzione, salva opzione per l’imponibilità ad Iva esercitata in atto dall’impresa cedente.

Il fatto che gli acconti pagati in dipendenza del preliminare siano imponibili non pregiudica l’applicazione dell’esenzione per il saldo (e per gli acconti pagati successivamente al rogito) in quanto l’imponibilità precedentemente applicata non era opzionale ma obbligatoria, proprio per il fatto che non si era ancora compiuto il quinquennio.

Nella circolare 22/E/2013 l’Agenzia evidenzia che Gli acconti e il saldo relativi alla cessione dell’immobile possono essere soggetti ad un trattamento fiscale diverso anche nell’ipotesi in cui l’acconto sia stato corrisposto all’impresa costruttrice o di ripristino entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori e il rogito sia, invece, stipulato oltre il quinquennio.”

Inoltre, in caso di esenzione, in sede di stipula del contratto definitivo, l’imposta proporzionale di registro si applica, per gli immobili abitativi, su una base imponibile considerata al netto dell’acconto già assoggettato ad Iva.

Ciò che l’Agenzia non chiarisce in tale documento è come determinare la base imponibile da prendere a riferimento per il calcolo dell’imposta di registro: quella catastale prevista per l’applicazione della disciplina del prezzo-valore?

Questa risulta la soluzione più ragionevole; non pare che tale beneficio possa infatti essere disconosciuto al contribuente, visto che in fin dei conti l’atto risulta assoggettato ad imposta di registro.

Peraltro, considerando che il valore catastale è spesso molto più basso del corrispettivo pattuito per la cessione del bene, potrebbe darsi che la base imponibile degli acconti (sempre e comunque il corrispettivo, visto che sono stati assoggettati ad Iva) sia già di per sé superiore al valore catastale: in questo caso occorrerebbe concludere che nessuna imposta di registro risulta dovuta.

Il fatto che nella circolare 22/E/2013 si faccia riferimento, per il calcolo dell’imposta in sede di rogito, alla “base imponibile” e non al “corrispettivo”, lascerebbe intendere una conferma di tale interpretazione.

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