24 Novembre 2018

Plafond Iva ad utilizzo variabile

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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L’esportatore abituale che ha rilasciato una dichiarazione d’intento al proprio fornitore può anche decidere di effettuare con Iva alcuni acquisti chiedendo alla controparte l’emissione di una fattura con Iva.

È quanto emerge da una recente consulenza giuridica (n. 954-6/2018) resa dall’Agenzia delle entrate, il cui contenuto offre lo spunto per ricordare alcune regole relative al rilascio della dichiarazione d’intento ed all’utilizzo del relativo plafond da parte dell’esportatore abituale.

In primo luogo, va ricordato che a partire dal 1° marzo 2017 l’esportatore abituale non può più rilasciare la dichiarazione d’intento a copertura degli acquisti effettuati in un determinato arco temporale (tipicamente l’intero anno solare), ma deve necessariamente scegliere una delle seguenti possibilità:

  • indicazione di un importo massimo, dal quale il fornitore “scala” l’importo delle singole operazioni mano a mano che procede con le forniture;
  • rilascio della dichiarazione per una singola operazione.

In relazione alla prima modalità (quella più utilizzata dalle imprese), già in passato è stato chiarito che nulla osta al rilascio di più dichiarazioni d’intento la cui sommatoria potrebbe anche superare il plafond disponibile dell’esportatore abituale, fermo restando che si dovrà monitorare con attenzione il corretto utilizzo al fine di non rischiare di “splafonare”.

Per quanto riguarda invece gli adempimenti dell’esportatore abituale, si ricorda l’obbligo di preventivo invio della dichiarazione d’intento all’Amministrazione Finanziaria e la successiva trasmissione al fornitore della ricevuta, il quale dovrà procedere alla verifica della stessa sul sito dell’Agenzia.

Venendo ora all’utilizzo del plafond, prima della consulenza giuridica in questione si era del parere che una volta rilasciata la dichiarazione d’intento al proprio fornitore, gli acquisti effettuati presso lo stesso dovessero essere in ogni caso non imponibili ad Iva (ovviamente nei limiti indicati nella dichiarazione stessa), non potendosi scegliere di volta in volta il regime Iva applicabile.

Con la consulenza giuridica n. 954-6/2018 l’Agenzia fornisce un’interpretazione innovativa, poiché consente al fornitore, su richiesta del cliente e nei limiti dell’ammontare comunicato, di emettere fattura non imponibile piuttosto che con Iva.

L’apertura è da salutare con favore poiché consente all’esportatore abituale di gestire in maniera più elastica il proprio plafond anche nell’ambito del rapporto con il singolo fornitore cui ha rilasciato la dichiarazione d’intento.

È opportuno evidenziare che il fornitore, al fine di dimostrare la correttezza del proprio operato, dovrà conservare le richieste provenienti dal proprio cliente (meglio se aventi data certa) anche per una migliore gestione dello “scarico” degli importi dalla dichiarazione d’intento ricevuta.

Si ricorda che l’esportatore abituale può utilizzare il plafond per l’acquisto di beni e servizi, anche non attinenti le operazioni di esportazione, con due sole limitazioni (circolare 145/E/1998):

  • l’acquisto di fabbricati, anche tramite contratti di leasing o appalto;
  • l’acquisto di beni e servizi con Iva oggettivamente indetraibile.

In merito al primo aspetto, si segnala che la Suprema Corte di Cassazione (Cassazione, n. 23329 del 15.10.2013) ha ribadito che il divieto di utilizzare il plafond per gli acquisti di fabbricati, previsto dall’articolo 8, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972, non deve estendersi ai contratti di leasing immobiliare, diversi da quelli assimilati alle cessioni di beni ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 2), D.P.R. 633/1972 (per i quali cioè sia stata espressamente prevista la clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti), in considerazione del fatto che:

  • l’articolo 8 D.P.R. 633/1972 esclude l’utilizzo del plafond (e quindi il non assoggettamento ad Iva) soltanto per le cessioni di fabbricati ed aree fabbricabili e non anche per le prestazioni di servizi relative o connesse a tali beni;
  • è da ritenersi certo e consolidato il principio secondo il quale il P.R. 633/1972 assimila, ai fini Iva, il contratto di leasing ad una prestazione di servizi e non ad una cessione di beni.
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