21 Luglio 2021

Per la ruralità del fabbricato non serve l’iscrizione in CCIAA del socio

di Luigi Scappini
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Come noto, ai fini fiscali, i requisiti per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati sono individuati dall’articolo 9, commi 3 e 3-bis, D.L. 557/1993.

Se, per quanto attiene la ruralità dei fabbricati strumentali, disciplinata dal comma 3-bis, non si pongono particolari problematiche interpretative in quanto la norma è sufficientemente chiara nell’affermare che “i fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile”, offrendo poi un’elencazione di natura esemplificativa e non esaustiva, la ruralità dei fabbricati abitativi soggiace, al contrario, a più requisiti.

E proprio su questi aspetti si è espressa la recente ordinanza n. 16814/2021 occupandosi, nello specifico, di una controversia sorta a seguito del mancato riconoscimento della ruralità dell’immobile poiché il socio non risultava iscritto al Registro Imprese.

Tra i requisiti richiesti dal comma 3 ai fini della ruralità fiscale di un immobile vi è quello per cui il fabbricato deve essere utilizzato quale abitazione:

  1. dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all’attività agricola svolta;
  2. dall’affittuario del terreno stesso o dal soggetto che con altro titolo idoneo conduce il terreno a cui l’immobile è asservito;
  3. dai familiari conviventi a carico dei soggetti di cui ai numeri 1) e 2) risultanti dalle certificazioni anagrafiche;
  4. da coadiuvanti iscritti come tali a fini previdenziali;
  5. da soggetti titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura;
  6. da uno dei soci o amministratori delle società agricole di cui all’articolo 2 D.Lgs. 99/2004, aventi la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

La successiva lettera a-bis) richiede che i soggetti di cui ai numeri 1), 2) e 5) devono essere imprenditori agricoli ed essere iscritti nel Registro Imprese di cui all’articolo 8 L. 580/1993.

Ed è proprio su quest’ultimo requisito che si è incardinato il contenzioso, in quanto l’Amministrazione aveva negato il riconoscimento di fabbricato rurale non essendo stato rispettato il requisito dell’iscrizione al Registro Imprese da parte del socio utilizzatore del fabbricato.

La Cassazione, con un’interpretazione favorevole al contribuente ha riconosciuto la ruralità del fabbricato a prescindere dall’iscrizione del socio al Registro Imprese.

I requisiti richiesti per essere uno Iap sono individuati nell’articolo 1 D.Lgs. 99/2004 nei seguenti:

  • conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 Regolamento 1257/1999;
  • almeno il 50% del tempo di lavoro complessivo deve essere dedicato alle attività agricole di cui all’articolo 2135 cod. civ. direttamente o in qualità di socio di società; e
  • almeno il 50% del reddito globale da lavoro deve provenire dalle attività agricole. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro.

Viene, inoltre, espressamente previsto che “Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l’attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori”.

Ne deriva che anche il socio di una società di persone o di una cooperativa può essere uno Iap e in questo caso non è tenuto all’iscrizione al Registro Imprese a prescindere dal volume di affari (si ricorda, infatti, che non sono tenuti all’iscrizione gli imprenditori agricoli con un volume di affari annuo inferiore a 7mila euro).

Quello che viene chiesto dal comma 3 è che il socio sia uno Iap e quindi un soggetto che ritrae il proprio reddito in misura prevalente dall’agricoltura.

Come affermato dai giudici nell’ordinanza in commento “nel registro delle imprese sono iscritti i soggetti che svolgono attività imprenditoriale, sicché se una persona fisica svolge la sua attività imprenditoriale agricola in forma collettiva a mezzo di una società di cui è socia, non può essere onerata di una doppia iscrizione, essendo sufficiente l’iscrizione dell’imprenditore in forma collettiva (societaria), dalla quale risulti la qualità di socio della persona fisica”.

L’affermazione, se a prima vista potrebbe sembrare in contrasto con un’interpretazione letterale della lettera a-bis) dell’articolo 9, comma 3, D.L. 557/1993, a bene vedere è corretta, il tutto a conferma di un sistema di semplificazione a agevolazione immanente agli specifici istituti previsti per il settore primario.