26 Giugno 2018

Passaggio a contabilità ordinaria con rischio “esplosione” di reddito

di Fabio Garrini
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Il nodo rimanenze dei contribuenti in contabilità semplificata presenta notevoli aspetti delicati da gestire: tra questi vi è certamente il disallineamento che si viene a creare al momento del passaggio in contabilità ordinaria, disallineamento che sorge confrontando le rimanenze esistenti all’inizio del periodo d’imposta con quelle fiscalmente rilevanti.

Il tema che si pone riguarda una eventuale emersione di tale differenziale imponibile al termine del periodo d’imposta; secondo l’Agenzia, nelle risposte rese alla fine di maggio, detto disallineamento può essere mantenuto, evitando quindi che il passaggio in contabilità ordinaria possa far “detonare” una immediata esplosione reddituale incontrollata. Va però rilevato che tale disallineamento si mantiene comunque fino al momento in cui i beni vengono ceduti.

Passaggio in ordinaria: rilevazione delle rimanenze

Al momento di un eventuale passaggio al regime di contabilità ordinaria, il contribuente è tenuto a redigere un apposito prospetto iniziale delle attività e passività esistenti all’inizio dell’anno in cui avviene detto passaggio.

Particolare è il trattamento delle rimanenze iniziali: queste infatti non possono essere del tutto rilevanti, posto che il contribuente proviene da un regime di cassa.

Pertanto, i beni in giacenza che sono già stati pagati, evidentemente, non possono rilevare sotto il profilo fiscale quali rimanenze iniziali deducibili nell’anno in cui il contribuente passa in contabilità ordinaria; in caso contrario il costo imputabile a detti beni verrebbe dedotto due volte (infatti, al 31.12 dell’anno precedente, al passaggio di regime, non viene rilevata, quindi neppure tassata, alcuna rimanenza).

Nella circolare 11/E/2017 l’Agenzia opportunamente si sofferma sul punto, distinguendo le rimanenze in base al fatto che vi sia o meno stata manifestazione finanziaria, limitando la rilevanza fiscale alle sole rimanenze non pagate: “qualora con riferimento alle merci in rimanenza non sia stato effettuato il relativo pagamento, le stesse rileveranno come esistenze iniziali e si applicheranno le ordinarie regole di competenza previste dal testo unico.”

Pertanto, se il contribuente fosse transitato in contabilità ordinaria al 01.01.2018 e a tale data le rimanenze fossero 100, di cui pagate 80 nel 2017, la conseguenza è che queste giacenze sarebbero fiscalmente rilevanti per 20.

Il tema cruciale è l’impatto delle rimanenze finali.

Si ipotizzi il caso (evidentemente limite) per cui il contribuente nel 2018 non acquisti né ceda alcun bene: conseguentemente, alla fine dell’anno, le rimanenze sarebbero i medesimi 100 beni.

Occorre chiedersi quale sia il valore fiscale da attribuire a dette rimanenze finali: 20 (il valore fiscale che queste avevano al 01.01.2018) ovvero 100 (il valore dell’effettiva giacenza finale).

Su questo punto si è espressa l’Agenzia affermando quanto segue: “Si evidenzia che le medesime rimanenze non assumeranno rilievo fiscale neppure alla fine del 2018. In pratica, si avrà un “disallineamento” di valori (civili e fiscali) che perdurerà fintantoché le rimanenze al 31 dicembre 2017 sono presenti nel magazzino dell’impresa.”

Quindi, nel caso proposto, le rimanenze finali rileverebbero fiscalmente per 20, senza quindi evidenziare alcun reddito (non vi è variazione delle rimanenze).

Il chiarimento è certamente utile, ma val la pena di rimarcare che tale disallineamento (80, nell’esempio) non è perpetuo, ma viene riassorbito in ragione della fuoriuscita dei beni dal magazzino.

Tornando all’esempio precedente, ipotizzando che i 100 € di beni in giacenza al 31.12.17 siano ceduti nel 2018 ad un prezzo di 100 €, e, nel 2018, siano acquistati 100 € di beni che rimangono in giacenza a fine anno (quindi, di fatto, senza che vi sia alcun effettivo guadagno da parte dell’impresa), si avrebbe l’emersione del reddito “latente” di 80 €: 100 € ricavi – 100 € costi + € 80 (ossia 100-20) di incremento delle rimanenze.

Quindi, di fatto, il chiarimento dell’Agenzia “limita i danni” fintanto che dette rimanenze non siano cedute.

L’emersione del reddito nell’ambio della contabilità ordinaria è collegata alla deduzione delle rimanenze iniziali che vi è stata al momento del passaggio in contabilità semplificata per cassa: allora si è ottenuto un bonus di deduzione (sono state dedotte le rimanenze inziali, senza rilevare rimanenze finali), mentre oggi si deve sostenere un aggravio di tassazione.

Il problema, noto a tutti, è che deduzione 2017 potrebbe essere risultata inefficace (potrebbe essersi infatti tramutata in una perdita non riportabile), mentre il reddito che si manifesta nel 2018 è concreto e tangibile.

Senza dimenticare che stiamo parlando di soggetti Irpef con redditi tassati a scaglioni, quindi è possibile (se non probabile) che il reddito 2018 debba scontare misure di prelievo ben superiori rispetto alle imposte risparmiate nel 2017 grazie dalla deduzione delle rimanenze.

In definitiva, il delicato nodo delle rimanenze dei semplificati non è affatto risolto.

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