30 Novembre 2019

Pagamento del debito tributario e patteggiamento

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF

La Suprema Corte, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 47287/2019, si è nuovamente pronunciata in tema di pagamento del debito tributario e patteggiamento.

Nel caso di specie, in riferimento al reato di omessa dichiarazione di cui all’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, all’imputato era stata applicata la pena di un anno e quattro mesi di reclusione condizionalmente sospesa, a norma degli articoli 444 e ss. c.p.p..

Il Procuratore Generale della Repubblica ha proposto ricorso per Cassazione articolando due motivi:

  1. violazione di legge per illegalità della pena, avendo riguardo alla inapplicabilità, nella specie, del rito del patteggiamento per difetto dei presupposti previsti dall’articolo 13 bis D.Lgs. 74/2000;
  2. violazione di legge per illegalità della pena, avendo riguardo alla mancata applicazione della confisca obbligatoria prevista dall’articolo 12 bisLgs. 74/2000.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso.

Per quanto concerne il primo motivo, oggetto di interesse del presente intervento, il Collegio ha evidenziato che, per i reati di cui agli articoli 4 e 5 D.Lgs. 74/2000, detto rito deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’articolo 13 bis, “solo quando, pur non sussistendo più i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui al D.Lgs. cit., articolo 13, i debiti tributari sono stati comunque estinti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”.

Come rilevato dalla Corte di Cassazione, l’articolo 13 bis, comma 2, D.Lgs. 74/2000, fissa in termini generali, per tutti i delitti previsti dal medesimo provvedimento normativo, il seguente presupposto di accesso al rito del patteggiamento: “Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonchè il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2“.

L’articolo 13 bis, comma 1, a sua volta, così prevede: “Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12, se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie“.

Ciò premesso, il Giudice di legittimità ha ritenuto evidente che, per i delitti di cui agli articoli 4, 5, 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, D.Lgs. 74/2000, non si ponga alcun problema di ammissibilità del patteggiamento quando il pagamento del debito tributario dia luogo ad una causa di non punibilità a norma dell’articolo 13 D.Lgs. 74/2000. In tal caso, il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione, in linea con quanto disposto dall’articolo 444, comma 2, c.p.p..

Dal raffronto tra gli elementi costituivi dell’articolo 13 bis, comma 1 – la cui verificazione è presupposto per l’accesso al rito in parola – e gli elementi costitutivi di cui all’articolo 13, comma 1, per i reati previsti dagli 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, D.Lgs. 74/2000, la Corte evidenzia una “totale sovrapposizione”.

L’estinzione integrale dei debiti tributari, avvenuta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dà luogo alla causa di non punibilità, in quanto prevista da una norma che è speciale rispetto a quella relativa alla circostanza attenuante ad effetto speciale.

Conseguentemente, per i citati reati, “l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado non può mai costituire presupposto per l’accesso al rito del “patteggiamento” perchè, se si verifica, dà luogo, in ogni caso, alla causa di non punibilità”.

Con riferimento ai reati di cui agli articoli 4 e 5 D.Lgs. 74/2000, la Suprema Corte ha ritenuto che “la ricostruzione secondo cui l’adempimento del debito tributario è condizione necessaria per accedere al rito di cui all’articolo 444 c.p.p., appare coerente con il dato normativo”, concludendo con la seguente affermazione: “per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, articoli 4 e 5, il rito speciale previsto dall’articolo 444 e ss. c.p.p., è ammissibile solo quando vi sia stato l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, pur se dopo la formale conoscenza, da parte dell’autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”.

La Corte ha dunque ritenuto che la sentenza impugnata aveva erroneamente determinato la pena, applicando la diminuente del rito in assenza dei presupposti necessari, non avendo l’imputato ripianato, nemmeno parzialmente, il debito tributario.

La nuova disciplina delle sanzioni amministrative, il controllo e la definizione degli atti dell’amministrazione finanziaria