Operazioni escluse dal calcolo del pro rata Iva
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLa stagione per la compilazione della dichiarazione annuale Iva è entrata nel vivo, e gli operatori economici devono valutare con attenzione gli eventuali effetti negativi derivanti dall’effettuazione di operazioni esenti Iva. L’articolo 19-bis, D.P.R. 633/1972, contiene la disciplina del c.d. “pro rata” di detrazione Iva, ossia la percentuale d’imposta assolta sugli acquisti che risulta detraibile nell’anno d’imposta, in funzione del rapporto tra le operazioni che danno diritto alla detrazione e quelle complessive, comprendenti anche quelle esenti. Tale disposizione, al comma 2, esclude dal calcolo della percentuale di detrazione (nel senso che non concorrono alla determinazione del rapporto, né al numeratore né al denominatore della formula del pro rata), una serie di operazioni, tra le quali si annoverano:
- le cessioni di beni ammortizzabili;
- le operazioni esenti di cui all’articolo 10, comma 1, n. 27-quinquies), D.P.R. 633/1972, per le quali, non essendo stata recuperata l’imposta all’atto dell’acquisto del bene, la successiva cessione esente non deve ripercuotersi sul diritto di detrazione;
- le operazioni esenti di cui all’articolo 10, comma 1, n. da 1) a 9), D.P.R. 633/1972, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o sono accessorie a operazioni imponibili.
Per quanto riguarda la prima esclusione, in conformità a quanto prescritto all’articolo 174, § 2, lettera a), Direttiva 2006/112/CE, è escluso dalla determinazione del pro rata di detraibilità “l’importo del volume d’affari relativo alle cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa”. Sul punto, la Corte di Giustizia UE ha affermato che l’esclusione delle operazioni in esame dal calcolo del pro rata ricorre nei casi in cui “la vendita riveste un carattere inusuale rispetto all’attività corrente del soggetto passivo interessato e non richiede quindi un utilizzo dei beni o dei servizi a uso misto in un modo che sia proporzionale al fatturato che essa genera. Come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, l’inclusione di tale fatturato nel calcolo del pro rata di detrazione falserebbe il suo risultato nel senso che esso non rifletterebbe più la rispettiva parte di impiego dei beni o servizi adibiti a un uso misto per le attività imponibili e le attività esenti” (Corte di Giustizia UE, 6 marzo 2008, causa C-98/07).
Per il secondo gruppo di operazioni escluse dal pro rata, come stabilito dall’articolo 10, comma 1, n. 27-quinquies), D.P.R. 633/1972, sono operazioni esenti da Iva “… le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2”. Questa disposizione del Decreto Iva, che è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 1, comma 4, D.Lgs. 313/1997, ha convertito in esenzione la già prevista esclusione da imposta per le cessioni aventi ad oggetto beni la cui Iva sull’acquisto non si sia potuta detrarre totalmente. Conseguentemente, non è possibile estendere la previsione di esenzione in parola anche alle cessioni di quei beni per i quali la detrazione dell’Iva non è stata esercitata, perché non si è subita la rivalsa dell’imposta (ad esempio, rivendita di un bene acquistato da privato). Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, “… i beni acquistati presso un soggetto privato non concretizzano le ipotesi di indetraibilità di cui agli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972” e, pertanto, l’operazione non può considerarsi esente dall’imposta” (risoluzione n. 194/E/2002).
Ciò sta a significare che, il fatto che non sia stata operata la detrazione a monte, perché nessuna imposta era dovuta (come nel caso, oggetto della risoluzione citata, di acquisto di fabbricato posseduto da privato non imprenditore), non fa venire meno il regime di ordinaria imponibilità della successiva operazione di rivendita del bene.
Infine, l’articolo 19-bis, comma 2, D.P.R. 633/1972, esclude dal computo del pro rata di detraibilità, oltre alle operazioni già descritte in precedenza, anche le altre prestazioni esenti contemplate dall’articolo 10, comma 1, n. da 1) a 9), D.P.R. 633/1972, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o sono accessorie a operazioni imponibili. Così, ad esempio, nel caso in cui un’impresa, che svolge attività con Iva (ad esempio, commercio all’ingrosso), effettui occasionalmente anche altre attività esenti dall’imposta (ad esempio, locazione di un fabbricato in regime di esenzione Iva), di questa operazione non si deve tenere conto nella determinazione della percentuale di detraibilità dell’Iva, considerandosi, la locazione, un’operazione estranea all’attività propria esercitata dal commerciante all’ingrosso. Per tali operazioni è prevista, inoltre, l’indetraibilità dell’imposta per i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per la loro effettuazione e ciò coerentemente con il principio di carattere generale contenuto nell’articolo 19, comma 2, D.P.R. 633/1972, che prevede l’indetraibilità dell’Iva assolta in relazione agli acquisti di beni e servizi utilizzati in operazioni esenti. A tale riguardo, il Ministero delle finanze ha affermato che “in tali casi torna applicabile, ai fini della determinazione dell’imposta detraibile, il criterio generale della utilizzazione specifica dei beni e dei servizi, con indetraibilità dell’imposta afferente i beni e servizi impiegati nelle operazioni esenti” (circolare n. 328/1997).