18 Ottobre 2022

Onere della prova, assenza di ragioni economiche e abuso del diritto

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, l’articolo 10-bis L. 212/2000, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la nuova “disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, la quale prevede che configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.

Tali operazioni non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base di quanto versato dal contribuente per dette operazioni.

La normativa sostanziale di riferimento identifica, nel difetto di sostanza economica e nel carattere indebito dei risparmi fiscali, gli elementi sintomatici dell’abuso, introducendo le nozioni di “operazioni prive di sostanza economica”, individuandole nei fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, che siano inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali, laddove si considerano indici di mancanza di sostanza economica la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato, nonché di “vantaggi fiscali indebiti”, quali benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte I – capitolo 1 “evasione e frode fiscale”, pag. 9).

In buona sostanza, i presupposti per realizzare abuso del diritto sono i seguenti:

  • mancanza di sostanza economica dell’operazione effettuata (rectius assenza di valide ragioni economiche dell’operazione economica posta in essere);
  • ottenimento di un vantaggio fiscale indebito, disapprovato dall’ordinamento giuridico;
  • tale vantaggio fiscale, costituisce l’essenza dell’operazione posta in essere.

Ad ogni modo, il contribuente può perseguire un lecito risparmio di imposta esercitando la propria libertà di iniziativa economica scegliendo tra gli atti, i fatti e i contratti quelli meno onerosi.

Infatti, per espressa disposizione normativa, resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla Legge e tra operazioni comportanti un differente carico fiscale.

Sulla base dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia UE (cfr. sentenze C-255/02 del 21.02.2006 c.d. “Halifax” e C-425/06 del 21.02.2008), si realizza una pratica abusiva delle direttive comunitarie ai fini Iva quando:

  • sono realizzate operazioni che, nel loro insieme, procurano un vantaggio fiscale contrario all’obiettivo delle disposizioni comunitarie invocate;
  • il perseguimento di un vantaggio fiscale costituisce lo scopo essenziale, benché non esclusivo dell’operazione.

Di conseguenza, si considerano “abusive” le “operazioni prive di sostanza economica”, ossia i fatti, gli atti e i contratti, anche collegati fra di loro, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali.

Per non rientrare nell’abuso del diritto il comportamento posto in essere dal contribuente deve essere giustificato da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.

Quindi, rientrano nel perimetro applicativo della disposizione antiabuso le costruzioni ingiustificabili in una logica di normalità imprenditoriale, in quanto non apportano null’altro, se non il risparmio fiscale (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 9 “abuso del diritto e interposizione”, pag. 285 e ss.).

Si ricorda infine che, per espressa disposizione normativa, le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie (ex articolo 10-bis, comma 13, L. 212/2000).

Interessanti profili ermeneutici in tema di abuso del diritto, sono stati recentemente illustrati dalla suprema Corte di cassazione, nella sentenza n. 27709/2019 del 22.09.2022.

Il giudice di merito ha ritenuto integrata la fattispecie della condotta abusiva, sulla base dell’accertamento esperito sulla base del quale, doverosamente, le operazioni sono state riconosciute non opponibili all’Amministrazione finanziaria, con conseguente disconoscimento dei vantaggi fiscali ritenuti indebiti e, simmetricamente, con il recupero delle imposte.

Gli Ermellini hanno aggiunto ulteriori dettagli sotto il profilo dell’onere della prova osservando che, in materia tributaria, l’operazione economica che non trova giustificazione extrafiscale ed è diretta essenzialmente a conseguire un risparmio d’imposta costituisce “condotta abusiva”.

La prova del disegno elusivo incombe sull’Agenzia delle Entrate, ma questa non si estende alla dimostrazione della necessaria preordinazione ex ante del compimento di tutti i negozi e i fatti giuridici che realizzano la fattispecie, ben potendo essere dirimente un accordo stipulato tra le parti che ricostruisce il collegamento teleologico tra tutte le singole operazioni, sia anteriori alla sua stipula e sia poste in essere successivamente.

In conclusione, viene confermata l’applicazione della normativa in rassegna ogniqualvolta il contribuente pone in essere operazioni prive di valide ragioni economiche, finalizzate unicamente all’ottenimento di un indebito vantaggio fiscale che, come tale, è disapprovato dall’ordinamento tributario.