8 Marzo 2018

Omesso versamento delle imposte: responsabilità anche del liquidatore

di Marco Bargagli
Scarica in PDF

Come noto, il D.Lgs. 158/2015 ha introdotto una radicale revisione del sistema sanzionatorio penale tributario.

La novella normativa ha recato effetti anche con riguardo alle ipotesi riferite all’omesso versamento delle ritenute alla fonte e all’omesso versamento dell’Iva dovuta risultante dalla dichiarazione annuale, innalzando notevolmente le soglie di rilevanza penale.

In tema di omesso versamento di tributi il legislatore ha previsto due distinte ipotesi di reato, ridimensionando notevolmente le precedenti soglie di evasione:

  • l’omesso versamento di ritenute certificate entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta e le ritenute dovute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, se di importo superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta (articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000);
  • l’omesso versamento dell’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un importo superiore a duecentocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta (articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000).

Nella prima ipotesi la fattispecie penalmente rilevante si realizza, alternativamente, in seguito all’omesso versamento delle ritenute:

  • dovute sulla base della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta;
  • risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, entro il termine previsto per la presentazione della stessa dichiarazione annuale.

Quindi, in seguito alla riforma, la condotta omissiva penalmente rilevante si estende non solo alle ritenute certificate, ma anche a quelle dovute sulla base della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta, ovvero al modello 770.

Nella seconda ipotesi (omesso versamento Iva), come affermato dalla suprema Corte di cassazione, ufficio del massimario, l’intervento normativo in tema di omesso versamento di Iva è direttamente ispirato “a dare attuazione al criterio direttivo che demanda al Governo di applicare per le fattispecie meno gravi «sanzioni amministrative anziché penali», obiettivo che – in modo semplificato – il legislatore persegue portando la soglia di punibilità per il delitto di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto ad euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta, e ritenendo così che per i fatti “sotto-soglia” siano sufficienti le sanzioni amministrative già comminate dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (cfr. Corte di cassazione, ufficio del massimario, settore penale, rel. n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015).

Ciò posto, dobbiamo domandarci se il soggetto attivo del reato possa essere individuato unicamente nel sostituto di imposta (per l’omesso versamento di ritenute), ossia nel contribuente soggetto passivo d’imposta (nell’ipotesi di omesso versamento di Iva) ovvero, ancora, possa coinvolgere altri soggetti che assumono specifici obblighi previsti dalla legge (es. il liquidatore, il curatore fallimentare, il commissario straordinario etc.)

Sul tema della responsabilità del soggetto attivo del reato nelle fattispecie sopra illustrate, è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 8995/18 del 30.10.2017.

La questione posta all’attenzione degli ermellini scaturiva dal ricorso proposto dalla Procura della Repubblica avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale con la quale, in accoglimento della relativa richiesta di riesame, il giudice aveva disposto l’annullamento del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per il reato previsto e punito dall’articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000.

La misura cautelare veniva disposta a seguito del mancato versamento (da parte prima del legale rappresentante e, successivamente, del liquidatore di una società di capitali), delle ritenute dovute o comunque risultanti dalla certificazione rilasciate ai sostituiti.

Sullo specifico punto, il ricorrente aveva eccepito la disposizione di carattere generale prevista dall’articolo 64 D.P.R. 600/1973, in base alla quale il sostituto d’imposta (soggetto attivo del reato nel caso di omesso versamento di ritenute) è il soggetto che, in forza di disposizioni di legge, è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili, anche a titolo di acconto.

Ciò posto, i giudici di piazza Cavour hanno chiarito che le citate disposizioni normative non escludono – in linea di principio – che anche il liquidatore possa rivestire, in forza delle incombenze di legge a lui facenti carico, tra cui l’obbligo di pagamento delle imposte, la qualifica di “sostituto d’imposta”.

Tuttavia a parere dei supremi giudici, che hanno accolto il ricorso presentato dal contribuente, il liquidatore di società risponde del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, previsto dall’articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000, non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l’attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti”.

Accertamento: le principali violazioni penalmente rilevanti e gli strumenti di difesa