8 Agosto 2017

Nuove associazioni di volontariato e di promozione sociale – III° parte

di Guido Martinelli
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Le novità più importanti che riguardano le novellate associazioni di volontariato e di promozione sociale sono relative agli aspetti fiscali e la loro progressiva entrata in vigore.

Il titolo X del codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) disciplina il regime fiscale degli enti del terzo settore. All’interno di questo, il capo secondo tratta, nello specifico, la nuova disciplina tributaria del volontariato e della promozione sociale.

Partiamo però dal fondo: ossia dall’entrata in vigore. Perché, almeno inizialmente, non cambierà nulla. O forse tutto.

Il secondo comma dell’articolo 104 prevede che: “le disposizioni del titolo X, salvo quanto previsto dal comma 1”, che si riferisce al c.d. “social bonus”, ad alcune specifiche norme relative alle indirette e alle detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali, “si applicano agli enti iscritti nel Registro Unico Nazionale del terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della commissione europea … e comunque non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto registro”.

Solo da tale data sarà abrogata la disposizione di cui all’articolo 9-bis della L. 66/1992 e, pertanto, si ritiene che, per quanto riguarda la disciplina fiscale per le attività commerciali svolte, le associazione in esame, anche dopo l’entrata in vigore del codice e fino a quando non scatterà il termine di cui all’articolo 104, comma 2, potranno continuare ad utilizzare il regime forfetario attuale di cui alla L. 398/1991, regime che invece sarà loro inibito dal momento della entrata in vigore del registro del terzo settore.

Ad analoga conclusione si giunge anche con riferimento alla defiscalizzazione dei corrispettivi specifici versati dagli associati.

Il dubbio che si pone è che si potrebbe anche sostenere la tesi opposta. Infatti nessuna associazione di promozione sociale potrà ritenersi, all’entrata in vigore del codice, già “iscritta nel registro unico nazionale del terzo settore”. Si potrà ritenere “equivalente”, a tale fine, l’iscrizione nei registri regionali? Sarebbe importante chiarirlo.

Un problema si pone, invece, per due specificità di cui godevano le associazioni di promozione sociale.

La prima, prevista dal secondo comma dell’articolo 6 della L. 383/2000, che disciplina, in deroga all’articolo 38 del codice civile, la responsabilità sussidiaria, e non solidale, di coloro i quali agiscono in nome e per conto di una associazione di promozione sociale; la seconda relativa all’estensione, ai familiari conviventi, delle agevolazioni fiscali previste in favore degli associati (articolo 20 comma 2 L. 383/2000).

Infatti tutta la legge (così come la L. 266/1991 sul volontariato), fatta salva la parte sul registro (che evidentemente dovrà continuare ad operare fino all’entrata a regime di quello del terzo settore), viene abrogata con l’entrata in vigore del codice del terzo settore.

Ne deriva che, volendo interpretare in maniera letterale le norme, le associazioni di promozione sociale, pur rimanendo tali in quanto iscritte ai registri regionali, perdono da subito questa agevolazione.

Ma dalla lettura del combinato disposto dalle norme emerge una curiosità. Essendo stata abrogata la legge sulle associazioni di promozione sociale ma non essendo ancora operativo il nuovo registro del terzo settore, sarà possibile fino a quel momento costituire una nuova associazione di promozione sociale? Le “neonate” rimarranno semplici associazioni fino a quando non sarà attivato il nuovo registro, o, come sarà più probabile, le Regioni continueranno ad iscrivere associazioni in quanto le leggi regionali manterranno la loro validità anche dopo l’entrata in vigore del codice.

Vi è, poi, un’altra particolarità che vale la pena evidenziare.

Tutto sembra far ritenere che la modifica del testo dell’articolo 148 Tuir, portata dal quarto comma dell’articolo 89 del CTS, sia immediatamente applicabile agli enti non commerciali su base associativa. Questo perché non sono già associazioni di volontariato o di associazione di promozione sociale o, comunque, non intendono iscriversi al registro del terzo settore.

Pertanto l’associazione culturale che organizza corsi in favore dei propri associati o tesserati perde da subito la possibilità di applicare l’articolo 148 Tuir.

Ma, incredibilmente, la riforma non tocca l’articolo 4 del D.P.R. 633/1972 laddove, con una simmetria pur non perfetta ma evidente, pone fuori campo Iva le medesime prestazioni defiscalizzate dall’articolo 148 in favore degli enti associativi che ne abbiano i requisiti.

Potremmo trovarci di fronte, pertanto, per gli enti non commerciali su base associativa che non entrano nel terzo settore e che non siano sportive, alla situazione per la quale i corrispettivi dei corsi saranno “commerciali” ai fini dei redditi e “istituzionali” ai fini Iva?

Mi auguro che l’Agenzia delle Entrate mi dica in cosa sbaglio quanto prima.

Temi e questioni del terzo settore e dell’impresa sociale 2017