21 Gennaio 2019

Nuova tassazione per trasparenza per le controllate estere

di Marco Bargagli
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Nel corso degli anni la normativa conosciuta tra gli addetti ai lavori come CFC (Controlled Foreign Companies) ha subìto numerose modifiche riferite ai criteri di individuazione degli Stati o territori a fiscalità privilegiata.

In merito, si è passati da un approccio basato sulla tradizionale black list, emanata ai sensi del D.M. 21.11.2001, alla valutazione del livello di tassazione nominale cui è soggetta l’impresa estera.

Sino al periodo d’imposta 2018, ai sensi dell’articolo 167, comma 1, Tuir, se un soggetto residente in Italia deteneva, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o altro ente residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato erano imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute.

Sul punto, per individuare il regime fiscale privilegiato, l’articolo 167, comma 4, Tuir, nella versione emendata dalla L. 208/2015 (stabilità 2016), prevedeva che: “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”.

In buona sostanza, a partire dal 1° gennaio 2016, si consideravano privilegiati:

  • i regimi in cui il livello nominale di tassazione risultava inferiore al 50% rispetto a quello applicato in Italia;
  • i regimi fiscali speciali.

Nella sua versione originaria, ai fini della tassazione per trasparenza, la normativa in rassegna prevedeva una netta distinzione tra le imprese controllate estere “paradisiache”, ossia quelle  localizzate in Stati e territori a fiscalità privilegiata, rispetto alle c.d. “white list passive income companies”.

In merito a queste ultime, ai sensi dell’articolo 167, comma 8-bis, Tuir, la normativa CFC operava infatti anche nella particolare ipotesi in cui le imprese controllate estere fossero localizzate in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata, al ricorrere congiunto delle seguenti condizioni:

  • tassazione effettiva inferiore a più della metà rispetto a quella a cui sarebbero state soggette qualora residenti in Italia;
  • conseguimento di proventi iscritti in bilancio derivanti, per più del 50%, dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie (tipicamente gli interessi attivi), dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica (es. royalties attive), nonché dalla prestazione di servizi infragruppo resi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Giova sottolineare che l’articolo 4 D.Lgs. 142/2018 ha introdotto ulteriori norme a contrasto delle pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, modificando, con decorrenza giuridica dal 12 gennaio 2019, anche la disciplina prevista in materia di imprese estere controllate.

In particolare, le novità di maggiore rilevo prevedono:

  • l’eliminazione della precedente distinzione tra Paesi black list e white list;
  • l’introduzione di due nuove condizioni pregiudiziali di accesso;
  • la possibilità di disapplicazione del regime CFC, in funzione dello svolgimento di un’attività economica effettiva.

Nello specifico, ai sensi del novellato articolo 167, comma 4, Tuir, attualmente la tassazione per trasparenza si applica se i soggetti controllati non residenti integrano, congiuntamente, le seguenti condizioni:

  • sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
  • oltre un terzo dei proventi da essi realizzati rientra in una o più delle seguenti categorie:
  1. interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
  2. canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
  3. dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
  4. redditi da leasing finanziario;
  5. redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
  6. proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
  7. proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

La nuova versione dell’articolo 167, comma 5, Tuir prevede poi la possibilità di disapplicare le regole CFC, sulla base di una particolare esimente.

Infatti, dal 2019, la tassazione per trasparenza non si applicherà se il soggetto residente in Italia dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Infine, corre l’obbligo di evidenziare che è anche cambiata la nozione di controllo rilevante per far scattare le regole impositive in rassegna.

A tale fine si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti  non  residenti  nel  territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

  • sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi  dell’articolo 2359 cod. civ., da parte di un soggetto residente in Italia;
  • oltre il 50% della partecipazione agli utili dei soggetti non residenti è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più  società  controllate  (ex articolo 2359 cod. civ.) o tramite  società  fiduciaria  o interposta persona, da un soggetto residente in Italia.

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La disciplina CFC e il rimpatrio degli utili esteri