13 Maggio 2016

Nullità della sentenza per “error in procedendo” ed omessa motivazione

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 5205 del 16 marzo 2016, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulle conseguenze derivanti dall’errata applicazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art.112 c.p.c., in base al quale “il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa”.

Con la decisione in commento, il Giudice di legittimità ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso proposto ex art. 360, co.1, n. 3, c.p.c. (violazione o falsa applicazione di norme di diritto) con cui l’Amministrazione finanziaria ha lamentato la violazione dell’art.112 c.p.c..

La questione trae origine dalla decisione della Commissione Tributaria Regionale in cui è stata rilevata l’omessa impugnazione da parte dell’Ufficio della sentenza di primo grado “nella parte in cui evidenzia i singoli addebiti attribuiti a carico dell’accertamento” senza che sia stata formulata opposizione ai conteggi prospettati dalla società appellante. Di contro, l’Amministrazione finanziaria ha affermato di aver censurato globalmente la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, ritenuta errata per la sua “arbitrarietà” nella determinazione delle detrazioni. Per tali motivi, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione impugnando la decisione della CTR che, nel dirimere la controversia, avrebbe peraltro omesso di pronunciarsi sulle deduzioni contenute nell’appello incidentale, violando in tal maniera la disposizione di legge prevista dall’art. 112 c.p.c..

In via subordinata, la parte ricorrente ha chiesto l’annullamento della sentenza di secondo grado per omessa motivazione in merito alle deduzioni prospettate dall’Ufficio che, nel caso di specie, sarebbero state totalmente trascurate.

Sul punto, la Corte di legittimità ha chiarito che l’errata applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato può dar luogo a due diverse tipologie di vizio: come prima ipotesi, può accadere che il giudice ometta completamente di pronunciarsi su una domanda o su un’eccezione, ricorrendo così “un vizio di nullità della sentenza per “error in procedendo” censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4”; in alternativa, può accadere che il giudice, nonostante si sia pronunciato sulla domanda o sull’eccezione, non abbia preso in esame “una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione”, motivo per cui in tale ultima eventualità “ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Appare utile ricordare che, in base agli insegnamenti della Corte di Cassazione, “in tema di provvedimenti del giudice, ricorre il vizio di omessa pronuncia laddove il giudicante emetta una decisione sostanzialmente priva di argomenti coerenti, con motivazione figurativa e meramente apparente” (Cass. 4882/2016), mentre “il vizio di violazione di norme di diritto suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma” (Cass. n. 19433/2011; 8315/2013).

Ciò posto, con la sentenza n. 5205/2016, la Cassazione ha rilevato la proposizione da parte dell’Ufficio di un motivo di ricorso in evidente contrasto con il consolidato orientamento interpretativo in base al quale “l’omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, risolvendosi nella violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto”, mentre “rientra nel vizio previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, il silenzio del medesimo giudice in ordine ad una ovvero ad alcune delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o eccezione” (Cass. sent. n. 7268/2012).

In altri termini, l’Amministrazione finanziaria, lamentando il mancato esame delle questioni sottoposte alla CTR, avrebbe dovuto censurare la sentenza di merito sotto il profilo motivazionale e non, come invece ha fatto, per violazione di norme, con l’inevitabile conseguenza che “l’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso”.