3 Dicembre 2015

Non è abusivo rendere il ruling da Patent box facoltativo

di Alessandro Bonuzzi
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La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 36/E/2015 dello scorso 1 dicembre ha fornito, tra le altre cose, i primi chiarimenti sulla disciplina delle operazioni straordinarie nell’ambito del Patent box.

Sul tema, il decreto ministeriale 30 luglio 2015, attuativo della disciplina dell’agevolazione, all’articolo 5 stabilisce che “in caso di operazioni di fusione, scissione e conferimento d’azienda, il soggetto avente causa subentra nell’esercizio dell’opzione effettuato dal dante causa, anche in relazione al sostenimento dei costi di cui all’articolo 9”.

La relazione illustrativa al decreto precisa che “in caso di operazioni straordinarie neutrali ai fini fiscali il soggetto avente causa subentra al dante causa nell’esercizio dell’opzione, sia con riguardo al computo degli anni di durata della medesima sia in relazione all’eredità dei costi rilevanti agli effetti del calcolo del rapporto di cui all’articolo 9”, ovverosia del rapporto tra costi qualificati, al numeratore, e costi complessivi, al denominatore.

Per costi qualificati devono intendersi quei costi afferenti le attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente dall’impresa, da Università o enti di ricerca e da società terze.  

L’ammontare dei costi complessivi è costituito, invece, dai costi qualificati a cui vanno sommati i costi derivanti da operazioni infragruppo sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale e l’eventuale costo di acquisizione (incluso il costo della licenza) del bene intangibile stesso.

A riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che “il numeratore e il denominatore non differiscono per natura dei costi ivi indicati, ma soltanto per il diverso computo delle spese di R&S derivanti da rapporti con consociate e di quelli relative ad acquisizioni degli immateriali”.

Il rapporto tra costi qualificati e complessivi è un elemento fondamentale per il conteggio della quota di reddito agevolabile su cui va applicata la percentuale per il calcolo del beneficio fiscale consistente in una variazione in diminuzione ai fini Irpef/Ires e Irap. La quota di reddito agevolabile è determinata secondo la seguente formula: costi qualificati/costi complessivi*reddito agevolabile.

Il contributo economico del bene immateriale al reddito complessivo dell’impresa deve obbligatoriamente essere determinato sulla base di un apposito accordo di ruling, ma solo quando esso deriva dall’utilizzo diretto del bene stesso. La procedura di ruling è opzionale, invece, in caso di utilizzo indiretto posto in essere nell’ambito di operazioni infragruppo.

La realizzazione di un’operazione di fusione, scissione o conferimento d’azienda potrebbe consentire di aggirare l’obbligo del ruling mediante il passaggio da un utilizzo diretto a uno sfruttamento indiretto del bene immateriale. Peraltro, il tutto si svolgerebbe in piena neutralità fiscale.

Sulla questione la circolare n. 36/E ha chiarito che, comunque, nel presupposto che venga svolga un’effettiva attività di ricerca e sviluppo, ciascuna delle operazioni straordinarie richiamate non può ritenersi elusiva o abusiva anche se esclusivamente finalizzata a evitare il ruling obbligatorio.

Ciò in ragione del fatto che, non emergendo alcun vantaggio di natura fiscale, manca il presupposto per applicare il nuovo articolo 10-bis L. 212/2000 secondo cui “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.

In sostanza, l’Agenzia “ritiene che non sia abusiva l’operazione di fusione, scissione o conferimento di azienda a seguito della quale non ricorre più l’obbligo di presentare l’istanza di ruling – in quanto il bene immateriale non viene più utilizzato direttamente – ma sussiste la semplice facoltà di presentazione della medesima istanza – in quanto il bene immateriale viene concesso in uso ad altra società appartenente al medesimo gruppo”.

Da ultimo, l’Ufficio avverte che resta fermo il potere di sindacare la congruità dei corrispettivi pattuiti per la concessione in uso del diritto allo sfruttamento del bene immateriale tra società appartenenti al medesimo gruppo.