25 Febbraio 2022

No utili extra-bilancio al socio non amministratore

di Angelo Ginex
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In tema di accertamento, la presunzione di distribuzione ai soci di una società di capitali a ristretta base sociale degli utili extra-bilancio, non opera nei confronti del socio che abbia fornito la prova della sua estraneità alla gestione e conduzione societaria.

È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 6119, depositata ieri 24 febbraio, la quale consolida il filone giurisprudenziale in materia di accertamento in capo ai soci dei maggiori utili extra-bilancio della società di capitali a ristretta base sociale (cfr., Cass. n. 26248/2010; n. 19680/2012; n. 8473/2014; n. 1932/2016; n. 23247/2018; n. 27049/2019).

La vicenda in esame trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2014, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione il maggior reddito del contribuente, derivante dalla partecipazione ad una S.r.l. a ristretta base sociale; detta società, a sua volta, era risultata destinataria di un avviso di accertamento, divenuto poi definitivo in seguito al passaggio in giudicato della sentenza di rigetto del ricorso dalla stessa proposto.

Tale atto veniva impugnato dal socio, il quale risultava vittorioso all’esito dei due gradi di merito. In particolare, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, nel confermare la pronuncia di primo grado, aveva affermato che la presunzione di distribuzione ai soci di una società di capitali a ristretta base partecipativa degli utili extra-contabili, opera in via automatica solo nel caso del socio che rivesta la qualifica di amministratore della società e/o abbia la sua rappresentanza legale; mentre per gli altri soci, i quali non hanno la disponibilità degli utili occulti, l’Ufficio deve fornire la prova del loro coinvolgimento della gestione sociale.

Avverso tale decisione proponeva ricorso in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un unico motivo di doglianza, con cui lamentava la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 cod.civ. e dell’articolo 38, comma 3, D.P.R. 600/1973.

L’Ufficio deduceva che la CTR aveva ritenuto erroneamente non operante la presunzione di distribuzione ai soci di una società di capitali a ristretta base sociale degli utili extra-bilancio, affermando come l’operatività della presunzione sia subordinata alla prova, da parte dell’Agenzia delle Entrate, del coinvolgimento del socio nella gestione della società. Esso, inoltre, contestava l’affermazione del giudice di appello secondo cui il solo fatto di essere socio non può portare alla conclusione di avere la disponibilità degli utili extra-bilancio, i quali sarebbero invece unicamente a disposizione dell’amministratore.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, evidenziando come essa abbia censurato soltanto la dedotta violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione al riparto dell’onere probatorio in tema di distribuzione ai soci di una società di capitali a ristretta base sociale degli utili extra-bilancio. Essa, invece, non ha contestato – come osservato dai giudici di legittimità – l’accertamento compiuto dalla CTR in merito alla estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria, che consente quindi il superamento della presunzione di distribuzione ai soci di una società di capitali a ristretta base sociale degli utili extra-bilancio e che prescinde dal ritenuto mancato assolvimento dell’onere probatorio erroneamente posto a carico dell’Amministrazione finanziaria.

Al riguardo, la Suprema Corte ha rilevato che la CTR aveva affermato che: «Nel caso di specie detta prova non è stata fornita, anzi al contrario, sia nel PVC di riferimento sia nel procedimento penale instaurato e sia nell’atto di appello dove l’agenzia precisa che i prelevamenti furono operati dall’amministratore e non già dai soci, i soci proprietari delle quote sociali, tra cui il contribuente, sono risultati estranei alla gestione della società oggetto dell’avviso di accertamento principale».

Ciò detto, la Suprema Corte ha richiamato il consolidato orientamento in materia secondo cui l’accertamento di utili extra-contabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale, consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (cfr., Cass. n. 26248/2010; n. 8473/2014; n. 27049/2019).

È stato altresì rammentato che il principio sopra enunciato è stato completato dalla Corte di Cassazione con la precisazione che la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio può essere vinta dal contribuente socio dimostrando l’estraneità alla gestione e conduzione societaria (cfr., Cass. n. 19680/2012; n. 24572/2014; n. 1932/2016; n. 26873/2016; n. 17461/2017; n. 18042/2018; n. 23247/2018).

Sulla base di quanto sopra, quindi, la Cassazione ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, dal momento che – come detto – il giudice di appello aveva ritenuto che dagli elementi acquisiti al processo e specificamente indicati in sentenza, emergesse la prova positiva della estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria, e che tale accertamento non è stato oggetto di specifica censura.