7 Maggio 2019

Nelle indagini finanziarie il contraddittorio è sempre obbligatorio?

di Marco Bargagli
Scarica in PDF

A mente dell’articolo 32, comma 1, n. 2), D.P.R. 600/1973 gli uffici delle imposte possono invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche con riguardo ai rapporti ed alle operazioni bancarie acquisiti da parte dell’Amministrazione finanziaria.

I dati e gli elementi raccolti dall’Ufficio possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti tributari, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.

Alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili.

L’attuale formulazione dell’articolo 32, comma 1, n. 2), D.P.R. 600/1973, con specifico riferimento alla parte relativa ai prelievi bancari non giustificati, è stata novellata dal D.L. 193/2016 convertito, con modificazioni, dalla L. 225/2016 a seguito dell’autorevole sentenza n. 228/2014 emessa dalla Corte Costituzionale, nella quale la consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della presunzione, nella parte relativa ai compensi conseguiti dai lavoratori autonomi, sulla base della fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali contabilizzati sui conti bancari intestati agli stessi.

Per tale motivo, con effetto dal 3 dicembre 2016:

  • è stata abrogata la presunzione legale relativa ai prelevamenti non giustificati a carico dei professionisti;
  • a carico delle imprese, con riguardo ai prelievi di importo superiore a 1.000 euro giornalieri e a 5.000 euro mensili, opera ancora la presunzione di evasione fiscale (articolo 32, comma 1, n. 2), D.P.R. 600/1973).

Con riferimento alle disposizioni sopra richiamate, sul contribuente sottoposto ad una verifica fiscale basata sugli accertamenti bancari e patrimoniali, gravano precisi oneri probatori.

Infatti, per effetto delle presunzioni legali relative previste dalla normativa di riferimento:

  • i versamenti non giustificati, risultanti dai conti correnti intestati al contribuente, potranno essere considerati come redditi sottratti a tassazione;
  • i prelevamenti effettuati che non risultano dalle scritture contabili, se non viene indicato il beneficiario delle somme, saranno considerati maggiori ricavi o compensi con conseguente rettifica del reddito d’impresa.

Anche la prassi operativa ha fornito importanti chiarimenti sul tema delle indagini finanziarie (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume II – parte IV – capitolo 5 “Le indagini finanziarie nel corso dell’attività ispettiva: disciplina generale e regole procedurali”, pag. 215 e ss).

Il citato documento di prassi rileva che, affinché il sistema presuntivo previsto in subiecta materia operi pienamente, è necessario che le indagini finanziarie siano attivate ed eseguite secondo la specifica procedura indicata dalla normativa prevista in tema di accertamento ai fini imposte dirette e Iva.

A tal proposito, la disciplina in esame contempla la possibilità di invitare il contribuente a comparire di persona o a mezzo di rappresentante: le richieste operate e le risposte ricevute devono risultare dal verbale sottoscritto.

In merito, risulta ampiamente dibattuta la questione riferita alla obbligatorietà o meno del contraddittorio e alle eventuali conseguenze derivanti dalla sua mancata effettuazione.

Per un lungo periodo, valorizzando il dato testuale, si è ritenuto che l’invito rivolto al contribuente per fornire i dati e gli elementi giustificativi, relativamente a quanto risultante dalla documentazione finanziaria acquisita agli atti del controllo, costituisse oggetto di una semplice facoltà conferita agli organi di controllo.

In particolare, i Supremi Giudici hanno aderito a questa impostazione riconoscendo la legittimità, ai fini dell’accertamento in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, dell’utilizzazione dei dati relativi ai movimenti dei conti correnti bancari del contribuente anche in assenza di una apposita convocazione dello stesso nella fase istruttoria.

Tuttavia, a fronte di tale prevalente orientamento, ha preso corpo anche una diversa linea di pensiero ispirata allo Statuto dei diritti del contribuente, che intende dare il giusto risalto alla partecipazione del contribuente nelle principali fasi dell’attività ispettiva, in un’ottica di un rapporto improntato a canoni di collaborazione e buona fede con l’Amministrazione finanziaria.

Di conseguenza, il contraddittorio riferito alle indagini finanziarie è stato talvolta ritenuto fondamentale ai fini della legittimità dell’utilizzo delle presunzioni a carico del contribuente (cfr. Corte di cassazione, Sez. V, sentenza n. 18370/2015 e Corte di cassazione, Sez. V, sentenza n. 4314/2015).

Circa il contraddittorio tra il Fisco e il contribuente nell’ambito delle indagini finanziarie, con la recente ordinanza n. 5777 pubblicata in data 27.02.2019, la suprema Corte di cassazione ha nuovamente confermato che l’invito al contribuente finalizzato a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei sui confronti, espressamente previsto dall’articolo 32 D.P.R. 600/1973, costituisce per l’Ufficio finanziario una mera facoltà.

Sullo specifico punto gli Ermellini hanno precisato che, in tema di accertamento delle imposte sul reddito, l’articolo 32 D.P.R. 600/1973, nella parte in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, attribuisce all’Ufficio una mera facoltà, il cui mancato esercizio non determina l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro”.

Infine, atteso il tenore letterale della disposizione e la discrezionalità ivi espressamente prevista, non può:

  • ritenersi obbligatoria la convocazione del contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento;
  • sostenersi che siffatta discrezionalità violi il diritto di difesa, potendo l’Ufficio procedere al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del potere di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte dall’interessato.

Il nuovo codice della crisi e dell’insolvenza