4 Settembre 2017

Minus da cessione agevolata deducibile solo se a valore di mercato

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La minusvalenza derivante dalla cessione agevolata dei beni ai soci è deducibile solo se il corrispettivo è pari al valore di mercato del bene, non essendo sufficiente che il prezzo sia pari al valore catastale del bene. È quanto emerge dalla recente risoluzione 101/E del 27 luglio scorso, in cui l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un’istanza di interpello formulata da una società che nel corso del 2016 ha proceduto alla cessione di un bene immobile ad un socio fruendo delle agevolazioni previste dalla L. 208/2015. Il quesito è duplice: in primo luogo, si chiede di sapere se la minusvalenza sia deducibile, considerando che il bene è stato oggetto di una rivalutazione in passato e che il corrispettivo viene assunto in base al valore di mercato desumibile da una perizia di stima; in secondo luogo, si chiede se tale comportamento sia lesivo della disciplina dell’abuso del diritto di cui all’articolo 10-bis della L. 212/2000. Prima di entrare nel merito della questione, l’Agenzia ricorda che affinché un’operazione possa qualificarsi come abusiva è necessario che ricorrano congiuntamente le tre seguenti condizioni:

  • la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, che si concretizza nell’ottenimento di benefici anche non immediati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario;
  • l’assenza di sostanza economica dell’operazione;
  • l’essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale.

Pur in presenza dei tre requisiti, l’Agenzia ricorda che in base al successivo comma 3 dell’articolo 10-bis non possono considerarsi abusive quelle operazioni che sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale).

In merito alla deducibilità della minusvalenza, l’Agenzia ritiene che sia necessario distingue due ipotesi:

  • la cessione genera un plusvalore: nel qual caso su tale differenziale è possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’8% anche se il valore normale è stato determinato in misura pari al valore catastale del bene;
  • la cessione genera una minusvalenza: nel qual caso si ritiene che il componente negativo di reddito non sia deducibile dal reddito d’impresa se sia stato utilizzato il valore catastale quale parametro di determinazione della stessa minusvalenza.

Citando la circolare 37/E, l’Agenzia evidenzia che la minusvalenza può essere dedotta solo qualora sia stata determinata assumendo il valore normale quale corrispettivo, tenendo conto che la cessione avviene tra parti tra loro non indipendenti (socio e società). Ai fini Irap, invece, l’applicazione del principio della “presa diretta” dal bilancio comporta la possibilità di dedurre l’importo rilevato nella contabilità della società. Come già osservato in dottrina, le conclusioni cui perviene l’Agenzia delle Entrate non sembrano coerenti con quanto riportato nella citata circolare 37/E/2016, poiché in tale documento l’Agenzia ha precisato che la deduzione della minusvalenza è permessa in caso di assegnazione solo se il valore dell’immobile è almeno pari al valore normale dell’immobile. Ma tale affermazione non è prevista per la cessione agevolata, per la quale l’Agenzia ha sempre affermato che il corrispettivo non può essere inferiore al minore tra valore normale e valore catastale.

Infine, per quanto riguarda l’eventuale violazione della disciplina sull’abuso del diritto, l’Agenzia ritiene che la possibilità di scelta tra cessione o assegnazione agevolata è prevista dallo stesso legislatore, con la conseguenza che non potrebbe mai dare origine ad un risparmio d’imposta sindacabile ai fini dell’abuso del diritto.

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