5 Maggio 2025

L’utilizzo del deposito Iva nelle triangolazioni

di Marco Peirolo
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La scheda di FISCOPRATICO

Nelle operazioni con due soggetti italiani e un soggetto estero in veste di promotore della triangolazione, l’addebito dell’Iva da parte del primo cedente italiano può essere evitata ricorrendo all’utilizzo del deposito Iva, disciplinato dall’articolo 50-bis, D.L. 331/1993.

Se i beni sono venduti ad un cessionario non residente che, a sua volta, li rivende al proprio cliente italiano, entrambe le cessioni sono territorialmente rilevanti in Italia, ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, D.P.R. 633/1972.

In particolare, il cedente italiano è tenuto ad addebitare l’Iva nella fattura emessa nei confronti del cessionario estero, mentre il cessionario finale italiano deve assolvere l’imposta dovuta sull’acquisto con il meccanismo del reverse charge “esterno”, di cui all’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972.

A quest’ultimo riguardo, tale disposizione prevede che gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato UE, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione in base agli articoli 46 e 47, D.L. 331/1993.

Il cessionario finale italiano, pertanto, applica la procedura di integrazione di registrazione prevista per gli acquisti intracomunitari se il promotore della triangolazione è stabilito in altro Stato UE, oppure la procedura di autofatturazione se lo Stato di stabilimento del promotore è al di fuori della UE.

In entrambi i casi, come confermato dalla versione 1.10 della Guida alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro, al fine di adempiere agli obblighi comunicativi di cui all’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015, il cessionario deve predisporre un altro documento, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura ricevuta dal cedente estero, ed inviarlo tramite Sistema di Interscambio con TipoDocumento “TD19” che verrà recapitato solo al soggetto emittente. Il documento integrativo elettronico sarà utilizzato in fase di elaborazione delle bozze dei registri Iva da parte dell’Agenzia delle entrate. La trasmissione del TipoDocumento “TD19” consente anche di adempiere all’obbligo di integrazione/autofatturazione ai sensi del citato articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972.

Come chiarito dalla risoluzione n. 21/E/2015, nel caso in cui il promotore della triangolazione sia identificato ai fini IVA in Italia, direttamente, ex articolo 35-ter, D.P.R. 633/1972, o mediante un rappresentante fiscale, nominato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, D.P.R. 633/1972, il debitore d’imposta resta in ogni caso il cessionario finale. Di conseguenza, la posizione Iva italiana del promotore non può emettere fattura con applicazione dell’imposta e, inoltre, è necessario che la fattura oggetto di reverse charge sia intestata alla partita Iva estera del promotore medesimo.

Tuttavia, la risoluzione n. 89/E/2010 consente che, in relazione alla cessione interna, la posizione Iva italiana del soggetto estero possa, per proprie esigenze, emettere nei confronti del cessionario residente un documento non rilevante ai fini Iva, con indicazione della circostanza che l’imposta afferente tale operazione verrà assolta dal cessionario.

Il promotore della triangolazione, anche se identificato ai fini Iva in Italia, può chiedere il rimborso dell’Iva applicata dal cedente italiano mediante la procedura del “portale elettronico” di cui all’articolo 38-bis.2, D.P.R. 633/1972, oppure – se il promotore non è stabilito nella UE – mediante la procedura dell’articolo 38-ter, D.P.R. 633/1972, ma solo se ricorre la condizione di reciprocità (attualmente ammessa per gli operatori stabiliti nel Regno Unito, Svizzera, Norvegia e Israele).

In alternativa, è possibile operare attraverso l’istituto del deposito Iva, secondo le modalità di seguito descritte:

  • il cedente italiano vende i beni al promotore con contestuale introduzione nel deposito IVA e, quindi, emette fattura non soggetta a Iva, ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lettera c), D.L. 331/1993;
  • il promotore vende i beni al cessionario italiano, in regime di deposito Iva, senza estrazione, emettendo fattura non soggetta a Iva, ai sensi dell’articolo 50-bis, comma 4, lettera e), D.L. 331/1993;
  • il cessionario italiano, ai fini dell’estrazione dei beni dal deposito, versa l’Iva al gestore del deposito, il quale provvede a versarla all’Erario con il modello F24 in nome e per conto del cessionario, ed emette autofattura con TipoDocumento “TD23” da annotare nel registro degli acquisti. In alternativa, come previsto dall’articolo 50-bis, comma 6, D.P.R. 633/1972, previa presentazione della dichiarazione d’intento al gestore del deposito, il cessionario può procedere all’estrazione dei beni senza pagamento dell’imposta utilizzando il plafond disponibile.