23 Settembre 2017

L’incentivazione alla produzione di cannabis sativa

di Luigi Scappini
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Ai sensi dell’articolo 2135, codice civile, è imprenditore agricolo chi svolge, alternativamente, una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura o allevamento di animali. Il comma 2 si occupa di definire compiutamente le suddette attività, stabilendo che sono tali quelle “dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.

Tra le attività di coltivazione di vegetali, che si ricorda non deve più, a seguito della riforma di cui alla L. 57/2001, essere obbligatoriamente effettuata sul fondo, elemento quest’ultimo che da imprescindibile è diventato “solo” potenziale, rientra anche quella di cannabis sativa che il Governo a mezzo della L. 242/2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre 2016, intende incentivare.

Scopo dell’intervento legislativo è quello di sviluppare e sostenere la filiera della canapa per il fine ultimo, tra gli altri, della riduzione del consumo dei suoli, della desertificazione e della perdita di biodiversità.

L’articolo 1, comma 2, L. 242/2016, si occupa di delimitare la tipologia di cannabis coltivabile, individuandola nelle varietà che risultano iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17, Direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, che non rientrano tra quelle disciplinate con il D.P.R. 309/1990 (il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).

Le misure previste per il sostegno della coltivazione della canapa, individuati nel limite massimo di 700.000 euro annui, sono finalizzate a:

  • coltivazione e trasformazione;
  • incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;
  • sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;
  • produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
  • realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca.

La coltivazione di tale tipologia di canapa è consentita senza particolari autorizzazioni, tuttavia, è necessario, sia prestare particolare attenzione in termini di contenuto di THC della pianta, sia di utilizzo della stessa.

Nel primo caso, infatti, la libera coltivazione è ammessa fintantoché le piante mantengano un contenuto non superiore allo 0,2, elevato allo 0,6 nei casi in cui la pianta abbia subito uno stress. Resta inteso che in ipotesi di superamento l’imprenditore agricolo dovrà avvisare le autorità competenti che provvederanno al relativo sequestro e distruzione.

L’articolo 2, L. 242/2016 individua quali sono i possibili utilizzi sovvenzionati della canapa coltivata:

  1. alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori;
  2. semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico. In quest’ultimo caso, tuttavia, per espressa previsione normativa, l’uso è consentito solamente per l’autoproduzione di energia aziendale, nei limiti e alle condizioni di cui all’allegato X al D.Lgs. 152/2006;
  3. materiale destinato alla pratica del sovescio;
  4. materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;
  5. materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
  6. coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;
  7. coltivazioni destinate al florovivaismo.

Oltre a queste accortezze, è fatto compito del produttore conservare i cartellini della semente acquistata per almeno 12 mesi, nonché quello di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.

A chiusura si ricorda, come anticipato in premessa, che per quanto concerne gli aspetti fiscali, la coltivazione della cannabis potrà avvenire alternativamente o direttamente sul campo o a mezzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, nel qual caso di dovranno rispettare i limiti di cui all’articolo 32, comma 2, lettera b), Tuir (la produzione non deve essere eccedente il doppio della superficie su cui la produzione stessa insiste). In caso contrario, per l’eccedenza di renderà applicabile, ove possibile, la disciplina prevista dall’articolo 56-bis, comma 1, Tuir.

La fiscalità dell’imprenditore agricolo