5 Dicembre 2017

Legittima la notifica della sentenza presso la sede dell’Agente Riscossione

di Angelo Ginex
Scarica in PDF

La notificazione della sentenza di primo grado effettuata direttamente alla sede dell’Agente della Riscossione, anziché presso il procuratore costituito ex articolo 285 c.p.c., è valida e idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, anche se il soggetto destinatario della notifica non è il legale rappresentante dell’ente. È questo l’interessante principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 20 novembre 2017, n. 27420.

La vicenda trae origine dalla proposizione di un ricorso in appello avverso la decisione della competente Commissione tributaria provinciale, che aveva annullato le cartelle di pagamento impugnate dal contribuente. Tale gravame veniva dichiarato inammissibile perché proposto oltre il termine breve di 60 giorni decorrente dalla data di notificazione della sentenza di primo grado effettuata direttamente alla parte. Pertanto, l’Agente della Riscossione proponeva ricorso per cassazione, cui resisteva il contribuente con controricorso.

Nella pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour hanno rammentato, innanzitutto, come, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’articolo 49 D.Lgs. 546/1992, richiamando solo alcune disposizioni del codice di procedura civile, rende applicabile anche l’articolo 16 D.Lgs. 546/1992 (cfr., Cass., sentenza n. 10474/2003).

Quest’ultimo regola le modalità delle notificazioni degli atti del processo tributario e – in tale ambito – detta una disciplina speciale, in virtù della quale è sempre consentita “la consegna a mani proprie”, intendendosi in tal caso tutte le forme di notifica previste dagli articoli 138 e 140 c.p.c., e la notifica a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani proprie del destinatario.

A tal proposito, la Suprema Corte ha precisato che l’espressione “mani proprie”, secondo una stretta interpretazione letterale, imposta dalla natura processuale speciale della norma, è da riferire esclusivamente alla parte e, quindi, la consegna in mani proprie della parte rappresenta la modalità di comunicazione e notificazione di atti e provvedimenti alla quale si può sempre ricorrere.

Conseguentemente, la notificazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale a mani proprie della parte o alla persona dalla stessa delegata, quand’anche nel giudizio “a quo” si sia costituita a mezzo di un difensore, è valida ed idonea a fare decorrere il termine breve di impugnazione previsto dall’articolo 51, comma 1, D.Lgs. 546/1992 (cfr., ex multis Cass., sentenze nn. 3795/2016, 18936/2015, 7059/2017, 20570/2011 e 16234/2010).

Né può assumere alcuna valenza – secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione – la mancata indicazione, nella relata di notificazione, della qualità del soggetto che riceve il plico presso la sede dell’Agente della Riscossione, in quanto, ai fini della regolarità della notifica a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede ex articolo 145, comma 1, c.p.c., senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica (cfr., Cass., sentenza n. 14865/2012).

Ne deriva che, se dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trova nei locali della sede, si presume che tale persona sia addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, avendo la società l’onere, per vincere la presunzione in parola, di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non è neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno.

In virtù di quanto sopra, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso per cassazione, condannando l’Agente della Riscossione al pagamento in favore del contribuente delle spese processuali, oltre al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex articolo 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002.

 

Le nuove frontiere dell’accertamento e della riscossione