31 Ottobre 2013

Legge di stabilità 2014: stretta sulle compensazioni

di Adriana Padula
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Non si arresta la proliferazione di restrizioni e cautele formali richieste per portare in compensazione i crediti d’imposta. Il disegno di legge di Stabilità 2014, già a partire dal 2013 (da intendersi come crediti formatisi in tale periodo), subordina all’obbligo di apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali, l’utilizzo in compensazione orizzontale dei crediti d’imposta di importo superiore a euro 15.000.

Con l’esplicito fine di evitare un uso improprio, in frode allo Stato, dell’istituto della compensazione orizzontale, di cui all’art. 17 del D.Lgs 9 luglio 1997, n. 241, è stata già di recente introdotta una restrizione all’utilizzo dei crediti IVA. L’art. 10 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, ha infatti reso obbligatorio l’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione IVA dei soggetti che intendono avvalersi della compensazione in misura superiore a euro 15.000.

Sotto tiro, quindi, le così dette compensazioni orizzontali, quelle cioè che determinano l’utilizzo di crediti d’imposta risultanti dalle dichiarazioni fiscali e dalle denunce periodiche, per il pagamento di tributi e contributi dovuti anche a enti impositori differenti. Rimane esclusa da detta limitazione, invece, la compensazione verticale, o interna, che consente al contribuente di recuperare i crediti maturati e non chiesti a rimborso, con debiti della stessa imposta.

La previsione contenuta nella finanziaria 2014 replica, in buona sostanza, i contenuti delle misure già varate nel comparto dell’imposta sul valore aggiunto, estendendone l’ambito oggettivo di applicazione ai saldi attivi delle imposte sui redditi e delle addizionali, delle ritenute d’acconto, delle imposte sostitutive dell’imposta sul reddito e dell’IRAP, se di importo superiore ad 15.000 euro annui.

Legittimati al rilascio del visto di conformità di cui all’art. 35, comma 1, lettera a), del D.lgs. n. 241 del 1997, sono i dottori commercialisti ed esperti contabili, i consulenti del lavoro, i soggetti con apposita laurea iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli delle Camere di Commercio, i centri di assistenza fiscale. In alternativa all’apposizione del visto, è ammessa la sottoscrizione della dichiarazione da parte dei soggetti chiamati ad esercitare il controllo contabile di cui all’art. 2409-bis del codice civile, i quali rimangono obbligati ad attestare l’esecuzione dei medesimi controlli richiesti al fine del rilascio del visto di conformità.

L’infedele attestazione di avvenuta effettuazione delle verifiche propedeutiche all’apposizione del visto di conformità, è colpita dalla sanzione amministrativa di cui all’art. 39, del D.Lgs 9 luglio 1997, n. 241, con un minimo di 258 euro e un massimo di 2.582 euro.

Sembra potersi ragionevolmente ritenere estendibile al caso di specie, il chiarimento fornito dall’amministrazione finanziaria nella circolare 15 gennaio 2010 n. 1/E, in relazione al regime sanzionatorio applicabile all’utilizzo del credito IVA in misura superiore alla soglia consentita, nei casi in cui dalla dichiarazione non risulti il visto di conformità. In tale occasione era stato, in particolare, chiarito che la fattispecie è punita con la misura stabilita dall’art. 13, del D.Lgs. n. 471 del 1997, relativa ai casi di omesso versamento, pari il 30% del credito indebitamente utilizzato.

Il testo di legge in esame nulla dispone, invece, in merito al momento a decorrere dal quale è ammesso l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta. Si rammenta che nel vigente sistema IVA, invece, è posto l’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione per l’utilizzo dei crediti in misura superiore a 5.000 euro. Qualora l’attuale assetto della norma non dovesse essere stravolto lungo il suo iter parlamentare, la presentazione dei dichiarativi non costituirebbe atto propedeutico ostativo alla compensazione dei saldi a credito, il cui diritto di utilizzo sorgerebbe dal giorno successivo a quello in cui tali crediti si sono formati.

Nell’attesa di verificare l’evoluzione della materia, agli operatori non resta che constatare, con rammarico, che il Legislatore è stato ben lungi da attuare il promesso ampliamento del tetto massimo di compensazione ma, al contrario, ne limita di fatto gli utilizzi. Da un lato, ovviamente, è giusto limitare i fenomeni di abuso ma, dall’altro, appare davvero mortificante la continua introduzione di adempimenti che si traducono in costi aggiuntivi per i contribuenti. Anche questo intervento, insomma, sembra porsi in netto contrasto con le tanto sbandierate ambizioni di semplificazione e snellimento degli adempimenti.