27 Settembre 2022

Le prove irritualmente acquisite non valgono nel processo tributario

di Marco Bargagli
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Anzitutto si rammenta che il Comando Generale della Guardia di Finanza, nella circolare 1/1998 (protocollo n. 360000 del 20.10.1998 – Volume I – Potestà e metodologia dei controlli), qualifica la verifica fiscale come: “un’indagine di polizia amministrativa finalizzata a prevenire, ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e finanziarie, qualificare e quantificare la capacità contributiva del soggetto che ad essa viene sottoposto”.

Sotto il profilo soggettivo, le ispezioni tributarie possono riguardare la generalità dei contribuenti (persona fisica, giuridica, società di persone o ente), che a vario titolo svolgono un’attività in relazione alla quale le norme tributarie o finanziarie pongono precise disposizioni, la cui inosservanza viene sanzionata in via amministrativa (ex D.Lgs. 471/1997) o, talvolta, anche in ambito penale tributario (ex D.Lgs. 74/2000).

Avuto riguardo alle garanzie del soggetto economico ispezionato, con la L. 212/2000, recante disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente, il legislatore ha introdotto particolari regole da osservare nel corso dei controlli fiscali, a partire dalla fase di accesso presso i locali del contribuente, con il quale prende formalmente avvio la verifica fiscale.

Nello specifico, per espressa disposizione normativa, l’articolo 52, comma 1, D.P.R. 633/1972, richiamato dall’articolo 33, comma 1, D.P.R. 600/1973, nonché dall’articolo 35 L. 4/1929, conferisce ai funzionari dell’Amministrazione finanziaria la facoltà di “entrare” in un determinato luogo ove il contribuente esercita un’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, anche senza il preventivo consenso del soggetto che ne ha la disponibilità, al fine di eseguirvi un controllo fiscale.

Come noto, l’articolo 12 L. 212/2000 prevede i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali.

In particolare, quando si avvia una verifica fiscale, i funzionari dell’Amministrazione finanziaria devono:

  • esibire al contribuente ispezionato la propria tessera personale di riconoscimento;
  • consegnare allo stesso, ovvero al soggetto che in quel momento lo sostituisce, copia del c.d. provvedimento autorizzativo che legittima l’accesso (ordine di accesso/foglio di servizio);
  • comunicare lo scopo della visita invitando il contribuente, ovvero chi lo sostituisce, ad esibire tutti i registri, libri e documenti la cui tenuta è obbligatoria (articolo 14 e ss. D.P.R. 600/1973);
  • illustrare al contribuente gli obblighi ed i diritti sanciti dalla L. 212/2000;
  • invitare il contribuente ad assistere alle operazioni di verifica, ovvero a farsi rappresentare da persona di fiducia (es. un avvocato, ovvero il proprio consulente fiscale);
  • redigere il processo verbale di verifica, ovvero l’atto amministrativo che reca i presupposti giuridici che legittimano l’esercizio del potere di accesso, nonché le motivazioni dell’effettuazione del controllo fiscale.

In merito giova ricordare che il potere di accesso presso i locali destinati all’esercizio di attività di impresa, agricola o di lavoro autonomo, è subordinato alla sussistenza di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo.

Di conseguenza, l’accesso presso la sede del contribuente può essere effettuato solo quando lo stesso sia necessario per ricercare le prove, anche extracontabili, di eventuali violazioni tributarie.

In merito, a titolo meramente esemplificativo, si citano alcuni casi in cui l’accesso presso la sede della società può essere giustificato dalla necessità di esperire particolari rilevazioni contabili o extracontabili, quali:

  • l’effettuazione delle giacenze di magazzino;
  • identificazione del personale dipendente (con contestuale contrasto al lavoro sommerso);
  • esecuzione di riscontri materiali (es. la rilevazione della consistenza di cassa, il riscontro dei cespiti ammortizzabili);
  • acquisizione della documentazione extra-contabile (es. appunti manoscritti, file informatici etc.).

Con particolare riferimento alla documentazione irritualmente acquisita al processo tributario, si cita l’interessante e recente intervento diramato dalla suprema Corte di cassazione, con la sentenza a SS.UU. n. 24918 del 18.08.2022, nella quale gli Ermellini hanno assunto una posizione rigorosa a favore del contribuente ispezionato.

Occorre premettere che i giudici di merito avevano accolto il ricorso ed annullato l’avviso di accertamento per mancanza di sottoscrizione del processo verbale di constatazione da parte del legale rappresentante della società, che non era stato presente alle operazioni di verifica, nonché per violazione dell’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, non essendo stato rispettato il termine dilatorio dei 60 giorni tra la notificazione del processo verbale di constatazione e l’inoltro dell’avviso di accertamento impugnato.

I giudici di piazza Cavour hanno confermato la tesi espressa nel merito, rilevando che:

  • considerato che il verbale non era stato sottoscritto dal liquidatore, ma dall’ex amministratore della società e non era stato notificato al legale rappresentante immediatamente, ma solo in seguito, unitamente all’avviso di accertamento, non era mai iniziato a decorrere il termine dilatorio di cui all’articolo 12, comma 7, L. 212/2000;
  • la successiva allegazione del verbale all’avviso di accertamento notificato al liquidatore, in qualità di legale rappresentante della contribuente, non ha certamente sanato la mancata concessione di detto termine che, come noto, inizia a decorrere solo dal rilascio di copia del verbale di constatazione.

In definitiva, l’inosservanza del termine dilatorio dei 60 giorni previsto dalla Legge, valutata anche la mancata specificazione delle ragioni di urgenza, ha determinato di per sé l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, posto che “detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva(ex multis cfr. Corte di cassazione SS.UU. n. 18184/2013).