14 Marzo 2022

Le obiettive condizioni di incertezza che escludono l’applicazione delle sanzioni amministrative

di Stefano Rossetti
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Nel nostro ordinamento tributario sono ben tre le disposizioni che prevedono l’inapplicabilità delle sanzioni amministrative quando la fattispecie è connotata da obiettive condizioni d’incertezza.

In particolare, si tratta:

  • dell’articolo 6, comma 2, D.Lgs 472/1997, secondo cui “non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento”;
  • l’articolo 10, comma 3, L. 212/2000, il quale prevede che “le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta”;
  • dell’articolo 8, comma 1, D.Lgs 546/1992 a mente del quale “la commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce”.

Si tratta di tre diverse formulazioni la cui finalità, tuttavia, è la medesima: la violazione di una norma il cui ambito applicativo non è chiaramente definito non può comportare l’irrogazione di una sanzione amministrativa.

Vi è però da sottolineare che, paradossalmente, la norma la cui finalità è quella di non sanzionare i contribuenti che, in buona fede, violano una disposizione fiscale “incerta” è a sua volta “incerta”; infatti, la dottrina si è più volte interrogata su cosa di debba intendere per “obiettive condizioni d’incertezza”.

Secondo la Corte di Cassazione , l’incertezza normativa oggettiva che, a norma delle disposizioni appena citate, esime il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferita non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e neppure all’Amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (per tutte si veda Corte di Cassazione n. 3108/2019).

In altre parole,  ad avviso della Suprema Corte per “incertezza normativa oggettiva tributaria”, che comporta l’inapplicabilità delle sanzioni amministrative tributarie, deve intendersi “la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella formazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie” (Corte di Cassazione n. 19638/2009, Corte di Cassazione n. 8825/2012 e Corte di Cassazione n. 23845/2016).

Sotto un profilo operativo, la Suprema Corte ha individuato una serie di “fatti indice” (vedasi Corte di Cassazione n. 8825/2012), il cui accertamento spetta al giudice, che possano rivelare una situazione come quella sopra descritta.

Nello specifico si tratta:

  • della difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge;
  • della difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica;
  • della difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;
  • della mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà;
  • della mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti;
  • della mancanza di precedenti giurisprudenziali;
  • della formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale;
  • del contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;
  • del contrasto tra opinioni dottrinali;
  • dell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.

Al fine di ottenere la disapplicazione delle sanzioni amministrative, il contribuente ha l’onere di provare, secondo le regole generali ex articolo 2697 cod. civ., il ricorrere dei fatti indice sopra menzionati.