24 Aprile 2018

Le nuove regole privacy – V° parte

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
Scarica in PDF

Come già anticipato nei precedenti contributi, il Regolamento europeo, introducendo il nuovo principio di  “responsabilizzazione” (o “accountability”), richiede la concreta adozione, da parte del titolare e dei responsabili, di misure di sicurezza appropriate per il rispetto del regolamento stesso.

I titolari, pertanto, devono svolgere una serie di specifiche attività preventive (dimostrabili), tenendo conto del rischio inerente al trattamento (ovvero il rischio di impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati).

Il rischio inerente al trattamento deve quindi essere preventivamente valutato, individuando le misure tecniche e organizzative idonee a mitigare tali rischi: più precisamente, l’articolo 35 Regolamento UE 2016/679 impone una “valutazione dell’impatto dei trattamenti” (o “Data Protection Impact Assessment” – DPIA), la quale non è tuttavia obbligatoria in ogni caso.

Le Linee guida “Data Protection Impact Assessment” propongono pertanto alcuni criteri utili per l’individuazione delle attività soggette alla DPIA.

In generale “fatti salvi i casi in cui un trattamento rientra nel campo di applicazione di un’eccezione, è necessario realizzare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati qualora un trattamento “possa presentare un rischio elevato”“.

Sul punto giova tra l’altro precisare che l’articolo 35 del Regolamento fornisce alcuni esempi di casi nei quali un trattamento “possa presentare rischi elevati“:

“a) una valutazione sistematica e globale di aspetti personali relativi a persone fisiche, basata su un trattamento automatizzato, compresa la profilazione, e sulla quale si fondano decisioni che hanno effetti giuridici o incidono in modo analogo significativamente su dette persone fisiche;

b) il trattamento, su larga scala, di categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9, paragrafo 1, o di dati relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10;

o c) la sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico“.

Nel caso in cui sia obbligatoria una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, quest’ultima, ai sensi dell’articolo 36, dovrà contenere almeno:

  1. una descrizione sistematica dei trattamenti previsti e delle finalità del trattamento, compreso, ove applicabile, l’interesse legittimo perseguito dal titolare del trattamento;
  2. una valutazione della necessità e proporzionalità dei trattamenti in relazione alle finalità;
  3. una valutazione dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati;
  4. le misure previste per affrontare i rischi, includendo le garanzie, le misure di sicurezza e i meccanismi per garantire la protezione dei dati personali e dimostrare la conformità al regolamento, tenuto conto dei diritti e degli interessi legittimi degli interessati e delle altre persone in questione.

Solo se le misure adottate sono idonee a mitigare il rischio potrà avvenire il trattamento dei dati; alternativamente sarà necessario consultare l’autorità di controllo competente per ottenere indicazioni su come gestire il rischio residuale.

L’Autorità, pur non avendo il potere di “autorizzare” il trattamento, potrà indicare le misure ulteriori che il titolare può implementare.

Come può desumersi, pertanto, il nuovo principio di responsabilizzazione prevede un intervento dell’Autorità solo ex-post; non è invece prevista come in passato, la notifica preventiva dei trattamenti all’autorità di controllo.

I registri delle attività di trattamento

Un ulteriore adempimento imposto dalla nuova disciplina privacy è rappresentato dall’obbligo di tenuta dei registri delle attività di trattamento, di cui all’articolo 30 Regolamento.

È in primo luogo necessario premettere che i Registri dei trattamenti non devono essere tenuti dagli organismi con meno di 250 dipendenti, a meno che il trattamento da effettuare:

  • presenti un rischio per i diritti e le libertà dell’interessato,
  • non sia occasionale, oppure
  • includa il trattamento di categorie particolari di dati di cui all’articolo 9 (dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona) o i dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10.

Il primo registro (registro delle attività di trattamento) deve essere tenuto da ogni titolare o dal suo rappresentante e deve contenere tutte le seguenti informazioni:

  1. il nome e i dati di contatto del titolare del trattamento e, ove applicabile, del contitolare del trattamento, del rappresentante del titolare del trattamento e del responsabile della protezione dei dati;
  2. le finalità del trattamento;
  3. una descrizione delle categorie di interessati e delle categorie di dati personali;
  4. le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati, compresi i destinatari di paesi terzi od organizzazioni internazionali;
  5. ove applicabile, i trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale, compresa l’identificazione del paese terzo o dell’organizzazione internazionale e, per i trasferimenti di cui al secondo comma dell’articolo 49, la documentazione delle garanzie adeguate;
  6. ove possibile, i termini ultimi previsti per la cancellazione delle diverse categorie di dati;
  7. ove possibile, una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative di cui all’articolo 32, paragrafo 1.

Come detto, la compilazione dell’appena richiamato registro è demandata al titolare del trattamento; il Regolamento prevede poi un ulteriore registro la cui compilazione è richiesta al responsabile del trattamento, il quale, appunto, deve tenere un registro di tutte le categorie di attività relative al trattamento svolte per conto di un titolare del trattamento, contenente:

  1. il nome e i dati di contatto del responsabile o dei responsabili del trattamento, di ogni titolare del trattamento per conto del quale agisce il responsabile del trattamento, del rappresentante del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento e, ove applicabile, del responsabile della protezione dei dati;
  2. le categorie dei trattamenti effettuati per conto di ogni titolare del trattamento;
  3. ove applicabile, i trasferimenti di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale, compresa l’identificazione del paese terzo o dell’organizzazione internazionale e, per i trasferimenti di cui al secondo comma dell’articolo 49, la documentazione delle garanzie adeguate;
  4. ove possibile, una descrizione generale delle misure di sicurezza tecniche e organizzative di cui all’articolo 32 Regolamento.

Entrambi i registri devono essere tenuti in forma scritta, anche in formato elettronico, e devono essere esibiti su richiesta al Garante.

Il Garante, nelle sue recenti linee guida ha inoltre precisato che il registro dei trattamenti non costituisce un mero adempimento formale, ma “parte integrante di un sistema di corretta gestione dei dati personali. Per tale motivo, si invitano tutti i titolari di trattamento e i responsabili, a prescindere dalle dimensioni dell’organizzazione, a compiere i passi necessari per dotarsi di tale registro e, in ogni caso, a compiere un’accurata ricognizione dei trattamenti svolti e delle rispettive caratteristiche – ove già non condotta”.

Le misure di sicurezza

Il D.Lgs. 196/2003 prevedeva “misure minime” e “misure idonee” al fine di garantire la sicurezza dei dati personali.

Il nuovo Regolamento privacy abbandona questa previsione, soprattutto in considerazione della circostanza che la rapida evoluzione delle tecnologie non consente di individuare preventivamente le misure necessarie per garantire la protezione dei dati.

Ecco il motivo per il quale, in ossequio al più generale principio di responsabilizzazione, non sono state previste misure minime di sicurezza, preferendo invece attribuire ai titolari e ai responsabili del trattamento l’onere di individuare le misure di sicurezza più idonee.

L’articolo 32, pertanto, propone un semplice elenco di misure di sicurezza adottabili, lasciando tuttavia spazio anche a soluzioni alternative più adeguate in considerazione del rischio nel trattamento dei dati.

Tra gli esempi proposti di “misure tecniche e organizzative adeguate” assume particolare rilevanza la c.d. “pseudonimizzazione”, ovvero il “trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile”.

Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso:

Il nuovo regolamento europeo sulla privacy