15 Ottobre 2018

Le modifiche introdotte alla disciplina dell’impresa sociale

di Luca Caramaschi
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Con il D.Lgs. 95/2018 (pubblicato nella G.U. n. 185 del 10.8.2018) viene revisionata la disciplina in materia di impresa sociale contenuta nel D.Lgs. 112/2017, nel rispetto di quanto previsto dalla L. 106/2016.

Gli interventi principali operati dal correttivo possono essere così riassunti:

  • viene disposto lo slittamento al prossimo 20 gennaio 2019 del termine previsto dall’articolo 17, comma 3, D.Lgs. 112/2017 – in precedenza fissato al 20 luglio 2018 – concesso alle imprese sociali già costituite alla data del 20 luglio 2017 (data di entrata in vigore del Lgs. 112/2017) per adeguare lo statuto sociale alle nuove disposizioni;
  • viene introdotto un nuovo comma 2-bis all’articolo13 D.Lgs. 112/2017 al fine di prevedere che le prestazioni di attività di volontariato possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti;
  • viene modificato al quinto comma dell’articolo 2 D.Lgs. 112/2017 per cui i lavoratori “molto svantaggiati” non possono essere più considerati tali decorsi 24 mesi dalla data di assunzione;
  • viene introdotto un nuovo comma 2-bis all’articolo 3 D.Lgs. 112/2017 al fine di non considerare distribuzione anche indiretta di utili la ripartizione tra i soci di ristorni correlati ad attività di interesse generale svolte da imprese sociali costituite in forma di società cooperativa;
  • vengono rimodulate le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 18 D.Lgs. 112/2017 per gli investimenti eseguiti nel capitale delle imprese sociali.

Con riferimento al primo punto, quello relativo all’adeguamento degli statuti, possiamo evidenziare una giustificabile restrizione introdotta dal legislatore rispetto alla versione originaria del decreto (analoga previsione è contenuta anche nel correttivo al D.Lgs. 117/2017 riguardante il codice del terzo settore) laddove riconosceva senza alcun limite la possibilità di adottare per le modifiche statutarie le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria.  Il correttivo, infatti, opportunamente interviene per consentire l’utilizzo dell’assemblea in forma ordinaria solo in due casi:

  • per adeguare lo statuto a disposizioni inderogabili;
  • per introdurre clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni, derogabili mediante specifica clausola statutaria.

Sì è quindi voluto tutelare la base associativa al fine di evitare che con pochi voti un ristretto numero di soci potesse, con l’occasione dell’adeguamento dello statuto alle previsioni del D.Lgs. 112/2017, approfittarne per limitare la democraticità all’interno dell’ente.

Al di fuori delle due situazioni sopra evidenziate, quindi, la modifica dello statuto dovrà necessariamente passare dai quorum e dalle maggioranze prevista per l’assemblea riunita in sede straordinaria.

Se con la previsione evidenziata nel secondo punto si sono voluti evitare comportamenti illegali o elusivi della legislazione del lavoro, con riferimento alla novità indicata nel terzo punto si è voluto fissare un limite temporale alla qualifica di lavoratore “molto svantaggiato”, condizione che in determinate proporzioni rispetto al totale dei lavoratori ed unitamente ai lavoratori “svantaggiati” permette di qualificare l’attività come di interesse generale a prescindere dal suo oggetto (e quindi anche non rientrante nella elencazione tassativa prevista dalla norma).

Al superamento di detto periodo infatti il lavoratore molto svantaggiato diventa un normale lavoratore assunto, che pertanto non rileva più ai fini della verifica prevista dall’articolo 2, commi 4 e 5, D.Lgs. 112/2017 (per la definizione di “lavoratore svantaggiato” e di “lavoratore molto svantaggiato” si segnala che il recente Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 17.10.2017 ha sostituito, abrogandolo, il precedente D.M. n. 153 del 02.07.2013.

Di particolare rilevanza appaiono, infine, le modifiche elencate ai punti 4 e 5 e che riguardano, da un lato, le specifiche fattispecie che integrano il divieto di indiretta distribuzione degli utili e, dall’altro, gli incentivi di carattere fiscale previsti per chi apporta capitale nell’impresa sociale.

Sul primo versante viene riconosciuta alle imprese sociali costituite in forma di società cooperativa la prerogativa appartenente a tale forma giuridica, per cui non viene considerata distribuzione anche indiretta di utili la ripartizione tra i soci dei cosiddetti “ristorni”, ovvero la redistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa/impresa sociale, calcolata in proporzione al valore degli scambi mutualistici che i soci hanno intrattenuto con la cooperativa nel corso dell’esercizio e sottoposta a limiti fissati dalla legge e dal mercato. Detti ristorni, secondo quanto previsto dall’articolo 12 D.P.R. 601/1973 si considerano deducibili dal reddito delle cooperative e loro consorzi.

Sul lato incentivi, invece, il decreto correttivo 95/2018 apporta all’articolo 18 D.Lgs. 112/2017 una vera e propria rivoluzione, riscrivendo in buona parte la disposizione normativa.

Per meglio comprendere la portata di tali modifiche poniamo quindi a confronto l’originaria versione dell’articolo 18 con quella novellata dal correttivo, relativamente ai commi contenenti le modifiche maggiormente significative.

Riassumendo, il decreto correttivo prevede quali novità:

  • la non concorrenza alla formazione del reddito:
    • delle somme destinate al versamento del contributo per l’attività ispettiva;
    • delle somme destinate a riserva per lo svolgimento di attività statutarie,

rendendo pertanto imponibile qualsiasi distribuzione di utili ai soci anche sotto forma di aumento gratuito del capitale;

  • la possibilità di utilizzare le riserve a copertura delle eventuali perdite senza che ciò determini la decadenza dal regime fiscale che comporta l’esclusione delle somme destinate a riserve indivisibili dal reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi;
  • l’esclusione che le imposte dovute in conseguenza di variazioni fiscali possano costituire un elemento imponibile;
  • un più ampio termine quinquennale per mantenere l’investimento effettuato nel capitale dell’impresa sociale, termine la cui decorrenza viene “sganciata” dalla data di entrata in vigore del Lgs. 112/2017 per decorrere, invece, dalla data di acquisizione della qualifica di impresa sociale.

Con riferimento alle novità introdotte dal correttivo in tema di impresa sociale si segnala il recente documento emanato lo scorso 3 ottobre dalla Fondazione Nazionale Commercialisti con il quale viene affrontato, oltre ai temi già accennati, anche quello del regime delle verifiche di cui al nuovo dell’articolo 18, comma 8-bis, D.Lgs. 112/2017.

In particolare, analogamente a quanto previsto per gli altri ETS dall’articolo 94 D.Lgs. 117/2017, la disposizione aggiunta all’articolo 18 del decreto sull’impresa sociale prevede che, ai fini dell’applicazione del regime fiscale riservato alle imprese sociali, le amministrazioni vigilanti sugli enti che assumono detta qualifica trasmettano all’amministrazione finanziaria gli esiti del controllo di loro competenza, ai fini dell’eventuale assunzione dei conseguenti provvedimenti. Nel contempo, anche l’AF, cui è riservato un autonomo potere di controllo, deve trasmettere alle altre amministrazioni vigilanti ogni elemento utile ai fini della valutazione in merito all’eventuale perdita della qualifica di impresa sociale. Dal punto di vista delle sanzioni, infine, il successivo comma 8-ter del citato articolo 18 prevede che la violazione delle disposizioni recate da tale articolo comporta, oltre alla decadenza dei relativi regimi fiscali agevolati, anche l’eventuale sottoposizione dell’impresa sociale alla gestione commissariale prevista dall’articolo 2545-sexiesdecies cod. civ..

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