21 Ottobre 2019

Le fondazioni culturali e il terzo settore – I° parte

di Guido MartinelliMarco D’Isanto
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La scheda di FISCOPRATICO

Le Fondazioni che operano in campo culturale saranno chiamate, nei prossimi mesi, ad effettuare valutazioni complesse per inquadrare, alla luce della riforma del terzo settore, la loro collocazione nell’ambito di questo nuovo territorio giuridico.

Il primo aspetto che dovranno attentamente valutare è il possesso dei requisiti che il D.Lgs. 117/2017, noto come Codice del Terzo Settore (d’ora in poi “codice”), ha delineato per acquisire la qualifica di Ente del Terzo Settore.

Per le Fondazioni Culturali, che tradizionalmente sono partecipate o finanziate da enti pubblici, si tratta di esaminare la disposizione contenuta nel 2° comma dell’articolo 4 del codice che testualmente riporta: “Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, [……], nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile alla cui disciplina si provvede ai sensi dell’articolo 32, comma 4”.

Sul piano interpretativo si tratta di declinare i limiti entro i quali due istituti tipici del diritto societario, e cioè direzione/coordinamento e controllo, si applicano agli Enti del Terzo Settore.

Il codice civile non definisce cosa si intenda per attività di “direzione e coordinamento”, ma gli articoli 2497 sexies e 2497 septies cod.civ. stabiliscono che tale attività si presume esercitata, salvo prova contraria:

a) da società o enti tenuti al consolidamento dei loro bilanci,

b) da società o enti che le controllino ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ.,

c) da società o enti in forza di vincoli contrattuali o di clausole statutarie.

La nozione di “controllo”, contenuta nell’articolo 2359 cod. civ. stabilisce che si ritengono controllate:

  • le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  • le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  • le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

La delibera Anac del 20.11.2017 affronta il tema del controllo pubblico degli enti di diritto privato alla luce degli obblighi di trasparenza e prevenzione della corruzione definiti nel D.Lgs. 33/2013 e fornisce alcune interpretazioni anche alla luce dell’orientamento del Consiglio di Stato.

Il controllo pubblico per gli enti di diritto privato diverse dalle società si configura, ai fini degli obblighi di trasparenza, per quegli enti con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni.

È interessante, ai fini della nostra analisi, richiamare la risoluzione 136/E/2017 con la quale l’Agenzia delle Entrate ha fornito una spiegazione circa l’applicabilità dell’Art Bonus alle Fondazioni culturali. Tale agevolazione è sottoposta alla condizione che il soggetto destinatario delle erogazioni sia qualificato come luogo della cultura di appartenenza pubblica. Acquisito il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali l’Agenzia ritiene che il requisito di appartenenza pubblica sia soddisfatto “nella circostanza che l’istituto sia costituito per iniziativa di soggetti pubblici e mantenga una maggioranza pubblica dei soci e partecipanti; sia finanziato esclusivamente con risorse pubbliche; gestisca un patrimonio culturale di appartenenza pubblica, conferito in uso al soggetto medesimo; sia sottoposto, nello svolgimento delle proprie attività, ad alcune regole proprie della pubblica amministrazione, quali gli obblighi di trasparenza o il rispetto della normativa in materia di appalti pubblici; sia sottoposto al controllo analogo di una pubblica amministrazione.”

In presenza di una o più caratteristiche, si ritiene che istituti della cultura aventi personalità giuridica di diritto privato, ad esempio perché costituiti in forma di fondazione, abbiano in realtà natura sostanzialmente pubblicistica e possono perciò ricevere erogazioni liberali, per il sostegno delle loro attività, che beneficiano del credito di imposta (ferma restando la condizione dell’appartenenza pubblica delle collezioni).

Lo stesso Mibact recentemente è intervenuto sul tema con la circolare 14510 del 23.07.2019, dedicata alle Istituzioni culturali destinatarie di contributi ai sensi della L. 534/1996 e che risultano essere finanziate strutturalmente dallo Stato, escludendo implicitamente il finanziamento esclusivo o prevalente come causa ostativa per l’ingresso nel terzo Settore degli Istituti di Cultura costituiti sotto forma di Associazioni o Fondazioni.

Siamo dunque di fronte ad una pluralità di posizioni nelle quali tendenzialmente è possibile rintracciare una possibile interpretazione: rispettando lo spirito delle disposizioni codicistiche la nozione di controllo si esplica in una attività che, di fatto, delinea una influenza dominante sull’ente privato. In questo caso non sarebbe sufficiente la semplice partecipazione di enti pubblici o la prevalenza del finanziamento pubblico, ma tale influenza dominante dovrebbe essere desunta da vincoli più stringenti.

In questo caso, per alcune Fondazioni di partecipazione la cui presenza pubblica è mitigata dalla presenza di soggetti privati e che traggono le loro risorse non esclusivamente da fonti pubbliche si aprirebbero le porte del Terzo Settore.

Dall’altra parte è interessante, ai fini della nostra analisi, sottolineare come l’Anac ritiene che l’attività di rilievo pubblicistico svolta mediante una attività di produzione di beni e servizi a favore della pubblica amministrazione da parte di associazioni, fondazioni ed altri enti di diritto privato, seppur non partecipate da pubbliche amministrazioni, renda questi soggetti sottoposti alla normativa sulla trasparenza pubblica.

La disciplina delle associazioni secondo il codice del terzo settore