27 Marzo 2015

L’applicazione del metodo forfettario nella voluntary disclosure

di Nicola Fasano
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Come noto, al fine di agevolare la determinazione dei redditi finanziari esteri e delle relative imposte dovute nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, è stato previsto (art. 5-quinquies, co. 8, D.L. 167/1990) uno specifico meccanismo semplificato di determinazione forfetaria dei soli rendimenti delle attività finanziarie detenute all’estero e non indicate in RW.

L’applicazione del regime forfetario in luogo del regime ordinario di determinazione dei rendimenti deve essere specificatamente richiesta dal contribuente, barrando l’apposita casella presente sul frontespizio del modello di istanza.

L’opzione, come chiarito dalla C.M. n. 10/E/2015, è vincolante per tutti i periodi d’imposta oggetto di collaborazione volontaria internazionale e può essere esercitata solo nei casi in cui la media delle consistenze delle attività finanziarie risultanti al termine di ciascun periodo d’imposta oggetto della collaborazione volontaria non ecceda il valore di 2 milioni di euro.

Ai fini della determinazione della consistenza delle attività finanziarie al termine di ciascun periodo d’imposta si dovrà tener conto, per ciascuna attività, delle regole di valorizzazione ai fini della compilazione del quadro RW applicabili nello specifico anno di detenzione.

Sulle attività cedute in corso d’anno, peraltro, la circolare evidenzia che, per l’individuazione del momento temporale rilevante, la norma fa espresso riferimento alle attività detenute al termine di ciascun periodo d’imposta. Rileva, pertanto, esclusivamente il valore delle attività detenute alla data del 31 dicembre di ciascun anno, non avendo alcun rilievo il possesso cessato in corso d’anno anche con riferimento al periodo d’imposta 2013, allorché gli obblighi di monitoraggio sono stati estesi anche alle attività detenute in corso d’anno. Questo vorrà dire che, in diversi casi, il valore esposto in RW di Unico 2014 dovrà essere “riqualificato” ai fini dell’applicazione del metodo forfettario: si pensi, ad esempio, al valore dei conti correnti per cui in RW è stata inserita, come da istruzioni, la giacenza media annua, mentre ai fini del forfettario rileva il saldo al 31.12.2013.

Per calcolare la media aritmetica, si tiene conto dei soli periodi d’imposta e delle sole attività finanziarie per i quali il contribuente ha commesso violazioni relative alla compilazione del modulo RW. La suddetta media, quindi, dovrà essere calcolata ponendo:

  • al numeratore la sommatoria delle consistenze rilevate al termine di ciascun periodo di imposta oggetto di collaborazione volontaria in cui sussistono attività finanziarie illecitamente detenute all’estero e
  • al denominatore il numero di tali periodi d’imposta.

In pratica, se il contribuente aveva alcune attività indicate in RW e ne ha omesse altre per cui intende aderire alla voluntary, il valore medio sarà calcolato solo su queste ultime. Si deve fare riferimento, in ogni caso, alle attività non dichiarate in RW, a prescindere dal fatto che abbiano o meno prodotto reddito tassabile in Italia (si pensi per es. alla polizza assicurativa non indicata in RW che non abbia prodotto alcun reddito nei vari periodi di imposta o al conto corrente infruttifero).  Ai fini del calcolo della soglia dei due milioni, inoltre, non rilevano gli investimenti patrimoniali.

La C.M. n. 10/E/2015, inoltre, ha chiarito che nella rilevazione delle consistenze delle attività non si tiene conto della presunzione legale di ripartizione della disponibilità fra più cointestatari delle stesse, prevista, ai soli fini della collaborazione volontaria, dal comma 9 dell’articolo 5-quinquies del D.L. 167/1990.

Il regime forfetario opzionale prevede che i rendimenti siano quantificati applicando la percentuale del 5% al valore della consistenza del totale delle attività finanziarie, rilevato alla fine di ciascun anno. Su tale rendimento, inoltre, si applica l’aliquota fissa di tassazione del 27%.

Va evidenziato, tuttavia, come nella gran parte dei casi il calcolo analitico, seppur più lungo e complesso, è molto più favorevole di quello forfettario visto che con l’analitico:

  • si conteggiano i reali rendimenti, ben al di sotto, solitamente, del 5% annuo,
  • possono essere compensate, ricorrendone i presupposti, le frequenti minusvalenze realizzate soprattutto negli anni dal 2008 in poi,
  • il 27% è, fra le imposte sostitutive, l’aliquota massima applicabile, posto che taluni redditi fino al 2011 erano tassati anche con aliquota del 12,5% e dal 2012 l’aliquota “unica” è stata fissata al 20% (anche se, d’altro canto, va tenuto conto che ci sono anche rendite finanziarie che vanno a tassazione ordinaria come per esempio i proventi di fondi comuni di investimento non armonizzati).

Da ultimo va osservato che la circolare precisa che, solo in via del tutto eccezionale, l’amministrazione finanziaria potrà applicare la tassazione (più conveniente rispetto a quella forfettaria) sulla base della presunzione di redditività prevista dall’art. 6, D.L. n. 167/1990: dovrebbe trattarsi, presumibilmente, dei casi in cui sia impossibile risalire al valore di carico delle attività finanziarie (per esempio in caso di patrimoni formatisi in periodi molto risalenti).