9 Dicembre 2019

L’Agenzia fornisce ulteriori chiarimenti sul regime degli impatriati

di Davide Albonico
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La scheda di FISCOPRATICO

Attraverso tre specifiche risposte del 25 novembre 2019, n. 492495497, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti sul regime speciale dei lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 D.Lgs. 147/2015.

Tale norma ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati” che prevede, in buona sostanza, una detassazione per i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 2 Tuir.

L’agevolazione spetta a partire dall’anno in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale e per i quattro anni successivi.

La disposizione è stata oggetto di numerose modifiche normative, compiute nel corso degli anni, l’ultima delle quali, ad opera dell’articolo 5 D.L. 34/2019, trova applicazione a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore dello stesso, ovvero a partire dal periodo d’imposta 2020.

Nella risposta all’interpello n. 492 l’Agenzia chiarisce che, nel caso di specie, pur coincidendo l’inizio del nuovo rapporto contrattuale in Italia con la scadenza naturale del distacco all’estero, il rientro dell’istante in Italia con la qualifica di quadro, dopo essere stato distaccato all’estero per 24 mesi, non si pone in continuità con la precedente posizione lavorativa di impiegato.

Il caso riguarda un cittadino italiano, laureato in ingegneria, assunto da una società italiana con qualifica di impiegato, e successivamente distaccato in Francia presso un’altra società del gruppo per un periodo di ventiquattro mesi.

L’Agenzia, richiamando due precedenti documenti di prassi ricorda come:

  • i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del beneficio in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia (circolare 17/E/2017);
  • vi possono essere casi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco, ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa, ad esempio, nella ipotesi in cui:
  • il contratto di distacco sia più volte prorogato e la sua durata nel tempo determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
  • il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia (il dipendente, al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero).

Inoltre, viene ribadito come:

  • per i trasferimenti della residenza fiscale in Italia nel periodo d’imposta 2019 (per un periodo non superiore ai 183 giorni), occorre far riferimento alla formulazione ante D.L. 34/2019 che, si ricorda, ha aumentato la detassazione dal 50 al 70% dei redditi di lavoro dipendente o autonomo prodotti in Italia (articolo 5 comma 2, D.L. 34/2019);
  • essendo un’agevolazione temporanea, ne consegue che la sua applicazione deve essere uniforme per l’intero arco temporale dei cinque anni previsti dalla normativa.

Pertanto, qualora un soggetto sia rientrato fiscalmente in Italia nel 2019, al sussistere delle altre condizioni, potrà usufruire di una detassazione pari al 50% del reddito prodotto per l’anno 2019 e per i successivi quattro, a nulla rilevando che la modifica apportata dal D.L. 34/2019 abbia innalzato tale percentuale.

Con le risposte n. 495 e 497 invece, l’Amministrazione finanziaria conferma che il regime fiscale degli impatriati può essere fruito anche dai soggetti che non risultano iscritti all’Aire (o che vi risultano iscritti per un periodo inferiore a quello richiesto dalla legge), qualora abbiano la possibilità di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Per quanto concerne l’individuazione della residenza fiscale fuori dal territorio dello Stato, il richiamato articolo 5 D.L. 34/2019 difatti prevede che: “I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a)”.

A parere dell’Agenzia la ratio di tale norma è volta a valorizzare la possibilità di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, ritenendo così che la stessa possa trovare applicazione non solo per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020, ma anche per i contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il periodo di imposta 2019.

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